Orticaria e infiammazione da cibo: misurare il BAFF per guarire

10 Ottobre 2016
Orticaria e infiammazione da cibo: misurare il BAFF per guarire

Fino a pochi anni fa l’orticaria e i suoi sintomi, caratterizzati da prurito, irritazione, e arrossamenti della pelle, con la formazione di chiazze di diverso tipo, era spesso considerata un mistero.

Oggi, per orticaria e forme orticarioidi, si è finalmente capito che l’alimentazione e l’infiammazione causata dagli alimenti sono una spiegazione importante che entra di diritto tra le possibili cause di qualsiasi forma di reazione cutanea con queste caratteristiche.

Nella nostra pratica clinica affrontiamo da anni questa condizione clinica attraverso un protocollo terapeutico che preveda anche lo studio dell’alimentazione e a conferma della correttezza di questo tipo di impostazione è stata pubblicata su Human Immunology una ricerca di immunologi israeliani che ha confermato l’importante ruolo del BAFF nelle orticarie croniche. I risultati dello studio hanno accertato che l’aumento di BAFF non è correlato né all’aumento eventuale di IgE né agli anticorpi antitiroide o alla presenza di eventuali anticorpi antinucleo.

Il BAFF (che ricordiamo essere una delle citochine che si innalzano nel caso di infiammazione dovuta al cibo) è invece fortemente correlato alla gravità della forma di orticaria, rappresentando quindi una delle chiavi di lettura dei molti casi che non vengono compresi a livello clinico (Kessel A et al, Hum Immunol. 2012 Jun;73(6):620-2. doi: 10.1016/j.humimm.2012.03.016. Epub 2012 Apr 12).

Questa ricerca ripropone la considerazione che l’orticaria sia una condizione in cui si affianchino componenti allergiche (come finora considerato) e componenti autoimmuni, come la presenza di BAFF lascia intendere.  

La crescita di BAFF determina la proliferazione e l'espansione delle cellule B e l'aumento della produzione di anticorpi.

L’orticaria rappresenta una delle più classiche manifestazioni allergiche e infiammatorie dell’intero organismo e si manifesta con vari tipi di macchie sulla pelle, che possono essere rosse o rosate, leggermente rilevate con al centro una depressione bianca, oppure ponfi come punture di zanzara o piccoli puntini rossi rilevati come quelli provocati dal contatto con l’ortica. Spesso le chiazze sono confluenti e arrivano a coprire gran parte della superficie corporea. È praticamente sempre presente prurito oppure bruciore.

Uno dei problemi più evidenti è che spesso, nonostante l’uso di antistaminici e cortisonici, i sintomi si ripresentano ugualmente, magari in forma meno intensa, e proseguono a manifestarsi per tempi anche molto lunghi. Non è infrequente visitare persone che soffrono di orticaria cronica ormai da anni. 

Mentre per un fenomeno occasionale è di solito abbastanza semplice capire le cause scatenanti, di fronte ad una forma cronica il percorso può essere più complesso. 

Ci sono certamente alcune aree che devono sempre essere indagate, perché spesso alla base della risposta reattiva dell’organismo:

  • La possibile presenza di parassiti intestinali.
  • L’uso di farmaci che iniziano, anche dopo anni di uso senza problemi, a dare reazioni.
  • Particolari infezioni croniche silenti (come ad esempio dei granulomi dentari).
  • La presenza di BAFF e di infiammazione da cibo con questo correlata, potenziali responsabili del fenomeno su solide motivazioni scientifiche.

Tra i fattori scatenanti acuti ci possono essere alcuni alimenti, alcuni farmaci come gli antinfiammatori o gli analgesici, alcuni batteri e virus (può bastare una forma influenzale), le punture d’insetto, il contatto con sostanze chimiche e anche agenti fisici quali il caldo, il freddo o la luce del sole, ma di fronte a episodi ricorrenti si deve cercare una causa più generale, come i risultati della ricerca israeliana invitano a fare.

È sempre importante considerare che come ogni forma allergica, anche l’orticaria è prima di tutto un segnale importante di squilibrio che l’organismo lancia verso l’esterno.

In molti casi, infatti, si può rintracciare alla base dello scoppio allergico, l’esistenza di un momento di forte cambiamento vitale, sia sul piano fisico che sul piano emotivo ed affettivo. Anche di questa possibile causa, come spiegato dalla Montalcini, è necessario tenere conto se si vuole risolvere una forma cronica di orticaria.

Un’altra condizione spesso presente quando si manifesta una forma di orticaria, è quella della vasculite allergica, che ha particolari quadri di manifestazione sulla pelle e per la quale è importante conoscere i livelli plasmatici del complemento.

Gli esami da eseguire si chiamano C3 e C4. Il complemento può essere raffigurato come un serbatoio di “benzina speciale” che si consuma ogni volta che nell’organismo il sistema immunitario si attiva con una reazione allergica non mediata dalle Immunoglobuline E.

Questa attivazione può essere del tutto asintomatica e passare inosservata a lungo senza manifestazioni allergiche evidenti, ma nel momento in cui compare il sintomo, significa che la capacità di adattamento è stata ormai superata e per la terapia si deve intervenire efficacemente.

I normali livelli di complemento, distinti nelle sue due componenti principali, corrispondono a:

  • C3 da 90 a 180 mg/dl.
  • C4 da 10 a 40 mg/dl.

L’indicazione o il sospetto di una vasculite allergica può venire anche solo per livelli bassi del complemento magari posizionati nella parte inferiore della scala di normalità (ad esempio valori di C3 di 96-100) e non necessariamente da valori sotto la norma. In questi casi la ricerca di una componente alimentare di squilibrio (e l’applicazione della dieta relativa) è spesso risolutiva.

La ricerca del livello di infiammazione e lo studio del Profilo Alimentare individuale (con test come Recaller o BioMarkers) consentono oggi di indagare a fondo la reattività individuale e di proporre una strada di guarigione in cui il paziente torni finalmente a sentirsi responsabile e parte attiva della propria salute.  

Va ricordato, che anche di fronte ad un netto miglioramento dei sintomi, come spesso si può vedere con questo tipo di approccio, la sospensione della terapia antistaminica classica deve essere effettuata sempre con molta cautela, per evitare effetti di rimbalzo (rebound), seguendo esattamente quanto indicato nell’articolo sullo svezzamento dagli antistaminici