Controllare le mutazioni del COVID-19. L’efficace risposta del Selenio

11 Gennaio 2021
Controllare le mutazioni del COVID-19. L'efficace risposta del Selenio

Arrivano notizie sempre più preoccupanti relative a varianti “inglesi” piuttosto che “sudafricane” o “lombarde” del SARS CoV-2 e, anche se il virus responsabile del COVID-19 è molto meno “mutevole” di quello influenzale, c’è la preoccupazione che le varianti che si generano (come la “Cluster 5” rintracciata nei visoni) possano essere più gravi delle precedenti e che la vaccinazione anti COVID introdotta da pochi giorni sia meno efficace nei confronti dei nuovi e futuri ceppi virali. 

In realtà la proteina spike contro cui tutte le case farmaceutiche stanno approntando i vaccini sembra decisamente stabile e i vaccini in fase di somministrazione o di preparazione dovrebbero mantenere la loro efficienza anche nei confronti di future varianti del virus iniziale.

Le mutazioni che stanno evidenziandosi ci portano però ad alcune riflessioni, che valgono per il COVID come valgono per la gran parte delle forme virali che circolano per il mondo. 

Ancora nel 2001 su Eurosalus ho pubblicato un articolo che faceva riferimento alla utilità del selenio e di alcune integrazioni minerali che erano in grado di impedire la mutazione dei virus e rallentare le epidemie influenzali (Beck MA et al, FASEB J. 2001 Jun;15(8):1481-3). Nel corso del tempo si è capito che il giusto livello di selenio era in grado di intervenire nel controllo non solo dei virus influenzali, ma anche sulla maggior parte delle infezioni virali.

Il fatto che un virus muti significa che potrebbe reinfettare una persona che ha invece già regolarmente prodotto i suoi anticorpi durante una precedente infezione. Un esempio aiuterà a capire. Immaginiamo che una persona abbia appena superato brillantemente una forma influenzale, ma che i suoi vicini di casa, abituati a nutrirsi solo di cibi raffinati, evitando accuratamente frutta e verdura e in una condizione di carenza nutritiva di selenio, abbiano incontrato lo stesso virus.

Una integrazione di Selenio può rallentare le mutazioni virali e contrastare l'espansione della epidemia di COVID.

Questo virus, trovandosi in un ospite carente di selenio, tenderà facilmente a mutare mettendosi in grado di reinfettare le persone che avevano già superato l’infezione, compreso il vicino di casa. Quindi, è bene stare attenti ai vicini di casa che si nutrono male, ma sul piano sociale diventa rilevante che in scuole e ospedali vengano forniti cibi adatti, che i livelli di selenio nei suoli siano valutati sul piano politico e che si supporti, come avviene in Svezia, una adeguata integrazione quando necessaria.  

Uscendo da questo esempio, è di estremo interesse l’articolo pubblicato nel 2011 dallo statunitense Michalann Harthill in cui l’autore descrive le caratteristiche geologiche dei suoli in relazione alle mutazioni virali che hanno condizionato l’origine delle ultime gravi epidemie. La figura 1 di questo articolo rappresenta ed evidenzia “in giallo” le aree con la maggior povertà di selenio nei suoli. Basta uno sguardo alla mappa per capire che i virus a RNA più letali, come HIV, Ebola, SARS e SARS CoV-2, e le forme di influenza peggiori (H3N2 e H5N1) siano nate da mutazioni originate proprio in aree in cui il selenio nei suoli è più scarso.

L’importanza clinica dei livelli di Selenio nell’organismo era stata confermata anche da ricerche sulla diffusione e sulla gravità dell’infezione da H1N1 nel 2013, perché adeguati livelli di selenio hanno consentito maggiori capacità di difesa e maggiore controllo della infezione.

Negli ultimi 20 anni la scienza ha fatto ulteriori progressi e una ricerca effettuata da infettivologi francesi e pubblicata su Nutrients nel settembre 2019 ha confermato che la presenza di livelli ottimali di selenio consente l’attività di particolari selenoproteine che controllano la diffusione di molti virus e ne riducono la infettività (Guillin OM et al Nutrients. 2019 Sep 4;11(9). pii: E2101. doi: 10.3390/nu11092101).

Integrazione minerale adeguata 

Un gruppo di ricerca guidato da Holger Steinbrenner ha pubblicato su Advances in Nutrition (Bethesda) nel 2015 una ricerca sul rapporto tra selenio e malattie, evidenziando che una integrazione adeguata di selenio (per raggiungere i livelli suggeriti di assunzione giornaliera che sono tra i 50 e i 60 mcg al giorno) nelle regioni europee, africane e asiatiche che sono a rischio di una pur modesta deficienza di selenio, potrebbe essere uno strumento di basso costo e di grande efficacia nel rallentare e controllare l’evoluzione dei virus, in modo particolare di quelli a RNA. 

Questo è il motivo per cui da anni, per la prevenzione delle infezioni virali, a fianco del Broccolo italico (Betamune), indichiamo l’uso di preparazioni come Oximix 1+ Immuno e Oximix Multi + Complete (in capsule) che contengono selenio in modo adeguato. Vanno assunti a giorni alterni tra loro (1 capsula), durante o dopo la prima colazione. Per i bambini piccoli si suggerisce l’uso della sola forma liquida di Oximix 1+, in modo da poterne miscelare i 5 ml della dose (2,5 ml per i bambini fino a 3 anni) direttamente in acqua o succo. 

Alimentazione corretta e controllo infiammatorio

Un’alimentazione varia e ricca di verdure consente di aumentare i livelli di minerali e di vitamine presenti nell’organismo. Anche l’uso della frutta, se non esistono problemi specifici legati agli zuccheri, si affianca all’uso delle verdure per migliorare lo stato nutrizionale di ogni persona. Il controllo personalizzato della infiammazione dovuta agli alimenti riduce lo stato infiammatorio dell’organismo e consente a quest’ultimo di reagire meglio a qualsiasi infezione virale. 

La relazione con il diabete e con gli eccessi personali di zuccheri è diventata sempre più evidente grazie alle ricerche degli ultimi mesi del 2020 e l’integrazione minerale affiancata al controllo personalizzato degli zuccheri alimentari (importanti per ridurre l’infiammazione da zuccheri e da alimenti dell’organismo) sono tra le armi che da sempre suggeriamo per supportare l’organismo nella prevenzione del COVID come per la prevenzione antinfluenzale. 

Da poco sappiamo che anche le malattie respiratorie sono correlate agli zuccheri e il loro controllo aiuta la difesa da questa evenienza. Misurare quanto gli zuccheri e gli alimenti possano interferire nel proprio organismo è oggi una possibilità effettiva. 

Oggi più che mai, quindi, nella prevenzione invernale si dovrà tenere conto anche dei livelli di infiammazione da alimenti e della infiammazione da zuccheri, due delle più importanti forme di infiammazione alimentare, che possono essere misurate efficacemente con il test PerMè, con il Glyco Test e con il Recaller 2.0 Test.

Disclaimer

Questo articolo è stato scritto il 10/01/2021 sulla base delle più recenti evidenze e sulla base dei dati fino a quel momento a disposizione. Alcune affermazioni in futuro potrebbero quindi risultare erronee o obsolete.