La dieta che funziona: è personalizzata e porta il tuo nome

24 Giugno 2019
La dieta che funziona: è personalizzata e porta il tuo nome

La medicina sta passando da un concetto di “dieta sana” valido per tutti ad una concezione che ricalca il concetto di medicina di precisione personalizzata. Quello che oggi avviene con i farmaci per le varie patologie (dosaggi e schemi di trattamento che dipendono dalle caratteristiche individuali e non più solo dalla malattia) sta avvenendo anche in ambito nutrizionale. 

Uno dei temi che da anni discutiamo su queste pagine riguarda specificamente la diversità di azione degli alimenti nelle diverse regioni del mondo. 

Se una stessa malattia (ad esempio la malattia di Crohn) in Europa può avere una relazione con particolari gruppi alimentari (come Frumento, Lieviti e Latte), in Cina può dipendere da Soia, Riso e Mais. La realtà aiuta a capire che il problema non dipende dal singolo cibo, ma dal modo ripetitivo in cui gli alimenti sono introdotti nell’organismo, e quindi, per capire ad esempio quale dieta suggerire ad un paziente con malattia di Crohn va tenuta in considerazione l’infiammazione provocata dal relativo eccesso di un alimento.

In un articolo del 2016, dal titolo “Una persona, una dieta“, segnalavamo un importante lavoro israeliano in cui la possibile valutazione della risposta metabolica e glicemica successiva al pranzo si presentava in modo del tutto diversificato se venivano contate solo le calorie, mentre lo studio dell’infiammazione personale, della dominanza dei batteri intestinali del singolo individuo e la composizione del piatto consentivano di prevedere la risposta metabolica al pasto. 

Chi se la sentirebbe di impostare un periodo di controllo alimentare usando cibi che facilitano il deposito di grasso anziché il suo consumo? Studiare il proprio profilo alimentare consente di fare la scelta giusta.

Eran Elinav, immunologo del Weizmann Institute dell’Università di Tel Aviv, tra gli autori di quel lavoro, intervistato da Medscape nel 2019, ha giustamente precisato che il concetto di nutrizione personalizzata non deve mai eliminare il buon senso, ma che deve integrarsi negli strumenti del medico e del personale sanitario come una delle opzioni basate sull’evidenza scientifica, per innalzare il livello di personalizzazione e di precisione di ogni prescrizione dietetica. 

Sull’importante British Medical Journal, nel 2018, un gruppo di ricercatori spagnoli, neozelandesi e britannici ha precisato in modo dettagliato l’importanza della personalizzazione dietetica già oggi, preconizzando il suo ulteriore sviluppo nei prossimi anni (Ordovas JM et al, BMJ. 2018 Jun 13;361:bmj.k2173. doi: 10.1136/bmj.k2173).

Si tratta di un approccio che usa informazioni sulle caratteristiche personali, quali età e sesso, fattori ambientali come attività fisica e qualità del sonno, affiancati ad elementi più tecnici quali predisposizioni genetiche specifiche, misurazioni di livelli infiammatori, profilazione alimentare e caratteristiche batteriche intestinali. 

Questo tipo di modalità decisionale porterà le diete “standard” a diventare obsolete e inutili nel volgere di 5-6 anni, ma già oggi si possono impostare specifiche diete personalizzate grazie all’aiuto di alcuni strumenti di valutazione di queste caratteristiche individuali. 

A quel punto la dieta non sarà mai più la “dieta del ricercatore Pinco” o “del ricercatore Pallino”. La dieta avrà il nome della persona che la sta seguendo e aumenterà di efficacia e di valore preventivo. 

L’infiammazione da alimenti, ad esempio, è una delle caratteristiche più facilmente individuabili attraverso i test GEK Lab, che consentono già attualmente di personalizzare in modo preciso qualsiasi dieta sia da impostare. Nel centro SMA di Milano, attraverso specifici percorsi terapeutici, viene impostata una nutrizione personalizzata per qualsiasi tipo di patologia si debba affrontare. 

Per tornare all’esempio fatto all’inizio dell’articolo sulla malattia di Crohn, se a un europeo affetto da questo disturbo venisse indicata una dieta a base di glutine, latte e lieviti, nonostante la qualità alimentare elevata, gli effetti potrebbero essere devastanti. E all’inverso, un cinese trattato con una dieta a base di riso, soia e mais potrebbe riceverne un danno anziché un beneficio. Lo studio individuale dei possibili alimenti già mangiati in modo eccessivo o ripetitivo consente invece di formulare una dieta personalizzata favorendo la scelta di alimenti più corretta e la riduzione dell’infiammazione che causa la malattia. 

Lo stesso potrebbe avvenire nella scelta di una dieta di riequilibrio del peso. Sappiamo oggi che la produzione di BAFF determina un peggioramento della utilizzazione degli zuccheri, che vengono indirizzati, in presenza di infiammazione, a costituire nuovo grasso anziché a consumarsi in energia. Chi se la sentirebbe di impostare un faticoso periodo di controllo alimentare, magari di tipo ipocalorico, usando cibi che facilitano il deposito di grasso anziché il suo consumo? Lo studio del profilo alimentare personale consente di definire quali alimenti prediligere. 

E lo studio di alcune caratteristiche genetiche, come del rapporto con gli zuccheri o della dominanza batterica intestinale, sono tra gli aspetti che porteranno gradualmente ad una indicazione sempre più precisa sul tipo di alimento da utilizzare e sulle modalità con cui assumerli. Nel rispetto di ogni persona e basando le scelte su evidenza scientifica.