I geni non sono il tuo destino, ma conoscerli aiuta a costruirlo

27 Maggio 2019
I geni non sono il tuo destino, ma conoscerli aiuta a costruirlo

Le ricerche degli ultimi anni hanno consentito di capire più a fondo il ruolo e il valore dello studio genetico di ogni persona.

All’inizio del millennio si pensava che lo studio del DNA avrebbe portato alla comprensione di qualsiasi malattia o disturbo, ma così non è stato. Si è capito infatti che la predisposizione genetica si intreccia in modo potente con lo stile di vita e i comportamenti alimentari e si è potuto verificare che il fatto di mettere in atto dei cambiamenti “epigenetici” validi può contrastare efficacemente una particolare variante genica presente nei propri cromosomi.

Le varianti geniche, una volta conosciute e analizzate, possono essere di grande aiuto per comprendere come agire per prevenire lo sviluppo di una malattia o un disturbo particolare.

Per le malattie metaboliche come diabete, obesità, sovrappeso e steatosi epatica ad esempio (tutte malattie correlate con la gestione degli zuccheri) questo aspetto è ancora più rilevante perché la conoscenza della condizione genetica che può condizionare l’utilizzo corretto degli zuccheri consente di orientare meglio le strategie per il controllo di valori eventualmente alterati nel rapporto con questi ultimi.

Quando si analizza la predisposizione genetica per alcune condizioni come quelle segnalate, non si va certo a leggere un’evoluzione specifica verso la malattia, ma si è semplicemente aiutati a capire se esiste un aspetto strutturale, genetico o familiare, che faciliti la comparsa di un problema di salute quando non si prendano i dovuti provvedimenti.

Alcune particolari varianti geniche correlate anche alla gestione degli zuccheri non sono mai indicatori dello sviluppo di una malattia, ma segnalano, per alcuni soggetti, la necessità di una maggiore attenzione dietetica o nutrizionale perché caratterizzano una maggiore sensibilità personale per quel tipo di problema.

Chi avesse una maggiore predisposizione al diabete o all’obesità, per la presenza di una particolare variante genica, ha la possibilità di definire e mettere in atto stili di vita e di alimentazione più equilibrati, per controllare in anticipo i possibili danni che si possono manifestare.

Il quadro genetico che si analizza ha quindi il semplice valore di un “avviso di cautela”, che può essere gestito in modo adeguato, a volte anche solo con semplici modifiche di alcune abitudini alimentari individualmente scorrette.  

C’è anche un secondo aspetto della conoscenza del proprio quadro genetico, che per le malattie metaboliche assume una importanza strategica. 

Un lavoro pubblicato sul BMJ nel 2018 specifica che chi ha ad esempio una predisposizione genetica al diabete è anche tra le persone che più rapidamente ottengono vantaggi da una dieta corretta. La predisposizione genetica, quindi, può rappresentare sia un problema sia un vantaggio, in relazione a come si gestiscono le abitudini alimentari (Wang T et al, BMJ. 2018 Jan 10;360:j5644. doi: 10.1136/bmj.j5644).

Anche nello studio della infiammazione da cibo, per la quale si misurano i livelli di BAFF e di PAF insieme al profilo alimentare personale, la conoscenza della presenza o dell’assenza di una variante allelica del gene che codifica per il BAFF (B-cell Activating Factor) è effettivamente associata all’aumento della produzione di BAFF e a una maggiore produzione di Immunoglobuline, come è stato dimostrato da Steri nel 2017 sul New England Journal of Medicine (Steri et al, N. Engl. J. Med. 376, 1615-1626, 2017).

Per una persona con alti livelli di BAFF, sapere di avere la variante genica che favorisce la sua produzione comporterà la scelta di una migliore adesione ai principi dietetici indicati, e per una persona con bassi livelli di BAFF la valorizzazione degli aspetti virtuosi che già riescono a tenere basso il livello di questa citochina. La presenza della variante, per la popolazione italiana, risulta del 5,7%, per la popolazione spagnola è del 4,9%, mentre per la popolazione Nord europea (UK e Svezia) è dell’1,8%.

Dire che il 6% della popolazione deve l’aumento di BAFF alla genetica significa anche dire che il 94% delle persone con il BAFF alto deve questo innalzamento alle abitudini alimentari e agli stili di vita. Tutti aspetti che possono essere efficacemente controllati e modificati. La maggior parte delle volte con uno sforzo davvero modesto.