Metilgliossale, miele e danni da zucchero

16 Novembre 2022
Metilgliossale, miele e danni da zucchero

Si sente sempre più spesso parlare di Metilgliossale o MGO. Bisogna innanzitutto però distinguere la tipologia presente negli alimenti, ad esempio nel miele di Manuka, che quando viene assunto è poi correttamente inattivato dai processi digestivi, dal metigliosssale prodotto endogenamente, ovvero all’interno dell’organismo.

Quest’ultima sostanza, ormai facilmente misurabile tramite test specifici (es. test PerMè o Glyco Test), è una molecola altamente ossidativa infiammatoria (AGE, Advanced Glycation End-product) e prodotta dall’organismo in correlazione alle oscillazioni e ai picchi glicemici a cui va incontro l’organismo in seguito a un’assunzione individualmente eccessiva o sbilanciata di carboidrati, zuccheri semplici (fruttosio compreso) e sostanze che si comportano in modo affine.

Il metilgliossale esogeno è sicuramente degradato con la digestione. Purtroppo però il miele, ricco di fruttosio, anche se cibo sano, se assunto in quantità eccessiva o troppo frequente, può portare a fenomeni di glicazione elevati, che di conseguenza fanno aumentare il metilgliossale endogeno.

L’accumulo di questo radicale libero è strettamente correlato a diverse patologie infiammatorie e dismetabolismi: causa insulino-resistenza (tra le diverse pubblicazioni, nel 2020 il gruppo GEK con il suo lavoro di ricerca in collaborazione con l’Università di Milano, mostra chiaramente come il metilgliossale, insieme all’albumina glicata, altro marcatore infiammatorio di danni da zuccheri, sia correlato al diabete gestazionale e ne consente una diagnosi precoce), peggiora quadri di dislipidemie (è stato visto infatti che è in grado di modificare il colesterolo HDL, buono, in colesterolo “cattivo” LDL, peggiorando quindi il rapporto tra colesterolo totale e HDL, causa neurodegenerazione e, come mostrato chiaramente nell’ultima pubblicazione scientifica del nostro gruppo di ricerca, è correlato a un peggioramento della sintomatologia da Covid-19, motivo per cui una sua misurazione e una successiva modulazione è sicuramente consigliata al fine di migliorare o prevenire disturbi e molte patologie.

Per prevenire la formazione di picchi zuccherini è certamente utile evitare l’assunzione di soli carboidrati singolarmente. La merenda con la sola frutta, ad esempio, è stata per anni considerata una merenda estremamente sana. La frutta è un alimento positivo, ricco in vitamine, acqua fibre e sali minerali tuttavia un suo consumo eccessivo o una sua assunzione sbilanciata (mela a metà mattina o metà pomeriggio o estratti con 2-3 frutti per porzione, ad esempio) sono le classiche situazioni che portano ad un picco infiammatorio da zuccheri seguito poi da una condizione di crollo zuccherino che causa stanchezza, nervosismo, confusione mentale e un’ulteriore ricerca di alimenti ricchi di carboidrati.

Ulteriori esempi di pasti sbilanciati in questo senso sono le colazioni a base di tè verde, pane (anche se integrale) e marmellata oppure yogurt alla frutta (che in media contiene l’equivalente di 3 zollette di zucchero per vasetto) con muesli e caffè zuccherato oppure cappuccio e brioche. Stessa cosa vale per pranzi o cene con primi piatti come pasta al pomodoro, minestre o vellutate di legumi e/o patate, pasta con verdure miste e una spolverata insufficiente di parmigiano.

Per ridurre il picco zuccherino, negli esempi appena citati è importante inserire anche una quota proteica e grassi buoni, così come segue:

  • Tè verde, pane integrale, ABBONDANTE RICOTTA E NOCI e un velo di marmellata;
  • YOGURT GRECO BIANCO (e NON alla frutta), cereali ben fatti con frutta fresca e caffè amaro;
  • Cappuccio e brioche, occasionalmente, sgranocchiando prima una BUONA MANCIATA DI FRUTTA SECCA (almeno 30-40 g);
  • Pasta integrale al pomodoro fresco, TONNO/SALMONE in buona quantità e verdure;
  • Minestre o vellutate di patate/legumi con un TOCCO GRANDE DI PARMIGIANO;
  • Pasta con verdure e DADINI DI SPECK, FRUTTA SECCA E GRANA o con SALSICCIA/RAGÚ abbondante e insalata di contorno.

Bilanciare è necessario ma tuttavia non sufficiente: ognuno di noi, infatti, ha una diversa affinità per lo zucchero e le sostanze analoghe, motivo per cui, come spesso affermiamo, misurare è meglio che supporre.

Lavorare su dati metabolici precisi consente infatti di inserire miele, marmellate, soft drink, dolcezze e alcolici nella propria alimentazione settimanale in modo personalizzato e senza andare incontro a inutili diete di restrizione che portano ad “odiare” il nutrizionista e la dieta stessa, che, nell’80% dei casi, viene abbandonata dopo 4-8 settimane (se si è fortunati… spesso anche prima).