Misurare la glicemia a digiuno è ancora all’avanguardia?

25 Settembre 2022
Misurare la glicemia a digiuno è ancora all'avanguardia?

Fin dal 2018 tre delle più importanti riviste internazionali di diabetologia, Lancet, Cochrane ReviewActa Diabetologica, hanno segnalato che glicemia a digiuno ed emoglobina glicata non sono effettivamente sufficienti a identificare l’evoluzione verso il diabete di tipo 2.

Non identificano cioè il prediabete, condizione che renderebbe possibile una intensa azione preventiva sulla salute della popolazione generale.

I valori di emoglobina glicata, utili per seguire una forma di diabete già comparsa, non sono quindi in grado di indicare se una persona sta evolvendo verso il diabete o meno.

Questo perché l’emoglobina glicata, bene annidata nei globuli rossi e quindi protetta da una membrana cellulare, non legge i valori di fruttosio, gli effetti dell’alcol e i picchi di glicemia, limitandosi solo alla lettura dei valori medi della glicemia degli ultimi tre mesi.

Per comprendere quanto sia vasto il mondo degli “zuccheri”, cioè delle sostanze che possono determinare i pericolosi picchi di glicazione che effettivamente l’emoglobina glicata non rileva, basta leggere questo articolo sugli zuccheri nascosti, già pubblicato da tempo su Eurosalus. 

L’albumina invece è fuori dal globulo rosso e può rilevare, attraverso la glicazione, tutte le variazioni del livello dei diversi zuccheri presenti nel sangue. I suoi valori sono quindi decisamente più interessanti perché segnalano anche gli squilibri nutrizionali che si sono verificati occasionalmente e indicano con chiarezza se la persona ha avuto dei carichi improvvisi.

La glicemia a digiuno è un indicatore che sta perdendo di significato. Per intercettare il prediabete serve valutare i danni da zucchero già esistenti e misurare biomarcatori come il Metilgliossale.

Nell’agosto 2022 un gruppo di ricercatori neozelandesi ha pubblicato sul New England Journal of Medicine un interessantissimo lavoro che in modo indiretto ma esplicito conferma queste considerazioni. 

Per identificare il diabete gestazionale infatti, i ricercatori hanno provato a utilizzare criteri di valutazione della glicemia e dell’emoglobina glicata più restrittivi di quelli classici e la sorpresa è stata che i risultati di questa diagnosi più “stretta” hanno portato a effetti sulla gravidanza e sullo sviluppo fetale meno vantaggiosi di quelli identificati da valori più “larghi”.

È bene ricordare che il diabete gestazionale assomiglia in tutto e per tutto alla condizione prediabetica dell’adulto non “in gravidanza”.

Come abbiamo spiegato in questo articolo del 2020, la donna con diabete gestazionale, come il prediabetico “normale”, hanno valori di glicemia a digiuno del tutto normali e valori di emoglobina glicata perfettamente entro ai limiti della norma. 

Poi, dopo un carico di glucosio, evidenziano invece un comportamento da diabetico e questa condizione deve essere trattata e controllata.

Il nostro gruppo di ricerca, insieme ad altre Università italiane, proprio nel 2020 ha pubblicato su Nutrients (rivista scientifica di nutrizione open-access online tra le più importanti al mondo) i risultati di un importante lavoro effettuato in collaborazione con Università di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda e Inflammation Society (UK), dal titolo Methylglyoxal, Glycated Albumin, PAF, and TNF-α: Possible Inflammatory and Metabolic Biomarkers for Management of Gestational Diabetes (Nutrients 2020, 12, 479; doi:10.3390/nu12020479).

Lo studio ha dato ulteriore valore all’ipotesi di impiegare i test su metilgliossale e albumina glicata per la diagnosi anticipata del diabete gestazionale, aprendo la possibilità, con lo stesso metodo, di diagnosticare in anticipo anche il prediabete dell’adulto, che presenta una condizione clinica del tutto simile a quella gravidica.

Il lavoro neozelandese pubblicato sul NEJM evidenzia una realtà oggettiva di notevole importanze. Significa che cercare di agire sulla glicemia a digiuno o sulla emoglobina glicata per evidenziare la sensibilità agli zuccheri non ha alcun effetto o se ne ha, ha effetti purtroppo negativi.

Questo perché a noi che nel nostro centro di Milano chiediamo ai nostri pazienti di misurare i valori di metigliossale e i valori di albumina glicata, a fianco dei classici indicatori di metabolismo come la glicemia post-prandiale, la curva glicemica e insulinica da carico, si rivelano realtà inaspettate e possibilità di prevenzione e di terapia innovative.

In particolare il metilgliossale agisce contemporaneamente da segnalatore della alterata sensibilità agli zuccheri e dall’altra da induttore dello sviluppo diabetico ed è un biomarcatore preciso di variabilità glicemica.

L’infiammazione da alimenti e da zuccheri può oggi essere misurata per arrivare ad una impostazione terapeutica personalizzata. Test PerMè (che studia insieme l’infiammazione da alimenti e da zuccheri), Recaller 2.0 (BAFF, PAF e Profilo alimentare personale) e GlycoTest (Metilgliossale, Albumina glicata e predisposizione genetica a obesità e diabete) fanno ormai parte di una possibilità diagnostica utilizzabile da chiunque abbia cura della propria salute e voglia identificare i danni da zuccheri pre-esistenti anche quando glicemia a digiuno e emoglobina glicata sono perfette.

Misurare la glicemia a digiuno, che a volte può essere elevata per condizioni indipendenti dalle alterazioni del metabolismo ed essere a 130-140 senza che sia modificata la glicazione dell’organismo, non è più all’avanguardia. Certo, 140 di glicemia mattutina obbligano a capire se farmaci, condizioni ormonali, attivazione catecolaminica o il digiuno prolungato stiano agendo in questa direzione, ma il confronto con i veri danni da glicazione, quelli indicati da MGO e Albumina glicata, aiutano a capire se c’è da trattare una malattia o semplicemente da “seguire” un comportamento para-fisiologico. 

PerMè e Glyco test sono costituiti da diversi tipi di esame che in diversi laboratori e università del mondo sono stati usati a scopo di ricerca e validati sul piano scientifico e che il nostro gruppo di lavoro è riuscito a integrare, per una valutazione anche sul sano, e rendere fruibili in modo più semplice e che consentono, soprattutto, di personalizzare le esigenze nutrizionali di ogni individuo nel rispetto delle sue caratteristiche genetiche e comportamentali.

Informazioni più approfondite su questi test si possono trovare sul sito GEK Lab che segnala in modo aggiornato le farmacie italiane e i centri che li effettuano.