Colesterolo HDL (quello buono): fino a che valore continua a fare bene?

19 Gennaio 2025
Colesterolo HDL (quello buono): fino a che valore continua a fare bene?

Mantenere un buon valore di “colesterolo buono” aiuta a prevenire numerose malattie. Non casualmente, per aumentare i valori di HDL è necessario aumentare la attività fisica aerobica che contribuisce a cambiare gli equilibri metabolici dell’organismo.

Quando in studio vediamo valori di 25 mg/dL la domanda è: “perché non fa attività fisica?” E la risposta meravigliata è: “come fa a saperlo?”. Proprio perché il colesterolo HDL aumenta con una alimentazione corretta, facendo attività fisica e facendo una prima colazione, ma senza attività fisica resta proprio basso.

In genere un ottimo valore di colesterolo HDL compensa anche dei valori di colesterolo totale elevati, come spiegato nell’articolo “Colesterolo HDL e LDL: i valori giusti per la prevenzione”.

Negli ultimi anni si sta valutando però che l’eccesso di colesterolo HDL non porta a specifici vantaggi rispetto ad un buon valore medio che si aggira intorno ai 60/65 mg/dL…

Un buon livello di colesterolo HDL contrasta la progressione diabetica in chi abbia già alterazioni glicemiche. Esercizio fisico e dieta antinfiammatoria contribuiscono infatti ad alzarlo fino al giusto valore.

Sembra confermare questo dato una recente ricerca cinese pubblicata nel 2024 su Scientific Reports in cui si è visto che soggetti con prediabete (quindi con fluttuazioni della glicemia o con effetti negativi della glicazione) sono riusciti a riportare l’organismo ai livelli di normalità glicemica (cioè a guarire) in modo proporzionale al valore di colesterolo HDL.

La proporzionalità si ferma però intorno ai 65 mg/dL dopodiché anche aumentando il valore di HDL la capacità di controllare lo sviluppo diabetico si ferma al livello già raggiunto.

Come dire che il colesterolo HDL fa bene ma ad un certo punto ferma la sua azione benefica e quindi potrebbe essere utile valutare nell’insieme l’intero metabolismo lipidico. 

Affrontare il tema degli squilibri del colesterolo significa soprattutto occuparsi della propria alimentaziuone a 360 gradi e per questo, riprendo da un precedente articolo di Eurosalus anche alcuni spunti sul controllo del colesterolo cattivo (LDL) che ancora prima che di farmaci ha bisogno di scelte alimentari.

Una ricerca giapponese pubblicata nell’ottobre 2023 sul Journal of Atherosclerosis and Thrombosis ha misurato in modo molto preciso su quasi 30.000 persone i valori di colesterolo cattivo (LDL) in relazione al fatto di fare o saltare la prima colazione. 

Ebbene: i risultati hanno confermato che in entrambi i sessi e in modo indipendente dall’età, i “saltatori della colazione” avevano maggiori livelli di colesterolo cattivo in modo molto significativo, confermando così il lavoro internazionale (Spagna, Finlandia, Turchia, Canada) pubblicato nell’agosto 2023 sull’European Journal of Nutrition che ha portato ad evidenziaree in mood preciso che:

  • Quanto prima si mangia dopo il risveglio mattutino tanto più si controlla il colesterolo e si abbassa il rischio cardiometabolico
  • Allungare il tempo di digiuno durante il giorno protegge dal rischio cardiovascolare

Significa che bisogna fare la colazione il prima possibile (in genere entro un’ora dal risveglio a meno che non si faccia prima attività sportiva) e che fare il digiuno breve, basandosi sulla prima colazione e sul pranzo e saltando eventualmente la cena, mantiene tutte le sue valenze di salute. 

Significa che in accordo con le linee guida internazionali, gli eccessi di colesterolo vanno trattati, ma prima di ricorrere immediatamente alle statine, le scelte nutrizionali personalizzate, a partire dal fare la prima colazione o dal controllo dell’infiammazione rappresentano azioni attuabili da chiunque che consentono di risolvere il problema in modo non farmacologico o di dare una mano ai farmaci eventualmente utilizzati. 

È anche utile ricordare che l’innalzamento dei livelli di colesterolo nella maggior parte dei casi non dipende dalla assunzione di grassi o di cibi ricchi di colesterolo perché, a parte il caso della ipercolesterolemia familiare, l’innalzamento dei livelli è molto più correlato agli zuccheri o all’eccesso di carboidrati alimentari, come spiegato nell’articolo “Colesterolo, zuccheri e statine: riflessioni per l’uso”.

In particolare, già nel 2014 un lavoro sviluppato da ricercatori britannici (Università di Warwick) e svedesi (Università di Linköping), pubblicato su Nutrition & Diabetes, aveva evidenziato che la glicazione (fenomeno dovuto appunto a un eccesso individuale di glucosio, fruttosio o alcol) contribuisce a trasformare il colesterolo buono (HDL) in colesterolo cattivo (LDL) determinando cioè un aumento del rischio cardiovascolare.

Questo può spiegare perché l’aumento del Metilgliossale (che si misura con il Glyco Test o con il test PerMè) è indice di quella variabilità glicemica correlata con l’aumento di mortalità da tutte le cause, e quella cardiovascolare è sicuramente la più rappresentata. 

Quindi, anche l’eventuale uso del farmaco deve essere accompagnato dalla modifica personalizzata degli stili di vita e della alimentazione perché il risultato farmacologico sia reale e non venga disperso. 

Per questo, nel centro SMA in cui lavoro, quando affrontiamo il sovrappeso, la ipercolesterolemia, il prediabete e la sindrome metabolica attraverso specifici percorsi terapeutici, dedichiamo sempre una attenzione personalizzata al quadro infiammatorio dovuto agli alimenti e alla misura del BAFF, del Metilgliossale e della Albumina glicata (attraverso i test di GEK Lab) perché la risposta clinica sia anche quella della perdita di massa grassa inutile, se necessaria, ma soprattutto quello del controllo dell’infiammazione, della riattivazione del metabolismo e della riconquista del benessere personale.