Ipoglicemia reattiva: quali esami effettuare?

di Attilio Speciani - Allergologo e Immunologo Clinico
11 Giugno 2020
Ipoglicemia reattiva: quali esami effettuare?

DOMANDA

Vi scrivo per chiedere un aiuto. Sono un ragazza di 26 anni e ultimamente ho avuto degli episodi di glicemia bassa che mi causano giramenti di testa, senso di mancamento e purtroppo vedo dalla bilancia degli improvvisi aumenti e cali di peso (anche 3 kg a settimana) che non riesco a spiegarmi. Ogni 2-3 ore devo mangiare perché mi sento quasi svenire e questo problema mi causa non pochi disagi. Il mio dottore non sa che tipo di esami prescrivermi per evidenziare il problema. Potete darmi qualche consiglio in merito a quali esami farmi prescrivere? Ringrazio in anticipo e resto in attesa di un consiglio.

RISPOSTA

Gentilissima Lettrice,

la situazione che descrive esprime con tutta probabilità l’alterazione della regolazione della glicemia. Il fatto che sia oscillante, che vada a momenti e che non provochi un continuo aumento di peso (che farebbe pensare ad una alterazione tiroidea) o all’opposto un continuo calo di peso (che richiederebbe alcune indagini intestinali più approfondite), suggerisce una riflessione sulle cause di una resistenza insulinica che provoca fenomeni di iperglicemia transitoria seguiti da fasi di ipoglicemia definita “reattiva”. 

I primi cambiamenti da mettere in atto riguardano il modo in cui viene composto ogni singolo pasto. Nell’articolo “Nutrirsi bene” può trovare le indicazioni sulla composizione dei pasti, derivate dalla Harvard Medical School, che aiutano a controllare l’infiammazione e a migliorare la gestione degli zuccheri. 

Prima di pensare agli esami da fare è bene regolarizzare questo aspetto che spesso è sufficiente per riportare alla normalità la situazione.

Pensi che il fatto di mangiare al mattino del tè con fette biscottate e marmellata (solo carboidrati), o di mangiare a pranzo solo un piatto di pasta accompagnato da verdure (sempre solo carboidrati), anche se caloricamente corretto, può innescare un fenomeno di iperglicemia transitoria a cui farà seguito una ipoglicemia reattiva.

Intercettare le forme di ipoglicemia reattiva, consente di mettere in atto gli accorgimenti che eviteranno l'evoluzione verso una condizione diabetica.

Quindi è sempre importante bilanciare a tutti i pasti carboidrati e proteine a partire dalla prima colazione. Ogni pasto dovrà essere composto da un terzo di carboidrati, da un terzo di proteine e da un terzo di frutta e verdura. Il corretto bilanciamento di ogni pasto rallenta l’assorbimento degli zuccheri ed evita le ipoglicemie reattive.

Quando una persona fa un pasto di soli carboidrati la glicemia nel sangue aumenta molto rapidamente portando a una massiva liberazione di insulina, che è l’ormone preposto alla controllo della concentrazione di zuccheri nel sangue.

Il problema è che l’insulina funziona talmente bene che riduce i livelli della glicemia sotto la norma in una situazione di ipoglicemia reattiva (dovuta appunto alla “reazione” dell’insulina dopo un picco glicemico). In una situazione come questa mancano le energie e la voglia di fare, si ha meno concentrazione fino anche ai giramenti di testa di cui ci racconti.

Oltretutto quando si è in ipoglicemia reattiva l’organismo viene spinto a mangiare per aumentare nuovamente i livelli di zuccheri nel sangue e la maggior parte delle persone istintivamente torna a mangiare solo carboidrati, con un altro piccolo glicemico e un’altra ipoglicemia reattiva, in un circolo vizioso che porta a mangiare continuamente che deve essere ovviamente spezzato.

Dal 2009 a oggi, si è capito che l’infiammazione, derivata dallo stile alimentare, può provocare un peggioramento della gestione degli zuccheri (come spiegato nell’articolo “Le tre forme di infiammazione”) e dal 2017 si è potuta identificare la glicazione (dovuta ad un eccesso individuale di carboidrati, zuccheri, fruttosio o alcol) che pure provoca resistenza insulinica e facilita l’ipoglicemia reattiva.

Fortunatamente oggi abbiamo a disposizione test che ci aiutano a identificare questi temi (come il Test PerMè) consentendo di definire per ogni persona la eventuale maggiore sensibilità agli zuccheri e identificando il piano nutrizionale personalizzato più adatto ad ogni persona.

Un altro aspetto fondamentale da considerare per quando riguarda l’alimentazione in casi come il suo, è l’utilizzo esclusivo di cereali integrali evitando assolutamente i prodotti raffinati. Quindi vanno usati pane integrale, pasta integrale, riso integrale e biscotti integrali al posto dei corrispettivi prodotti raffinati. La presenza di fibre rallenta ulteriormente l’assorbimento degli zuccheri, distribuendolo in un arco di tempo maggiore ed evitando l’improvviso aumento della glicemia nel sangue che innescherebbe il meccanismo appena descritto.

In affiancamento alla dieta è possibile intervenire anche con integratori volti a migliorare la capacità dell’organismo di utilizzare gli zuccheri. Ad esempio un prodotto come Glucontrol Base o come Picocromo Super Concentrated possono essere utilizzati per cicli di circa un mese anche ripetibili 2-3 volte nel corso dell’anno. Minerali come il Cromo e il Magnesio sono importantissimi per il corretto metabolismo degli zuccheri.

Nel Centro SMA in cui lavoro, assieme al team medico e nutrizionale del Centro, da anni seguiamo pazienti con le sue problematiche attraverso un approccio integrato e personalizzato. L’efficacia dei trattamenti utilizzati è nettamente migliorata anche grazie alla recente disponibilità del test PerMè che consente di valutare sia gli effetti della glicazione sia quelli della infiammazione da alimenti. 

Gli esami comunque utili per un inquadramento completo sono glicemia, emoglobina glicata, fruttosamina e insulinemia per avere un’idea ben precisa del metabolismo degli zuccheri insieme alla concentrazione di colesterolo totale, colesterolo HDL e trigliceridi per verificare il metabolismo dei grassi.

Utile senza dubbio anche un esame completo delle urine per escludere la presenza di glicosuria e la valutazione del quadro epatico e renale per escludere altre possibili cause (ad esempio con AST, ALT, gammaGT, fosfatasi alcalina, creatinina e azotemia), senza dimenticare di verificare la funzione tiroidea con il TSH. Questi esami vanno poi interpretati da un medico che la possa seguire anche negli aspetti nutrizionali di cui ha necessità.

Come esame di secondo livello suggerisco eventualmente un approfondimento di altri ormoni coinvolti nella gestione zuccherina (ACTH, Cortisolo) e una curva glicemica e insulinica (OGTT Oral Glucose Tolerance Test) per un’ulteriore precisazione.

La soluzione per lei sarà comunque quella di abbinare insieme un “coaching nutrizionale” mirato, una valutazione medica e il consiglio dei rimedi naturali o dei farmaci più utili al suo specifico caso.