Grassi o magri: l’orario dei pasti cambia il metabolismo

19 Febbraio 2013
Grassi o magri: l'orario dei pasti cambia il metabolismo

L’epidemia di obesità che affligge l’Italia potrebbe dipendere anche dal graduale cambio di orari imposto dalla società attuale. Il pranzo era una volta il pasto principale mentre oggi la cena è diventata spesso l’unico momento in cui si mangia in abbondanza e la prima colazione è un vero pasto solo per una esigua parte della popolazione (quella più magra…).

L’antica “Scuola Medica Salernitana” (la prima e più famosa scuola di medicina d’Europa, agli inizi del Medioevo) segnalava di “Invitare l’amico a pranzo e il nemico a cena”, già leggendo probabilmente gli effetti degli orari dei pasti sul metabolismo e sulla salute.

Un lavoro spagnolo, che mi è stato segnalato dal professor Enrico Ferrazzi, pubblicato su International Journal of Obesity, conferma dal punto di vista scientifico l’importanza degli orari dei pasti nell’attivazione del metabolismo (Garaulet M et al, Int J Obes (Lond). 2013 Jan 29. doi: 10.1038/ijo.2012.229. [Epub ahead of print]).

In pratica sono stati confrontati due gruppi di persone del tutto simili per composizione e caratteristiche metaboliche, che avevano come unica differenza significativa l’abitudine a consumare la maggiore quota di calorie prima o dopo le 3 del pomeriggio. Chi faceva una ricca prima colazione o aveva un pranzo significativo stava nel primo gruppo, mentre chi mangiava soprattutto a cena stava nel secondo gruppo.

Durante 20 settimane di impostazione dietetica simile per i due gruppi, le persone che mangiavano soprattutto al mattino hanno perso più peso e con maggiore facilità, mentre quelle che riservavano per la cena la maggior quota calorica della giornata hanno avuto maggiore difficoltà a perdere peso e ne hanno perso significativamente in minor quantità.

In modo sorprendente, la quantità di calorie introdotta, la composizione complessiva della dieta, il consumo dovuto all’attività fisica e la durata del sonno erano del tutto paragonabili tra i due gruppi, mentre l’unica variabile degna di nota era appunto la distribuzione oraria dei pasti nella giornata. A parità di livelli per gli ormoni che stimolano l’appetito (la grelina ad esempio) le persone del gruppo “grasso” tendevano a saltare la prima colazione o a farla in termini minimi.

Per noi non è certo una novità: da anni stimoliamo le persone a trasformare la prima colazione nel pasto principale della giornata, ma i gruppi di dietologi nostrani, che fanno comparire nelle loro tabelle ipocaloriche colazioni a base di “una fetta biscottata spalmata con un velo di miele e una tazza di tè” forse potrebbero iniziare a confrontarsi con un principio di realtà anziché con convinzioni illusorie. 

E qualche diabetologo potrebbe iniziare a pensare che la distribuzione dell’insulina non dovrebbe prediligere gli orari serali, ma essere impostata soprattutto al mattino insieme ad un’educazione alimentare che ridia valore alla prima colazione e alla sua importanza per aiutare chiunque a mantenersi in forma e sano.