1000 giorni senza zuccheri per evitare diabete e malattie croniche
Una interessante ricerca pubblicata su Science nel novembre 2024 ha studiato la diversa propensione ad ammalarsi di diabete da adulti, tra quei bambini che, durante i loro primi 1.000 giorni di esistenza, hanno subito il razionamento dello zucchero invece che averne la piena disponibilità.
Questo è stato reso possibile dal fatto che fino a settembre 1953, per gli effetti della seconda guerra mondiale, in Gran Bretagna lo zucchero è stato razionato e difficilmente rintracciabile.
Infatti, per lo studio, sono stati utilizzati i dati della UK Biobank valutando lo stato di salute degli adulti di oggi (ormai oltre i 70 anni) in relazione al momento in cui, nel settembre del 1953, si è concluso il razionamento dello zucchero sul territorio britannico e si sono analizzati gli effetti rispetto a quella precisa data di reintroduzione ndel “dolce” nella dieta britannica.
Lo studio ha coinvolto sia i bambini sia le loro mamme perché si è valutata l’esposizione in utero anche durante i primi giorni dopo il concepimento.
I calcoli di esposizione zuccherina sono stati fatti quindi sulla data del concepimento, valutando anche quel periodo fondamentale immediatamente successivo all’inizio della vita intrauterina.
Ne deriva che se le mamme “in attesa” evitassero gli zuccheri in quel periodo, otterrebbero per i propri bambini dei vantaggi di estremo rilievo per la vita da adulti (e anche da bambini).
Il consumo di zucchero è immediatamente più che raddoppiato appena rimosso il razionamento e le differenze tra chi ha passato i primi 1.000 giorni con meno zuccheri e chi invece ha potuto mangiarne liberamente sono apparse in modo evidente.
Chi ha mangiato meno zuccheri da piccolo ha avuto (da adulto) il 35% in meno di diabete di tipo 2 e il 20% in meno di ipertensione arteriosa e comunque queste malattie, pur in misura ridotta, quando sono comparse si sono manifestate molto dopo di quanto atteso per i mangiatori di zucchero. Chi ne ha mangiato poco ha manifestato il diabete con 4 anni di ritardo (e l’ipertensione arteriosa con 2) rispetto alla media di insorgenza dei mangiatori di zucchero.
Questo riconferma quanto diciamo da tempo sulle attenzioni allo zucchero e agli zuccheri.
Giusto per fare alcuni esempi, dal 2017 sappiamo che un eccesso individuale di zuccheri scatena ben il 62% di tutte le possibili reazioni che noi crediamo allergiche o infiammatorie (dall’orticaria alla colite, dalla dermatite alla fibromialgia) e dal 2023 sappiamo anche qual è il meccanismo cellulare che determina questo effetto.
Una review pubblicata nel 2022 su Frontiers in Immunology ha spiegato con chiarezza che tutti gli zuccheri (che siano glucosio o fruttosio poco importa), quando sono assorbiti dall’intestino, possono attivare un processo infiammatorio che contribuisce alla formazione di citochine coinvolte in numerose malattie.
Gli autori descrivono gli effetti della assunzione eccessiva di zuccheri sulla artrite reumatoide, sulla sclerosi multipla (e sulle altre malattie neurodegenerative), sulla psioriasi, sulle malattie infiammatorie intestinali come la malattia di Crohn e sulla infiammazione cronica di basso grado.
Gli effetti negativi indotti dagli zuccheri si verificano in modo del tutto indipendente dai valori di emoglobina glicata o di glicemia a digiuno e ii picchi glicemici non sono dovuti solo allo zucchero ma agli zuccheri in generale, alla frutta, all’alcol, ai dolcificanti artificiali e allo squilibrio nella composizione del piatto.
Quindi diventa importante capire quando e come gli zuccheri (o gli eccessi relativi di carboidrati) siano individualmente eccessivi. Anche un eccesso relativo di carboidrati (pur sanissimi) all’interno del pasto può infatti essere letto dall’organismo, come una assunzione diretta di zuccheri, che determinano poi effetti di glicazione evidenti.
È importante quindi ricordare che quando si parla di zuccheri e di glicazione non si fa riferimento solo allo zucchero da cucina ma anche al fruttosio (ebbene sì anche l’eccesso di frutta), all’alcol e ai polioli (dolcificanti artificiali) che condividono la stessa via metabolica.
L’articolo “Zuccheri semplici, invisibili, nascosti: dove si trovano e come ridurne gli effetti?” descrive e spiega in dettaglio a che cosa fa riferimento il termine di “zuccheri”.
Più che utile quindi, diventa quasi obbligatorio, nella gestione dei consumi di zuccheri (e di eventuali “sgarri”), conoscere le proprie caratteristiche metaboliche, infiammatorie e genetiche. Capire cioè come il proprio organismo è in grado di gestire il flusso di zuccheri senza riceverne danno.
Ciò consente di godersi una Sacher, un cannolo o due cucchiaiate colme di marmellata senza troppi allarmismi o paranoie. Anche per questo motivo misurare eventuali danni da zucchero in modo preciso è sicuramente meglio che supporre.
Test come il Glyco Test o il PerMè consentono di identificare eventuali eccessi individuali di zuccheri e impostare una dieta personalizzata, con la giusta varietà alimentare (dolci compresi!).
Per questo, nel centro SMA in cui lavoro, quando affrontiamo tutte le malattie con una impronta metabolica, impostiamo sempre specifici percorsi terapeutici e dedichiamo una attenzione personalizzata al quadro infiammatorio dovuto agli alimenti e alla misura del BAFF, del Metilgliossale e della Albumina glicata (attraverso i test di GEK Lab) perché la risposta clinica sia soprattutto quella del controllo dell’infiammazione, della riattivazione del metabolismo e della riconquista del benessere personale.