Nuovi virus alle porte: c’è da avere paura?

11 Ottobre 2012
Nuovi virus alle porte: c'è da avere paura?

Quando il New England Journal of Medicine ha pubblicato la notizia relativa ad una nuova forma di immunodeficienza diffusasi in alcuni paesi estremo orientali (Thailandia e Taiwan soprattutto), le agenzie di stampa hanno immediatamente iniziato a parlare di un supervirus, simile all’HIV, in grado di riproporre nel mondo una situazione analoga a quella dell’AIDS.

Innegabilmente la preoccupazione è stata notevole, ma la ricerca svolta in condivisione da ricercatori di diversi paesi del mondo (USA, Brasile, Cina, Thailandia, Gran Bretagna, Taiwan) ha consentito invece di comprendere e definire il motivo per cui questa epidemia importante riesce, almeno per ora, a rimanere circoscritta e limitata.

Le persone studiate erano ammalate di “qualcosa” che assomigliava all’AIDS, con tutte le sue infezioni opportunistiche (dalla tubercolosi alla candida), ma non avevano un virus HIV al loro interno. Un po’ come se fossero dei malati di AIDS senza essere stati colpiti da quel virus. Così è scattata la ricerca di un nuovo supervirus, possibile causa di una nuova epidemia, che ha invece portato alla scoperta di meccanismi fondamentali per la vita di ogni individuo e per la difesa dai possibili virus che ora e in futuro ci potranno aggredire.

Forse per la prima volta, i ricercatori hanno analizzato le caratteristiche delle comunicazioni interne dell’organismo, piuttosto che focalizzarsi sul virus o sul battero responsabile. In parole povere, anziché evidenziare la forza di questo agente esterno, è stato studiato il perché della incapacità di risposta difensiva da parte dell’organismo. 

Sono state studiate le componenti immunologiche delle persone che si sono ammalate, scoprendo che la vera causa era la produzione di un anticorpo verso l’Interferon Gamma, sostanza importante per la difesa dai virus e per la difesa antitumorale, coinvolta nella risposta allergica di ogni persona.

La quasi totalità delle persone ammalate evidenziava la presenza di un anticorpo contro questo tipo di interferone e di conseguenza la incapacità di opporsi ad infezioni di altro genere per mezzo delle proprie difese. 

La novità importante sta nel fatto che questo tipo di situazione può dipendere da eccessiva sollecitazione del sistema immunitario, da squilibri allergici, da fatti tossici o ancora dall’uso improprio di farmaci. È importante notare che gli stessi ricercatori hanno studiato anche il BAFF e il TNF alfa, sostanze che noi sappiamo da tempo essere correlate in modo preciso anche all’infiammazione da cibo.

Non è quindi colpa del virus, una volta tanto, ma dello squilibrio del sistema immunitario. È come se al centro del problema tornasse l’individuo, dopo anni in cui la comunità scientifica si è dedicata solo allo studio degli agenti esterni. Cambia il paradigma di valutazione della malattia, che diventa legata all’equilibrio individuale e allo stile di vita piuttosto che alla ipotetica virulenza di un agente esterno.

Noi sappiamo che ammalandosi di influenza stimoliamo la produzione di interferone (e questo è uno dei motivi per cui la vaccinazione antinfluenzale non è necessariamente la nostra preferita) e sappiamo anche che uno squilibrio del sistema immunitario (come quello indotto da eccessi vaccinali) può portare a squilibri gravi nella produzione di anticorpi (come di recente evidenziato nei militari in misiione e sottoposti a vaccinazioni eccessive e scoordinate). Sappiamo che l’infiammazione da cibo può portare ad una sregolazione della componente anticorpale e che la carenza di alcuni minerali e vitamine può provocare alterazioni delle risposte.

Insomma siamo di fronte ad una situazione in cui possiamo sensatamente difenderci dalle aggressioni interne pensando al nostro equilibrio e alla cura di noi stessi, finalmente senza la paura di essere scambiati per “originali” ma nel rispetto del rigore della scienza e della innovazione medica.