Mani fissurate, ragadi e dermatite: l’intreccio tra nichel, freddo e vitamina D3

14 Gennaio 2019
Mani fissurate, ragadi e dermatite: l'intreccio tra nichel, freddo e vitamina D3

L’inverno è una stagione difficile. La mancanza di sole e le temperature più rigide favoriscono la comparsa di screpolature e fissurazioni sulla pelle che sono spesso frutto di una carenza minerale e vitaminica significativa. 

In particolare, nonostante l’Italia sia considerata una nazione “solare”, la carenza di vitamina D è purtroppo molto diffusa, anche a causa della elevata frequenza di forme di malassorbimento intestinale (colite e sindrome del colon irritabile) e all’uso di farmaci che riducono l’assorbimento intestinale come a volte avviene per i protettori gastrici. 

Anche le malattie infettive risentono del livello di Vitamina D, come spiegato da Michela Carola Speciani in un articolo che lega laringite, raffreddamento e i livelli di questa vitamina. E le fonti sono numerose, come descritto in diversi articoli di questo sito.

Ma ancora vale la pena di ricordare che il giusto apporto di questa vitamina protegge dalla comparsa di geloni che sembravano confinati e relegati a situazioni da “piccola fiammiferaia” mentre oggi si presentano con frequenza sempre maggiore anche in persone di buon reddito che semplicemente stanno nutrendosi male, ricreando così le condizioni una volta esclusive della povertà. 

Spesso i geloni, le screpolature, le ragadi e le fissurazioni delle dita sono un segno premonitore di quelle carenze vitaminiche e minerali che poi facilitano le reazioni al freddo.

Quando si abbassano le temperature, le carenze di minerali e vitamine, spesso dovute a una alimentazione squilibrata, contribuiscono oggi più che mai a facilitare la comparsa di questi fenomeni, che si affiancano a ragadi e screpolature delle dita, segno premonitore di quelle carenze che poi facilitano le reazioni al freddo.

La vitamina D3 non sembra, da sola, avere una azione di “terapia” acuta del gelone, ma un organismo ben dotato di vitamina D3 manifesta geloni, dermatiti, ragadi e fissurazioni delle dita molto raramente se non mai.

In una persona che tenda a ripresentare geloni o ragadi va sicuramente indagata la componente legata alla due delle più importanti forme di infiammazione alimentare, che possono essere misurate efficacemente con il test PerMè, con il Glyco Test e con il Recaller 2.0 Test.

Lo studio della infiammazione da cibo e del profilo alimentare individuale consente di poter modulare l’introduzione, spesso ripetitiva o troppo frequente, di alcuni alimenti e intervenire così sui processi infiammatori intestinali che impediscono l’assorbimento di minerali e vitamine indispensabili al buon trofismo della pelle e alla corretta circolazione.

Inoltre, riducendo l’irritazione intestinale si facilita l’assorbimento diretto di minerali fondamentali come il Manganese, lo Zinco e il Rame e della Vitamina D che ricordiamo a tutti, è liposolubile e si scioglie cioè nel grasso.

Quando compare un gelone lo si affronta così:

  • Omega 3 (Zerotox Ribilla, derivati dalla pianta di Perilla, 4-6 perle al giorno; Advanced Omega 3, derivati dal pesce, 2-3 perle al giorno).
  • Minerali (3 capsule al giorno di Oximix Multi+ o Oximix 5+)
  • Vitamina D3 (Vitamina D 1000, 3-4 compresse al giorno, o Liquid Vitamin D3, 20 gocce 2-3 volte al giorno). Spesso è utile un dosaggio unico di una fiala per via orale di Adisterolo 100.000 che contiene anche vitamina A. Dopo un breve periodo di assunzione “intensa” si può tornare al dosaggio corretto della Vitamina D3 che a seconda dell’età può essere tra le 1000 e le 1500 Unità Internazionali. 

Sia per i geloni sia per le ragadi e per le fissurazioni della pelle va usata localmente una preparazione che un bravo erborista e un bravo farmacista saranno sicuramente in grado di preparare: una miscela di olio di Iperico 26 ml, olio essenziale di Melaleuca 2 ml, e olio di Lavanda 2 ml, da applicare localmente anche 3-4 volte al giorno frizionando leggermente sulla parte.

I valori di vitamina D3 possono e devono essere misurati per capire se l’assorbimento è sufficiente e a seguito della terapia di reintegro vanno rimisurati per capire se è sufficiente la quantità indicata e utilizzata o se è ad esempio necessario aiutare l’assorbimento con alcuni enzimi digestivi.

Prima di sospendere una terapia integrativa di vitamina D3 è bene rivalutare i valori ematici presenti e discuterli con il proprio medico. I valori possono essere espressi sia in ng/mL secondo questo schema:

  • carenza: <10 ng/mL
  • insufficienza: 10 – 30 ng/mL
  • sufficienza: 30 – 100 ng/mL
  • tossicità: >100 ng/mL

oppure in nmo/L (con un fattore di conversione di circa 2,5):

  • carenza: <25 nmoli/L
  • insufficienza: 25 – 75 nmoli/L
  • sufficienza: 75 – 250 nmoli/L
  • tossicità: >250 nmoli/L

Alcuni laboratori continuano a proporre una vecchia indicazione di normalità al di sopra dei 20 ng/mL e si aspetta solo che si aggiornino… Le linee guida internazionali parlano specificamente di 30 ng/mL come limite minimo.

Nel corso del 2018 è stata pubblicata la “linea guida sulla integrazione della vitamina D” che ha ridefinito i 30 ng/mL come limite inferiore e il trattamento integrativo, in caso di carenza o di insufficienza, di 50.000 UI di colecalciferolo/settimana per 6 settimane per poi calare a 50.000/25.000 ogni 2-3 o 4 settimane in relazione al controllo clinico o 3000-2000 UI/die. Valutando quindi quale sia il livello di assorbimento nel corso del tempo (Pludowsky P et al, Journal of Steroid Biochemistry & Molecular Biology 175 (2018) 125–135. Vitamin D supplementation guidelines).

La vitamina D non va prescritta per un periodo. Va prescritta e ricontrollata alla fine del periodo, per capire quali condizioni abbiano impedito fin da prima di assorbirla in modo adeguato. 

L’equilibrio tra assunzione, assorbimento e trasformazione della vitamina D dipende in fortissima parte dalla funzione digestiva. In molti casi diventa necessario utilizzare degli enzimi per aiutare l’assorbimento e comunque intervenire appena si percepisce una qualsivoglia resistenza al raggiungimento dei livelli giusti (sopra ai 30 ng/mL).

Quando tra i sintomi clinici si evidenziano anche delle reazioni dermatitiche capita spesso che sia coinvolto un eccesso alimentare di nichel e che una infiammazione correlata con l’assunzione di questo grande gruppo alimentare sia responsabile, almeno in parte della sintomatologia presentata.

È importante capire che il nichel in sé non rappresenta un veleno e che solo da un certo livello in avanti la sua assunzione può dare fastidio ad alcune persone.

La risposta a questo metallo, fortunatamente, è sempre individuale e evidenzia che dipende da altri elementi che non sono solo il contenuto specifico di nichel.

Un cibo non fa male “perché contiene nichel”, come molti sostengono, ma perché ne contiene “individualmente troppo” e spesso perché è associato ad altre sostanze che facilitano la reattività dell’organismo nei suoi confronti (come avviene per i grassi cotti industriali o per la reazione di Maillard che rende colorate le superfici di alcuni cibi (come i semi oleosi roasted) e accentuano la produzione di anticorpi contro il cibo stesso.

Una mandorla seccata può non dare fastidio (nonostante il nichel che contiene), ma la sua preparazione “roasted” determina una reazione molto intensa verso quel cibo (Chinthrajah RS et al, J Allergy Clin Immunol. 2016 Apr;137(4):984-97. doi: 10.1016/j.jaci.2016.02.004).

Negli ultimi due anni stiamo capendo che il nichel contenuto negli alimenti che reagiscono nell’organismo è molto frequentemente un segnalatore di contatto con metalli pesanti anche di altro tipo.

Si sta verificando ad esempio che il nichel contenuto in un frutto reagisce molto di più nell’organismo se è affiancato da altri metalli pesanti come il Cadmio o il Cromo, indicatori di una possibile contaminazione dei terreni o di un eccessivo sfruttamento degli stessi con fertilizzanti chimici. 

Questo porta a confermare quanto da anni stiamo facendo nel Centro SMA di Milano per il trattamento delle forme di reazione al nichel attraverso percorsi terapeutici specifici.

Il profilo alimentare personale di chi soffre di geloni, di ragadi o di dermatite durante la stagione fredda va approfondito anche con la conoscenza dei livelli di infiammazione da cibo e da zuccheri.

L’integrazione tra una dieta di controllo infiammatorio, l’assunzione di vitamina D3 e di minerali adatti ad affrontare l’inverno diventa lo strumento più rilevante per passare la stagione fredda senza sofferenze inutili sulla pelle.