Zuccheri e tumori. Una relazione sempre più stretta

14 Febbraio 2022
Zuccheri e tumori. Una relazione sempre più stretta

Due ricerche presentate tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, una tutta italiana pubblicata su Science Translational Medicine e l’altra pubblicata su Science Signaling, hanno consentito di muovere un altro passo nella comprensione del perché un eccesso alimentare di zuccheri possa aiutare le forme tumorali a sopravvivere meglio, contrastando le azioni difensive del sistema immunitario.

Come hanno spiegato ricercatrici e ricercatori dei due gruppi di lavoro (quello italiano fa capo al team di Monica Casucci dell’Ospedale San Raffaele), la glicazione e la glicosilazione (fenomeni favoriti e indotti dall’eccesso individuale di assunzione di zuccheri, anche di quelli nascosti e invisibili) aiutano le cellule tumorali a costruire una specie di schermo difensivo che le protegge dalla azione del sistema immunitario individuale. 

La relazione tra eccesso di zuccheri e malattia tumorale ha trovato le sue basi scientifiche già dai primi anni del secolo presente e infatti Eurosalus pubblicava ancora nel 2007 un articolo dal titolo “L’eccesso di zuccheri aumenta il rischio di sviluppare forme tumorali” e nel 2011 un altro dal titolo “Controllare zuccheri e insulina per controllare il cancro”, riportando e discutendo le basi scientifiche di questa relazione. 

La novità delle due ultime ricerche citate in apertura non è la relazione epidemiologica, ovvero la correlazione tra tipo di alimento e lo sviluppo della malattia tumorale, ma la identificazione del meccanismo cellulare che genera questo tipo di effetto. Significa potere capire in modo preciso come agire in modo preventivo e farmacologico, e soprattutto di potere misurare con miglior precisione i biomarcatori (come il Metilgliossale) di questa condizione di glicazione.  

Gli zuccheri in eccesso aiutano molte forme tumorali a creare uno schermo di difesa che impedisce al sistema immunitario di agire.

Il tutto è originato dalla evidenza che una terapia antitumorale di solito molto efficace, quella con le cellule CAR-T (Chimeric Antigen Receptor CAR-engineered T cells), evidenziava fallimenti terapeutici nel trattamento di molti tumori solidi. Una volta bloccato lo “scudo” di zuccheri che il tumore si era costruito grazie alla glicazione, la terapia tornava efficace, sia nei confronti dei tumori pancreatici che per altri carcinomi, come quelli polmonari, ovarici e vescicali.

Si tratta di una conoscenza che supera decisamente le indicazioni della AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) che nel 2018 segnalava una causalità degli zuccheri “solo” nelle forme tumorali del seno (cioè il tumore femminile più diffuso).

Questo ovviamente riconduce alla lettura, oggi possibile, delle sostanze glicanti (GlycoTest o test Permé) che consente di comprendere in modo del tutto personalizzato le condizioni di glicazione individuali, dipendenti dalle caratteristiche genetiche e dalle abitudini alimentari di qualsiasi persona. Capire i propri livelli di infiammazione e di glicazione, legati alle tre diverse forme di infiammazione alimentare oggi conosciute, costituisce, di fatto, una potente arma di prevenzione e difesa.

Negli anni tra il 2018 e il 2020, numerose ricerche hanno messo proprio i cibi super-processati e raffinati (che sono anche i più dolci o dolcificati) tra le più importanti cause di sviluppo tumorale e negli anni della pandemia da Covid, dal 2020 ad oggi, sono emersi i dati che confermano questo stesso tipo di “scudo” anche per il Coronavirus del Covid. In un soggetto glicato il virus penetra con maggiore facilità e il virus stesso provvede poi a accentuare la risposta iperglicemizzante lesionando le cellule pancreatiche. La glicazione (e quindi l’uso individualmente più elevato di zuccheri) diminuisce l’efficienza della risposta vaccinale

Non può certo stupire che la revisione critica delle linee guida per la prevenzione delle malattie tumorali, pubblicata il 9 Giugno 2020 su “CA: A Cancer Journal for Clinicians”, ha messo ai primi posti tra le indicazioni efficaci da seguire, il controllo del peso e la pratica dell’attività fisica, strumenti in grado di modulare la risposta agli zuccheri.

  • Mantenere il proprio peso nel giusto ordine di grandezza ed evitare di aumentare di peso in età adulta
  • Praticare attività fisica (150-300 minuti alla settimana di aerobiosi o 75-150 minuti di attività intensa o una combinazione delle due modalità)
  • Seguire abitudini alimentari che prevedono cibi che aiutano a mantenere il peso, vegetali e frutti diversi e di diversi colori e ricchi di fibra e uso di farine integrali, limitando carni processate e carni rosse, bevande dolcificate, cibi super-raffinati e farine bianche. 
  • Limitare l’alcol a un massimo di 2 porzioni al giorno per i maschi e 1 al giorno per le femmine

Significa che si è passati dal concetto di “cibo nemico” al modo in cui si mangia, e gli obiettivi più rilevanti sono quelli di favorire la sensibilità insulinica (la prima colazione e tre pasti al giorno sono utilissimi) mantenendo un buon rapporto di equilibrio tra proteine e carboidrati nella composizione di ogni singolo pasto (sono utili le carni bianche, il pesce, le uova, i semi oleosi, i cereali integrali, le leguminose, i formaggi), con una dieta variata.

Ormai è certo che l’uso non controllato degli zuccheri e un eccesso di variabilità glicemica, possono generare problemi di rilievo, mentre la conoscenza del proprio profilo infiammatorio e del proprio livello di glicazione consente di godere anche dei cibi dolci o del vino nel modo corretto. Misurare è molto meglio che supporre, e la consapevolezza del proprio stato fisico consente di fare scelte alimentari corrette senza dover rinunciare a nulla e semplicemente modulandone l’assunzione.

Tutto questo aiuta a capire il perché di tecniche alimentari particolari, come quella del digiuno breve, visto che un grande studio statunitense ha evidenziato che il “salto della cena” (che ha una azione specifica sulla sensibilità all’insulina) ovvero evitare di mangiare a tarda sera, aiuta a prevenire la diffusione tumorale.

Queste conoscenze stanno consentendo anche di affiancare scelte nutrizionali personalizzate alla chemioterapia o alla radioterapia in modo da ricavarne i massimi benefici. Sempre più protocolli di terapia antineoplastica cercano di sfruttare il modo di colpire le cellule tumorali solo dopo avere rimosso quello “scudo zuccherino” che le difende. 

Una serie di prospettive che aumentano l’importanza della consapevolezza dei propri livelli di glicazione e infiammazione per chiunque.

La componente alimentare che induce infiammazione e glicazione sembra destinata a diventare uno degli aspetti nutrizionali più importanti nel supporto alla terapia antitumorale. Questo è il motivo per cui in SMA, il centro medico in cui lavoro, diamo sempre una specifica rilevanza al supporto nutrizionale e alla valutazione dell’infiammazione da zuccheri e da alimenti (test PerMè), per le persone che affrontano chemioterapia o radioterapia.