Perché mangiare quinoa?

di Ambra Carli - Nutrizionista
26 Giugno 2018
Perché mangiare quinoa?

DOMANDA

Facendo la spesa ho notato che ormai tutti i supermercati propongono innumerevoli prodotti a base di quinoa o la stessa quinoa in chicchi da cuocere. Ho 70 anni e fino a qualche anno fa non avevo mai nemmeno sentito nominare questo cereale: mi potreste gentilmente spiegare le sue proprietà e perché sembra essere così importante per la salute?

RISPOSTA

Cara lettrice,

la sua domanda è del tutto lecita, dal momento che fino a circa quindici anni fa la quinoa era difficilmente reperibile sugli scaffali del supermercato e rappresentava un prodotto di nicchia molto costoso, da ricercare nei piccoli rivenditori di prodotti alimentari sud americani.

La quinoa è una coltura ancestrale originaria del Sud America e l’uomo ne vanta un rapporto al suo fianco di circa diecimila anni. 

I primi dati storicamente rilevanti che riguardano l’addomesticazione della quinoa sono datati 5.000 a.C. e li troviamo nella regione montuosa di Ayacucho, in Perù. Questo pseudocereale ha avuto poi un’ampia distribuzione geografica presso le popolazioni pre-colombiane, Azteche e Maya, coprendo anche Cile, Argentina e Colombia.

Il “Grano de Oro”, come veniva chiamato, permetteva di non vivere la fame e dava uomini forti, che consumavano nella loro dieta le foglie delle piante selvatiche e, solo in seguito, i semi.

Purtroppo la Rivoluzione Verde del 1944 ha portato gli agricoltori ad abbandonare le colture tradizionali per coltivare varietà ad alto rendimento produttivo, e solo alla fine del XX secolo è diventato chiaro che c’era un prezzo da pagare per la perdita della diversità, sia a livello culturale e agricolo che nutrizionale; tutto ciò ha fatto in modo che ci fosse una riscoperta di questa coltivazione, che oggi stimola un crescente interesse nel mondo scientifico.

Il valore biologico delle proteine di quinoa è superiore rispetto a quello degli altri cereali tradizionali grazie all'elevato contenuto di lisina.

È bene specificare, innanzitutto, che la quinoa è uno pseudocereale piuttosto che un vero cereale, in quanto non è una graminacea, ma rappresenta una pianta erbacea della famiglia delle Chenopodiaceae, naturalmente priva di glutine e, dunque, adatta alla dieta degli individui affetti da celiachia.

Come i cereali, però, la quinoa è un eccellente fonte di amido, contenendone circa il 60%, ed è per questo che viene classificata come “carboidrato”, anche se il suo contenuto proteico è maggiore rispetto a quello di tutti i cereali veri e propri, aggirandosi intorno al 14-18%.

L’aspetto che la rende unica è che durante la lavorazione industriale non avvengono perdite rilevanti del contenuto proteico come, invece, accade per la raffinazione dei più comuni frumento, riso, orzo e mais.

Ancora più rilevante è la composizione amminoacidica delle proteine di quinoa, che rende il suo valore biologico sicuramente superiore a quello degli altri cereali tradizionali. Ciò è dovuto essenzialmente all’elevato contenuto di lisina, che è di norma l’amminoacido limitante dei cereali.

La quinoa ha un contenuto di lisina più che doppio rispetto a quello di frumento, mais e riso e più che triplo rispetto a quello di sorgo e miglio; anche rispetto ai cereali più ricchi di lisina, come orzo, segale e avena, il contenuto in quinoa è comunque superiore.

Questo valore però non è sufficiente a raggiungere gli standard FAO per la composizione amminoacidica ideale. Infatti, la lisina contenuta nella quinoa è pari al 96% del quantitativo sufficiente a raggiungere gli standard FAO e resta di conseguenza un amminoacido limitante. Si tratta comunque del valore più alto in assoluto tra tutti i cereali.

Tali caratteristiche lo rendono un cereale ottimo per soggetti diabetici o che tendono ad avere la glicemia verso valori elevati.

Un articolo pubblicato su Nutrients il 16 giugno di quest’anno ha confermato come il consumo giornaliero di quinoa per un periodo breve di quattro settimane sia in grado di modificare la risposta al glucosio, avendo effetti minimi, ma comunque presenti, su altri biomarcatori del rischio cardiovascolare.

Questo probabilmente grazie alla presenza di acido linoleico che è uno degli acidi grassi polinsaturi più abbondanti (PUFA) identificato nella quinoa; è noto, infatti, come i PUFA abbiano diversi effetti positivi sulle malattie cardiovascolari e migliorino la sensibilità insulinemica.

Una curiosità relativamente alla quinoa, riguarda le saponine, definite “antinutrienti” dal momento che rappresentano una difesa naturale che rende il seme indigesto a eventuali predatori e per protezione contro alcuni elementi patogeni, come ad esempio i funghi

Sebbene tradizionalmente la scienza della nutrizione consideri questi glicosidi come sostanze antinutrizionali, perché riducono l’assorbimento intestinale di svariati nutrienti, uno studio pubblicato sul Journal of food Science ha individuato nelle saponine un’attività anti-infiammatoria specifica, attraverso la soppressione del rilascio di citochine infiammatorie.

Le saponine svolgono, inoltre, azione ipocolesterolemizzante chelando i sali biliari, impedendone il riassorbimento e portando alla loro eliminazione attraverso le feci. In questo modo il fegato non può riutilizzare i sali biliari ed è costretto a fabbricarne di nuovi, consumando colesterolo.

La quinoa, dunque, è un cibo dalle accertate proprietà nutraceutiche, ovvero con caratteristiche mediche e sanitarie, compresa la prevenzione nello sviluppo di determinate patologie.

Questa denominazione è data soprattutto dall’elevato contenuto di vitamina E: le sue proprietà antiossidanti contro i radicali liberi impediscono la perossidazione lipidica, contribuendo così a mantenere stabile la struttura delle membrane cellulari.

Protegge, inoltre, la retina, i sistemi nervoso e muscolare dall’ossidazione.

Gli impieghi culinari della quinoa sono molteplici e nonostante sia un cibo antico, si adatta perfettamente alle esigenze di una cucina moderna e che non richieda troppo lavoro, offrendo piatti leggeri e digeribili.

Per cuocerla è necessario metterla in acqua fredda, considerando due parti di acqua per una di quinoa, e farla bollire per circa quindici minuti. Dopodiché può essere conservata in frigorifero anche per una settimana (chi ha una positività ai lieviti da test di infiammazione Recaller o BioMarkers, dovrà comunque consumarla entro 24 ore dalla cottura).

Come il riso, può servire per minestre, insalatone fredde o preparazioni asciutte e calde simili a quelle utilizzate per un tradizionale cous-cous. Oppure, miscelata a delle uova e cotta in forno su carta da forno può rappresentare una buona base croccante da condire con verdure, carni, pesci, formaggi e affettai a piacere.

Consiglio spesso di sbirciare tra gli scaffali del supermercato e pescare tra quegli ingredienti mai utilizzati o poco conosciuti perché, oltre a dare un tocco diverso ai propri piatti e ad incrementare la varietà alimentare in tavola, spesso si può beneficiare inconsciamente di una serie di proprietà utili alla propria salute.