Segnali dal cibo: il digiuno breve in pratica

14 Marzo 2016
Segnali dal cibo: il digiuno breve in pratica

Ci sono due tecniche di stimolo al dimagrimento che sfruttano il segnale del “digiuno breve” o short fasting.

In entrambi i casi si stimola la produzione di una particolare proteina (FSP27) che favorisce lo scioglimento del grasso (lipolisi) conservando o aumentando la massa muscolare.

Si tratta di uno dei segnali più innovativi degli ultimi anni e molte ricerche confermano che il suo effetto dura nel tempo.

FSP27 fa parte di quei segnali che si possono inviare all’organismo per modulare le sue funzioni, in particolare quelle metaboliche.

Quando si segue uno schema alimentare che stimola la produzione di FSP27, si attivano segnali metabolici che hanno effetti non solo momentanei, ma che si allargano a comprendere i giorni vicini, condizionando una risposta positiva di tutto l’organismo.  

Basta ripensare all’esempio di quanto una prima colazione corretta determini nei soggetti diabetici un effetto di regolazione metabolica (la glicemia resta più bassa anche dopo la cena) che invece non compare in chi, pur mangiando le stesse calorie, non ha fatto la prima colazione.

Nello stesso modo, quando si attiva correttamente FSP27 con un controllo alimentare che dura un massimo di 15-18 ore (senza cioè prolungare il digiuno o la dieta ipocalorica oltre quel tempo massimo) si ottengono risposte metaboliche che vanno oltre alla stessa giornata di modifica dell’introito nutritivo.

Nei lavori già proposti su Eurosalus si è spiegato perché anche solo 2 giorni di short fasting possono mantenere il loro effetto riequilibrante sul metabolismo dei grassi anche negli altri giorni della settimana. Si tratta di un principio innovativo dalle solide basi scientifiche che guiderà la ricerca clinica sui segnali del cibo anche nei prossimi anni.

Lascio al termine di questo articolo alcune spiegazioni scientifiche sulla azione di FSP27 e sui suoi effetti, andando sul pratico.

I due schemi possibili sono:

Schema 1, con inserimento di 2 o 3 giorni non consecutivi alla settimana in cui il contenuto calorico della giornata sia mantenuto tra le 600 e le 800 calorie.

Ogni giorno di questa dieta deve essere rigorosamente seguito da una giornata di assunzione alimentare libera, non misurata, che segua però sempre le indicazioni di base che sono raccolte nell’articolo “Nutrirsi bene”.

Già nel libro “Colazione e brunch per il benessere” (Milano 2014, Edizioni LSWR) sono stati proposti dei menù specifici, adatti anche alle diverse ipersensibilità alimentari, per la messa in pratica di questo tipo di approccio alimentare nell’area “menù ipocalorici”.

Alcuni esempi pratici si possono ritrovare nell’articolo della dottoressa Ambra Carli sul menù adatto a persone con reazioni a latte e lieviti e nell’articolo del dottor Davide Maiocchi sui menù adatti alle persone con reazione a glutine e nichel.

Schema 2, con inserimento di 2 o 3 giorni non consecutivi alla settimana in cui la giornata alimentare prevede una prima colazione caloricamente libera, che segua però sempre le indicazioni di base raccolte nell’articolo “Nutrirsi bene”.

Poi va consumato un pranzo meno ricco della prima colazione, in modo da mantenere lo stimolo corretto sulle citochine giuste e infine, dalle 15 o dalle 16 smettere di mangiare fino alla mattina del giorno successivo. Mantenendo cioè almeno 15 ore e fino a 18 ore di digiuno prima di rimangiare, anche abbondantemente, nel momento più adatto della giornata, cioè la mattina successiva.

Nel nostro centro usiamo spesso uno schema misto, che prevede, ben distribuite nella settimana, la utilizzazione di due “salti della cena” (16-17 ore di digiuno) e di un giorno di controllo calorico, oppure l’inverso, cioè due giorni di controllo calorico e un giorno di “salto della cena”.

Si tratta di schemi molto ben gestibili e in cui va semplicemente rivalutata l’attività serale.

Se c’è da tenere una conferenza alla sera o si deve lavorare a lungo per completare la stesura di una relazione o di un articolo, è meglio evitare la giornata di short fasting o ipocalorica. La migliore risposta si ha andando a letto un po’ prima e dormendo per tutta la notte.

In genere l’effetto lipolitico si evidenzia con la necessità di eliminare acqua metabolica con una “pipì” aggiuntiva, che risponde al nuovo stimolo dimagrante.

Qualche trucco operativo

Il primo suggerimento è di bere acqua abbondante durante il periodo di “salto”.

Il primo giorno in cui si mette in atto questa pratica si può avere un discreto senso di fame, legato alla abitudine ad introdurre comunque cibo, ma dopo il primo giorno e la sensazione di benessere successiva alla prima colazione fatta dopo il “salto”, si acquisisce la percezione di fattibilità di questa tecnica e si supera facilmente il senso di fame transitoria che attiva FSP27.

Va segnalato che l’eventuale utilizzazione di questa tecnica in soggetti diabetici può essere richiesta solo dietro stretto controllo medico. In genere si usa il secondo schema, quello ipocalorico, evitando il reale “digiuno breve” e sempre, nelle persone diabetiche, sotto diretto controllo e indicazione da parte di un medico.  

All’inizio di una importante fase di dimagrimento si suggerisce uno schema con tre giorni di controllo alimentare alla settimana, mentre in fase di mantenimento si arriva a due. La scelta va comunque personalizzata sui bisogni della singola persona e sulla risposta clinica personale.

Quando si attiva FSP27, la contemporanea scelta di controllo degli alimenti per cui sia stata documentata una specifica reazione infiammatoria (infiammazione da cibo, evidenziata dal Profilo Alimentare Personale descritto da Recaller o da BioMarkers), migliora sicuramente gli effetti di dimagrimento grazie alla riduzione del BAFF e del PAF e al miglioramento della sensibilità insulinica.

Nel caso del primo schema proposto (ipocalorico temporaneo) esiste sicuramente la possibilità di sbocconcellare durante il giorno qualche verdura a bassissimo indice e carico glicemico come sedano, carote crude, insalata belga, finocchi e rapanelli.

Questo invece non può essere fatto quando si mette in atto il digiuno breve. L’unica cosa utilizzabile in quel caso è l’acqua (indifferentemente gasata o naturale) oppure degli infusi non dolcificati o tè o caffè.

Molte persone, una volta capito lo schema del digiuno breve descritto qui, chiedono se le 15 ore di digiuno siano ottenibili praticando la sospensione alimentare durante il giorno, facendo cioè una prima colazione importante (ad esempio alle 7 del mattino) e mangiando poi alla sera alle 22 la cena. La risposta è NO.

Il digiuno breve, come dimostrato da Chaix e da Vilà-Brau si attiva in relazione al periodo di veglia e ai periodi di sonno. È indispensabile che lo stimolo di FSP27 avvenga durante le ore di riposo per ottenere una effettiva azione lipolitica.

Tutti quelli che lavorano sulle diete di segnale mettono già in pratica qualcosa di molto simile. Le indicazioni usuali sono per una prima colazione molto ricca, un pranzo medio e una cena molto leggera. Se al posto della cena leggera, semplicemente si “saltasse” la cena, si metterebbe in atto esattamente quello che il digiuno breve richiede, raggiungendo le 15-16 ore di digiuno prima di rifare la prima colazione del mattino.

Si tratterebbe quindi di perfezionare, su base scientifica, qualcosa di molto simile a ciò che già viene fatto nella pratica di molti nutrizionisti che usano i segnali del cibo per modificare il metabolismo. Con uno spunto reale di innovazione che va nella stessa direzione. 

Esempi pratici

Di seguito dei possibili esempi di un giorno di controllo per l’attivazione di FSP27 (molte indicazioni ulteriori sono rintracciabili in uno dei nostri libri più diffusi, Colazione e brunch per il benessere, dove sono presentate più di una ventina di intere giornate alimentari personalizzabili con tutte le possibili infiammazioni da cibo.

Schema 1

  • Prima colazione (350 calorie) con 40 g di fiocchi di avena con 100 ml di latte di soia o 80 ml di latte intero e 5 mandorle; 100 g di gamberi alla piastra, 100 g di fragole al naturale.
  • Pranzo (190 calorie) con 1 pomodoro, 30 g di riso integrale, 30 g di mozzarella.
  • Cena (110 calorie) con 80 g di pesce spada, 1 pomodoro, 10 g di capperi.

Schema 2

  • Prima colazione (senza limite calorico, guidata dal corretto senso di fame) in cui proteine, carboidrati e fibra siano ben distribuiti come indicato nel capitolo sul “Nutrirsi bene”.
  • Pranzo (sempre senza limite calorico, poiché in qualche tempo si stabilizza una capacità di ridurre le quote di cibo introdotte grazie ad una azione sui centri della fame) da gestire con lo stesso criterio descritto per la prima colazione.
  • Dal pranzo in avanti, per almeno 15 ore successive, solo acqua, tisane, caffè o tè non dolcificati.

Qualche riflessione scientifica

La scelta dei segnali appropriati da inviare all’organismo attraverso il cibo potrebbe diventare uno degli strumenti più efficaci per contrastare sul piano clinico l’epidemia di obesità che sta affliggendo i paesi industrializzati.

Lo studio dei segnali positivi indotti dal digiuno breve (o dallo schema ipocalorico temporaneo appena descritto) e non certo dal digiuno protratto (che genera sempre effetti compensativi ingrassanti) ha raggiunto una valenza di documentazione scientifica di altissimo spessore e obbliga chiunque ne voglia discutere a confrontarsi non più su ipotesi, ma su dati reali.

La ricerca di Chaix, pubblicata su Cell Metabolism (Chaix A et al, Cell Metab. 2014 Dec 2;20(6):991-1005. doi: 10.1016/j.cmet.2014.11.001), e la ricerca di Vilà-Brau e del suo gruppo di ricercatori di Barcellona, pubblicata sul Journal of Lipid Research, hanno documentato molti degli effetti di questo segnale, confermando che l’introduzione di cibo solo nelle 9 ore di attività diurna può essere responsabile di una azione globale nei confronti di molte problematiche metaboliche che affliggono oggi il mondo industrializzato (Vilà-Brau A et al, J Lipid Res. 2013 Mar;54(3):592-601. doi: 10.1194/jlr.M028472. Epub 2012 Dec 6) .

Si tratta di un tema che induce quindi anche a una riflessione sociologica sui motivi dell’epidemia mondiale di obesità, in parte dovuta alla assunzione alimentare maggiore durante la sera e purtroppo anche durante la notte 

Un’eventuale applicazione clinica di questo tipo di scelta va modulata con attenzione, ma consente di poter pensare ad uno spunto innovativo di trattamento nutrizionale rispetto a quanto fino ad oggi conosciuto.

L’impostazione di un periodo di dieta “time restricted”, che indica cioè l’assunzione alimentare solo nelle ore di attività diurna e richiede un digiuno breve nelle ore seguenti, facilita il ripristino della primitiva struttura metabolica e consente di prevenire l’obesità e numerose patologie metaboliche, perfino quando sia mantenuta una assunzione alimentare scorretta (Hatori M et al, Methods Enzymol. 2015;552:145-61. doi: 10.1016/bs.mie.2014.10.027. Epub 2014 Dec 27).

Questo non deve certo indurre a affiancare giorni squilibrati di alimentazione, ma può aiutare a salvaguardare l’organismo dagli effetti di qualche occasionale sgarro nutrizionale.

La cosiddetta “dieta 5:2” è giustamente da criticare se interpretata come “2 giorni di digiuno e 5 di porcherie”. Quando invece viene messa in pratica secondo principi di buona nutrizione (anche con 4:3 o 6:1 se serve), questo approccio ha basi scientifiche che si dimostrano sempre più solide e consentono di approfondire lo studio dei segnali e dei messaggi metabolici oltre che di ottenere clinicamente risultati rilevanti. 

La descrizione degli effetti di FSP27, diversi a livello epatico e a livello del tessuto adiposo, è stata già affrontata e descritta alla fine dell’articolo “FSP27 e le 15 ore che fanno dimagrire” e si rimanda a quelle pagine per la descrizione specifica della sua azione.

Probabilmente si dovrà fare un passo ulteriore nella lettura evoluzionistica del rapporto con il cibo, per arrivare a comprendere sempre di più quali segnali siano i più efficaci e utili per la salute dell’organismo, per trasportare in ambito clinico le conoscenze sperimentali.

Questo non significa che tutti debbano seguire questo tipo di protocollo, ma che la sua conoscenza rappresenta un possibile strumento efficace e innovativo da applicare oggi in tutti i pazienti in cui serva accentuazione dell’effetto lipolitico.

Non si tratta di una nuova dieta ma della comprensione dei segnali che possono caratterizzare la miglior dieta individuale possibile, in modo che si possa mangiare abbinando gusto, piacere, soddisfazione e dimagrimento al tempo stesso.