Le intolleranze alimentari ingrassano

19 Aprile 2012
Le intolleranze alimentari ingrassano

L’infiammazione da cibo può provocare ingrassamento. La motivazione dell’aumento di peso dipende dalla visione evoluzionistica del rapporto con il cibo, come riportato nell’articolo del Corsera che ne parla.

L’infiammazione è un segnale di pericolo che genera una risposta organica in termini di accumulo di grasso anziché in consumo di energia. Come se l’organismo, per il pericolo, avesse paura di “morire di fame”.

Per anni si è parlato delle reazioni dovute alle intolleranze alimentari, termine compreso da tutti, ma scientificamente scorretto. Le conoscenze di oggi invece, ci consentono di parlare di infiammazione dovuta al cibo e di citochine infiammatorie che ne dipendono.

Questa definizione è corretta sul piano scientifico e rivoluzionaria sul piano pratico, perché alla identificazione della reazione immunitaria si affianca oggi la possibilità di misurare il livello di infiammazione, valutando citochine come BAFF e PAF e definire quindi una strategia personalizzata per il dimagrimento.

Eppure, nonostante questa evoluzione nella ricerca scientifica, ci sono persone che negano ancora la relazione tra infiammazione e metabolismo a dispetto dei molti lavori che chiariscono come la produzione di BAFF dovuta ad una reattività alimentare possa davvero provocare un indesiderato ingrassamento.

Resta poco comprensibile come molti dietologi ed “esperti” continuino a ripetere la stessa storia secondo cui una intolleranza alimentare può solo determinare diarrea e malassorbimento e quindi dare solo dimagrimento. Oggi sappiamo che non è vero.

Vallo infatti a spiegare alle persone che pur mangiando poco, o facendo tantissimo sport, si rendono conto di ingrassare perché qualcosa nel loro rapporto col cibo non funziona.

Per quelli che amano la scienza e la sua evoluzione, e per quelli che cercano di trovare soluzioni pratiche efficaci per i propri pazienti, le ultime ricerche sono davvero di grande aiuto.

Un gruppo di medici austriaci ha scoperto nel 2007 che l’infiammazione a basso grado (come quella tipica delle reazioni immunitarie) attiva dei macrofagi (cellule del sistema immunitario) che si trovano nel tessuto grasso, e che questi provocano tutte le reazioni necessarie perché l’organismo anziché consumare calorie e energia le accumuli sotto forma di grasso.

Il lavoro di Zeyda non è l’unico: sappiamo che Mitchell Lazar ha pubblicato fin dal 2004 su Science i lavori che spiegano perché i macrofagi possono produrre resistina, come semplice risposta all’infiammazione a basso grado e determinare così insulino resistenza e la risposta difensiva di accumulo di grasso nelle cellule adipose.

Nello stesso modo numerosi lavori hanno precisato che il BAFF, citochina profondamente legata alla infiammazione da cibo,determina direttamente dei fenomeni di insulino resistenza (Kim YH et al, Exp Mol Med. 2009 Mar 31;41(3):208-16. doi: 10.3858/emm.2009.41.3.024), creando finalmente il ponte tra infiammazione e ingrassamento, e stimolando poi la produzione di adipochine che determinano obesità (Hamada M et al, Obesity (Silver Spring). 2011 Oct;19(10):1915-22. doi: 10.1038/oby.2011.165. Epub 2011 Jun 23).

Un altro ricercatore Koreano, omonimo dell’appena segnalato Kim, ha confermato, nel 2013, che BAFF è un modulatore e regolatore delle adipochine e che questa molecola rappresenta il possibile mediatore tra adipociti e cellule infiammatorie (Kim MY et al, Exp Mol Med. 2013 Jan 10;45:e4. doi: 10.1038/emm.2013.4).

Studiando questo tipo di stimolo infiammatorio, i test per misurare l’infiammazione da cibo sono in grado di indicare la corretta alimentazione per favorire la perdita di massa grassa quando questa sia in eccesso.

E non basta: si sta scoprendo che il modo di mangiare, la presenza di cibi non tollerati e il rapporto tra carboidrati e proteine nei singoli pasti non provocano solo malattie infiammatorie croniche (ad esempio l’artrite reumatoide), ma anche dei cambiamenti dei nuclei delle cellule che portano a malattie come la steatosi epatica, le malattie cardiovascolari e altro ancora.

Lavorare sull’infiammazione da cibo infatti significa lavorare in modo profondo sulla salute e sulla prevenzione.

E allora perché i dietologi che sono sempre in televisione o sulle riviste più diffuse negano questi aspetti scientifici? Anche nei giorni scorsi, da “Salute Repubblica“, il dietologo di turno ha ribadito questo concetto, caso mai non lo avesse fatto anche solo poche settimane prima.

Un pensiero viene: sappiamo che in Italia le reazioni alimentari più diffuse sono per il lievito, il frumento/glutine e il latte. Ammetterlo metterebbe in profonda crisi il mercato delle merendine, dei biscotti e della pasta; mercati che probabilmente devono mantenere i loro attuali livelli…

L’aspetto più interessante dell’infiammazione da cibo è comunque che il tipo di ingrassamento che determina è spesso localizzato. Lieviti e sale danno frequentemente una tipica disposizione del grasso in eccesso sui fianchi e sulle gambe; il latte facilita l’ingrassamento addominale e delle spalle, e così via.

In molti casi le reazioni infiammatorie e metaboliche che determinano l’ingrassamento possono essere meglio controllate con l’aiuto di alcuni integratori naturali, che diventano in un certo senso dei dimagranti fisiologici.

Inoltre, per fortuna le reazioni alimentari guariscono. E possono anche guarire bene; in un recente intervento clinico, il lavoro fatto dal nostro team di lavoro assieme a Giulia, la ballerina di “Amici” che era stata estromessa dalla trasmissione per la sua forma fisica, ha portato Giulia a perdere in breve tempo i chili di troppo esattamente dove li aveva messi con una cattiva distribuzione del peso.

La attività fisica di Giulia era già intensa, ma il modo in cui mangiava e le intolleranze alimentari presenti determinavano quella azione ingrassante che così tante persone si ostinano a negare.

Giulia non era grassa, ma aveva una dominanza di peso sulla parte inferiore del corpo, e con i giusti principi alimentari, affiancati a scelte di controllo su sale e lievito (le reazioni alimentari identificate nel suo caso) Giulia ha ritrovato la sua forma e le sue fotografie valgono più di mille spiegazioni.

Nel nostro centro di Milano da anni seguiamo efficacemente le persone che vogliono perdere peso e recuperare la propria forma e il proprio benessere attraverso specifici percorsi terapeutici.