Chi va col cicciottone impara a cicciottar…

31 Luglio 2007
Chi va col cicciottone impara a cicciottar...

La rivoluzionaria scoperta, pubblicata sull’ultimo numero del New England Journal of Medicine, porta a riflessioni di notevole importanza sociale per quanto riguarda l’epidemia di obesità che sta colpendo il mondo occidentale.

Dalla analisi dei dati scientifici emerge infatti, in modo estremamente convincente, che l’obesità è legata a una diffusione che segue i legami sociali piuttosto che quelli geografici.

In parole povere significa che se in una famiglia ci sono degli obesi, mentre i vicini di casa con cui non ci sono troppi rapporti non subiscono alcuna influenza, i parenti più stretti e gli amici più intimi (soprattutto se dello stesso sesso) hanno una probabilità statistica decisamente molto elevata di diventare essi stessi obesi.

Il lavoro originale (Christakis  NA et al, N Engl J Med 2007 Jul 26;357(4):370-9. Epub 2007 Jul 25) trae la sua origine dai dati del Gruppo Framingham, uno dei più importanti lavori epidemiologici mai fatti, grazie al quale sono state seguite per 32 anni più di 12.000 persone, cercando di capirne abitudini, comportamenti e tendenza alla malattia. Il lavoro originario è stato uno dei capisaldi della evoluzione della ricerca cardiologica mondiale, ma la utilizzazione dei suoi dati, attraverso chiavi di lettura diverse, sta consentendo di capire fenomeni di estrema importanza.

La possibilità per una persona qualsiasi di diventare obesa cresce del 57% se tra i suoi amici stretti ci sono degli obesi. Anche marito e moglie si influenzano reciprocamente e se una moglie ingrassa, la probabilità che lo faccia anche il marito (o viceversa) cresce del 40%. Persone geograficamente vicine, ma non legate da amicizia o relazioni, non hanno invece nessun tipo di variazione rispetto alla media.

Il “gruppo di amici” orienta quindi le convinzioni sociali e la accettabilità del proprio corpo secondo standard diversi da quelli originari. Questa realtà ci consente di capire una serie di fatti fino ad oggi apparentemente poco chiari alla maggioranza delle persone:

  • L’atteggiamento psichico può interferire sullo sviluppo di obesità.
  • Gli esempi che provengono dalla pubblicità e dai simboli di riferimento possono essere di importanza estrema sia per determinare obesità che comportamenti alimentari disturbati.
  • Variazioni di peso di interi gruppi sociali o di intere popolazioni (pensiamo alle “veneri callipigie” della antichità) possono essere legati a schemi di identificazione sociale di gruppo.
  • L’esempio dei genitori, a partire dalle consuetudini più banali come mangiare la frutta e la verdura o fare sport, è determinante per lo sviluppo dei figli.

Il “gruppo di amici” orienta anche il modo con cui si fa (o non si fa) la prima colazione, con cui si mangia fuori pasto e il tipo di snack, di gelato o di pizza che viene consumato “a merenda”.

Insomma, una volta chiaro che l’appartenenza ad un gruppo apre gradualmente al cambiamento della propria rappresentazione corporea, e alla accettazione di standard di riferimento immaginario differenti, sappiamo che la resa concreta di questo cambio ideale passa attraverso meccanismi metabolici come la riduzione della attività sportiva e la scelta di certi tipi di carboidrati o dalla utilizzazione di zuccheri semplici nella dieta.

Il risultato non cambia, ma ci deve fare meditare sulla necessità di orientare molto bene alcune comunicazioni sociali.

Alcune industrie alimentari hanno sicuramente sulle proprie spalle una forte responsabilità nel determinare questi cambiamenti e diventano potenzialmente corresponsabili della crescita delle malattie degenerative attualmente più diffuse.

La soluzione, come al solito, potrebbe dipendere dalla varietà di stimoli mentali. Oltre che frequentare amici paffuti diventa utile fare sport anche con amici “in forma”. L’iscrizione a due “club” diversi sembrerebbe quindi necessaria per bilanciare salute ed amicizia.