Legami sempre più profondi tra disturbi del comportamento alimentare, infiammazione e malattie autoimmuni

15 Gennaio 2018
Legami sempre più profondi tra disturbi del comportamento alimentare, infiammazione e malattie autoimmuni

C’è uno stretto legame tra malattie infiammatorie, immunità e disturbi del comportamento alimentare.

Uno studio danese pubblicato su Pediatrics alla fine del 2017 segnala che la relazione tra infiammazione e disturbi alimentari (come anoressia, bulimia, binge eating) può essere evidenziata in entrambe le direzioni.

Le anomalie immunitarie e infiammatorie possono aumentare il rischio di sviluppare disturbi alimentari, così come chi è affetto da disturbi alimentari presenterebbe un rischio aumentato di ammalarsi di una malattia autoimmune (dalla tiroidite di Hashimoto alla malattia di Crohn) (Zenwas S et al, Pediatrics. 2017 Dec;140(6). pii: e20162089. doi: 10.1542/peds.2016-2089. Epub 2017 Nov 9).

Lo studio è stato condotto su quasi un milione di giovani nati in Danimarca tra il 1989 e il 2006 e seguiti fino al 2012. Una malattia autoimmune o autoinfiammatoria è stata diagnosticata in 25.984 soggetti (2,7% dei ragazzi) e questo sottogruppo, rispetto alla popolazione normale di riferimento, ha avuto anche un rischio aumentato di contrarre Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA).

  • 36% in più per anoressia nervosa (AN),
  • 73% in più per bulimia nervosa (BN),
  • 72% in più per disturbi alimentari non altrimenti specificati.

Quando la malattia autoimmune coinvolgeva anche il sistema gastrointestinale (ad esempio con malattia di Crohn, celiachia, colite ulcerosa), il rischio di sviluppare questi disturbi alimentari era ancora più elevato, rispettivamente con:

  • 74% in più di anoressia nervosa,
  • 148% in più di altri disturbi alimentari.

La relazione è stata verificata anche in direzione opposta, perché i soggetti che manifestavano anoressia nervosa o altri disturbi del comportamento alimentare hanno evidenziato un significativo incremento di malattie autoimmuni o autoinfiammatorie, molto probabilmente a causa delle scelte ripetitive di assunzione alimentare presenti in molti DCA.

Il disturbo del comportamento alimentare ha profonde motivazioni psichiche, ma si sta scoprendo che esiste anche una causa metabolica e immunologica su cui è possibile agire.

Si tratta di risultati che confermano la profonda relazione tra infiammazione e cibo e che ripropongono l’esistenza di una profonda relazione tra gli aspetti infiammatori, energetici e immunologici dell’organismo umano. Tema su cui da anni il nostro gruppo si è  mosso, anticipando in molti casi i risultati delle ricerche attuali. 

Questa associazione non vuol dire che “per forza” chi ha un DCA svilupperà una malattia autoimmune, né all’inverso che chi ha una malattia autoimmune svilupperà DCA, ma che molto probabilmente alla base delle due manifestazioni ci sono dei meccanismi comuni e condivisi, quale quello della infiammazione correlata al cibo.

Il BAFF è sicuramente un induttore di autoimmunità, come dimostrato da Steri sul NEJM ed è considerato causa di tiroidite di Hashimoto (come dimostrato dal gruppo di Beck-Pecoz nel 2015). Sappiamo però che BAFF è una delle citochine che si innalzano in rapporto alla ripetuta introduzione di alimenti. Questo rimette in connessione cibo, infiammazione e patologie immunitarie.

L’altro aspetto che può spiegare questa correlazione identificata dai ricercatori danesi dipende dalla induzione di resistenza insulinica provocata dal BAFF, che interferisce quindi con il metabolismo degli zuccheri e con la utilizzazione di energia, tutte condizioni frequentemente alterate nelle persone con disturbi del comportamento alimentare.  

Capire questa relazione consente di sfruttarne gli aspetti positivi; significa che quando si sospetta o si conferma la presenza di entrambi i fenomeni (patologia infiammatoria immunologica o disturbo alimentare) si possono mettere subito in atto delle scelte comportamentali e alimentari che fermino il possibile aggravamento, studiando i livelli di citochine infiammatorie e seguendo le impostazioni alimentari che contribuiscono a regolare la sensibilità insulinica.

Quindi le cose da fare in pratica, per integrare positivamente ciò che il medico o il terapeuta deciderà di fare, sono:

In una intervista ripresa da Reuters Health, una delle autrici del lavoro, la dottoressa Cynthia Bulik ha detto: «Capire il ruolo che riveste un’alterazione del sistema immunitario nell’eziologia e nella patogenesi dei disturbi alimentari, potrebbe consentire di individuare nuovi bersagli di trattamento per entrambi i tipi di malattia».

Si tratta di una scoperta importante che porterà in poco tempo verso la ricerca di condizioni chimiche e funzionali nuove, che già oggi giustificano la comparsa di disturbi comportamentali una volta considerati solo psichici.  

Valutare ad esempio il livello di BAFF, di PAF e di TNF-alfa nei DCA, consentirà, in caso di valori infiammatori molto elevati, di impostare fin da subito una terapia di sostegno che lavori sull’infiammazione e sul metabolismo e non solo sulla parte emozionale.