Vegetariano sano e vegetariano malato

26 Ottobre 2025
Vegetariano sano e vegetariano malato

Una ricerca pubblicata sull’organo ufficiale della National Kidney Foundation ci dà l’occasione per ribadire che l’unica dieta che funzioni, in qualsiasi situazione clinica, è una dieta che porti il nome di chi la segue, che cioè identifichi i bisogni concreti e le diversità di ciascuno per dare una vera personalizzazione dei suggerimenti nutrizionali.

Dietro alle sigle spesso si nascondono omologazioni pericolose che non consentono di identificare le diverse necessità di ogni persona.

Se è diffusa la convinzione che una dieta vegetariana sia di beneficio a numerose malattie, quando si entra nel dettaglio e si analizza la qualità dell’introito alimentare, si evidenzia che l’alimentazione vegetariana è salutare se segue alcuni principi (applicabili anche alle diete onnivore) mentre la sola “eliminazione dei derivati animali” se affiancata a abitudini sì vegetariane ma non salutari porta ad un peggioramento di tutti gli indici di malattia. 

In questa ricerca, effettuata su soggetti vegetariani con insufficienza renale, si è visto che alimenti come cereali integrali e frutta e verdura fresca si correlavano a miglioramenti della condizione renale mentre l’uso di succhi di frutta, bevande zuccherate e cereali raffinati si associava a peggioramenti della insufficuenza renale e all’aumento della mortalità da tutte le cause.

Una dieta vegetariana può essere sana o malata, esattamente come una dieta onnivora. La dieta utile è quella personalizzata secondo i bisogni individuali e non quella che deriva da una etichetta, qualunque essa sia.

Eppure si parla di vegetarianesimo per entrambi i gruppi di persone. Significa che non è “l’etichetta” che fa la differenza, ma il rispetto di alcune caratteristiche generali collegate al benessere individuale che sono in parte misurabili.

Basta pensare a come possa nutrirsi male un vegetariano o un vegano (e anche un onnivoro) che utilizzi prodotti ultraraffinati o ultraprocessati (UPF). Tema cui Eurosalus ha dedicato numerosi articoli nel rispetto delle ricerche più recenti . 

E sempre parlando di convinzioni difficili da scalzare, per quanto riguarda la quantità di proteine da utilizzare in persone con insufficienza renale, una bellissima ricerca pubblicata nell’agosto 2024 su JAMA network effettuata su persone con insufficienza renale lieve o moderata ha valutato la sopravvivenza in relazione al livello di proteine utilizzate nella alimentazione quotidiana. 

Rispetto alla “norma” che prevede per ogni giornata alimentare, secondo l’OMS e tutte le società scientifiche, almeno 0,83 grammi di proteine per chilo di peso corporeo, chi ne ha mangiate di più ha avuto progressivamente una migliore sopravvivenza alla malattia e un rischio di mortalità ridotto con elevata significatività statistica. I dati cioè sono solidi e ben documentati. 

Assumendo 1 g di proteine per chilo di peso corporeo al giorno (quindi più degli 0,83 suggeriti) la mortalità da insufficienza renale scendeva del 12%. Quando le proteine diventavano 1,20 g per chilo di peso la mortalità scendeva del 21% e quando diventavano 1,40 (quasi il doppio di quello che si considera “normale”) la mortalità scendeva del 27%.

Tutto questo avveniva in modo identico sia per le proteine animali sia per quelle vegetali.

In questo caso è utile proporre subito un esempio pratico (ripreso dall’articolo di Eurosalus “Quante proteine nella insufficienza renale? Mangiarne di più fa molto meglio che ridurle”), perché spesso le persone pensano che mangiando una fettina di pollo da 80 g si mangino 80 g di proteine. Non è vero perché le proteine in 80 g di pollo sono solo 20-22 g….

Questo esempio rimane solo una traccia di una possibile distribuzione giornaliera: una persona “over 65” del peso di 70 chili dovrebbe mangiare ogni giorno circa 84 grammi di proteine così distribuite:

  • Prima colazione: 1 fetta sostanziosa di pane integrale (6 g), 2 uova (12 g), uno yogurt medio (8 g), 10 noci (8 g) per un totale di 34 g di proteine.
  • Pranzo: 1 petto di pollo da 100 g (25 g), 1 fetta di pane integrale (6 g) per un totale di 31 g di proteine.
  • Cena: 30 grammi di mandorle (8 g), 30 g di formaggio grana (10 g) per un totale di 18 g di proteine.

Questo porta ad un totale di 83 grammi di proteine nel complesso della giornata, distribuito in modo congruo con le indicazioni della Harvard Medical School, dando maggiore valore alla prima colazione e riducendo un po’ la quantità complessiva dei pasti andando progressivamente verso la sera.

È ovvio che questa indicazione va orientata sui gusti di ciascuno e modulata anche nel rispetto del proprio profilo alimentare, e nel rispetto di scelte vegetariane o vegane integrando i carboidrati e i grassi necessari a completare i tre differenti pasti. 

Se si pensa che in media gli italiani mangiano una quantità giornaliera di proteine molto inferiore a quella richiesta e che sopra i 65 anni la quantità dovrebbe diventare 1,2 g per chilo di peso si può capire quanto sia sbagliata la “convinzione diffusa” che gli italiani mangino troppe proteine e che se ne debbano mangiare meno.

Un eccesso di proteine può fare male, certo, ma non mangiare nemmeno quelle giuste può fare ancora peggio.