Noci, mandorle e nocciole. Riducono non solo l’Alzheimer ma anche la disabilità
Riuscire a vivere più a lungo, mantenendo viva la memoria e la propria mobilità articolare è uno degli obiettivi per cui quasi ogni anziano “metterebbe la firma” in anticipo se ce ne fosse la garanzia.
Un lavoro effettuato su quasi 10.000 donne e uomini australiani di almeno 70 anni di età, e pubblicato nel novembre 2024 su Age and Ageing, ha documentato che l’utilizzo di semi oleosi nella propria alimentazione (noci in particolare, ma anche mandorle e nocciole) ha aumentato del 30% la probabilità di mantenere quei tre obiettivi rispetto a chi non ne mangia.
Si tratta di tre effetti che supportano la capacità di continuare a vivere in modo indipendente e soddisfacente anche in età avanzata.
Ci fa piacere ricordare che già nel 2013 Eurosalus descriveva questi effetti citando i lavori che anticipavano gli effetti delle noci sul declino cognitivo.
Oggi sappiamo quanto sia rilevante il controllo della glcazione per prevenire l’Alzheimer ma integrare un controllo personalizzato degli zuccheri con l’assunzione di qualche noce in più può portare a risultati talvolta sorprendenti.
Infatti, una semplice noce e qualche seme oleoso sono integratori naturali che possono arrestare il declino cognitivo e aiutare a prevenire l’Alzheimer e la demenza senile. L’importante è che siano al naturale, cioè non siano tostati o salati, procedimento che altera profondamente la ricchezza vegetale dei semi oleosi.
Uno studio pubblicato su Neurochemical Research ha definito l’importanza di semi oleosi, noci, frutta e verdura nella prevenzione delle malattie degenerative, tra cui anche il Parkinson. Per le noci in particolare si è visto che questo fantastico gheriglio è in grado di rallentare e a volte anche di opporsi alla progressione della malattia di Alzheimer (Essa MM et al, Neurochem Res. 2012 Sep;37(9):1829-42. doi: 10.1007/s11064-012-0799-9. Epub 2012 May 22).
L’azione contro l’Alzheimer sembra sia dovuta specificamente ad una azione di segnale intercellulare e contemporaneamente di controllo dell’infiammazione; tema che spiega ad esempio l’azione protettiva anche di sostanze come l’olio di pesce, la vitamina D3 o l’Olio di Perilla.
Un lavoro precedente, pubblicato sul British Journal of Nutrition, segnalava che l’effetto protettivo sulla demenza non è legato al generico aumento nell’uso di frutta e verdura, ma proprio all’impiego di semi oleosi (noci in particolare), cavolo e radici (Nooyens AC et al, Br J Nutr. 2011 Sep;106(5):752-61. doi: 10.1017/S0007114511001024. Epub 2011 Apr 11).
Sarà forse per la forma dei gherigli che ricorda gli emisferi cerebrali ma è indubbio che le noci hanno un ruolo davvero rilevante nella prevenzione del declino cognitivo.
Scegliere le proprie prime colazioni e integrarle nel modo giusto può contribuire efficacemente al controllo della neurodegenerazione.
Uno dei risultati emersi dal lavoro australiano è che anche chi non mangiava in modo qualitativamente valido, otteneva comunque dei vantaggi clinici evidenti.
Probabilmente questo è dovuto all’aumento della quota proteica (i semi oleosi ne contengono una buona quantità) che porta a ridurre l’eccesso di glicazione quasi sempre presente nella malattie neurodegenerative.
Un gruppo di ricercatori statunitensi della Johns Hopkins University, ha infatti pubblicato nel 2023 su Diabetologia i risultati di una ricerca epidemiologica sulla relazione tra prediabete e sviluppo di demenza, di Alzheimer e di declino cognitivo, spiegando che il rischio di Alzheimer è molto elevato proprio quando una persona non pensa di avere il diabete.
Le persone che non sanno di andare verso il diabete con meno di 60 anni hanno un rischio del 200% più elevato di una persona normale. Tra i 60 e i 70 anni del 73% in più e tra i 70 e gli 80 del 23% in più.
Significa che intercettare il prediabete, proprio quando meno te lo aspetti, tra i 40 e i 50 anni, ad esempio, verificando i valori di glicazione e i picchi glicemici (test GEK Lab), rappresenta un’arma potentissima per migliorare la propria salute e vivere più a lungo, ma soprattutto mantenendo una buona memoria.
Il declino cognitivo dipende da molteplici fattori ma uno dei più importanti è sicuramente la presenza di livelli elevati di glicazione, cioè di eccesso di zucchero, fruttosio, alcol, dolcificanti e polioli che facilitano la creazione di grovigli neuronali e il deposito di beta-amiloide.
Sulle pagine di Eurosalus abbiamo già discusso a lungo degli effetti degli zuccheri nel declino cognitivo con l’articolo “Alzheimer, zucchero e AGEs. Quando si perde la memoria per i nomi” e l’articolo sul “Glicazione e neurodegenerazione. Misurare gli zuccheri per controllare l’Alzheimer”.
Una corretta impostazione nutrizionale può essere di fortissimo impatto nella prevenzione del declino cognitivo. Basti pensare che la pubblicazione nel marzo 2022 sul Journal of Alzheimer’s Disease di una ricerca effettuata da studiosi di differenti Università statunitensi ha dimostrato che la proteina Tau 181 (una di quelle attivate e fosforilate dal metilgliossale) è strettamente correlata alla deposizione di sostanza amiloide nel cervello, causa effettiva del declino cognitivo e della alterazione dei processi mnemonici.
Traducendo dal medichese all’italiano, chi mangia molti zuccheri (di tutti i tipi) produce metilgliossale, che fa produrre proteina Tau 181 che porta a deporre nel cervello la sostanza amiloide responsabile dell’Alzheimer. Quindi si può scegliere.
Controllare lo sviluppo di metilgliossale attraverso l’alimentazione contribuisce con forza alla prevenzione del declino cognitivo. Meno metilgliossale significa meno Tau 181, meno beta amiloide, meno grovigli neuroanli e meno Alzheimer. E con qualche noce in più diamo una mano a tutti a restre in forma più a lungo.