Glicazione ed effetti sulla salute. Importante azione di difesa dagli aminoacidi

7 Luglio 2025
Glicazione ed effetti sulla salute. Importante azione di difesa dagli aminoacidi

Su Eurosalus abbiamo spesso descritto la relazione esistente tra la glicazione e numerosi tipi di patologie e potremmo definire che sia, in un certo senso, trasversale.

Parliamo di declino cognitivo, Alzheimer, stanchezza immotivata, steatosi, dolori cronici, invecchiamento precoce, ansia e depressione, allergie e tante altre, oltre ovviamente di sovrappeso, obesità, diabete e carie dentale.

Parlo di “trasversalità” perché la glicazione non ha un effetto diretto sulla malattia ma si posiziona alla radice metabolica e infiammatoria di tutti questi disturboi e di tanti altri che solo apparentemente appaiono diversi e lontani tra loro. 

La stessa trasversalità si può comprendere grazie alla azione particolare di un aminoacido (la Glicina) che deve la molteplicità delle sue possibili azioni proprio al fatto di attivare la Gliossilasi, un enzima che riesce a riportare alla normalità le sostanze glicate e quindi gli effetti della glicazione.

Grazie alla azione naturale di alcuni aminoacidi sulla glicazione si aprono nuove strade e strategie terapeutiche per alcune delle malattie più diffuse.

Si pensi che anche per la metformina, un farmaco usato da molti anni nel diabete e nelle malattie metaboliche e neurologiche, si è scoperto solo da poco tempo la sua azione di riattivazione della Gliossilasi, che ne spiega in parte l’effetto. 

Uno dei lavori che mi ha stimolato una riflessione su questo aminoacido è stato pubblicato nel 2019 su Oxidative Medicine and Cellular Longevity. La ricerca ha definito l’azione della glicina come inibizione dei recettori delle sostanze glicanti (fenomeno che riesce ad esempio a fermare le crisi asmatiche) e poi a seguire di attivazione della gliossilasi.

Solo per citare un paio degli effetti dell’aminoacido, i recettori per la glicina, se attivati dalla sua presenza, sono ad esempio in grado di ridurre i fenomeni dolorosi di qualsiasi tipo (come pubblicato su Phamacological Reviews nel 2022) e, almeno in modelli animali, di prolungare la sopravvivenza vitale come pubblicato nel 2023 su Ageing Research Reviews.

Credo che l’azione protettiva sulla neurodegenerazione (come descritta sul Journal of Neuroinflammation nel 2020) sia una delle più interessanti da tenere in considerazione per gli sviluppi degli anni futuri.

Nel momento in cui questo aminoacido riattiva la gliossilasi e blocca i recettori delle sostanze glicanti (RAGEs) si pone al centro di una attenzione prossima per i suoi vasti possibili utilizzi. 

Medical Chemistry aveva presentato già nel 2017 una descrizione delle molteplici azioni di questo aminoacido, ma oggi riusciamo a capirne meglio la funzione polifattoriale alla luce della conoscenza dei meccanismi della glicazione nella salute umana. 

E anche se fin dal 2001 si era capito che ci fosse una relazione diretta tra lo sviluppo della malattia di Alzheimer e l’alimentazione, in particolare legata all’uso degli zuccheri e dei cereali raffinati, in quegli anni questa affermazione sembrava un’eresia perché i rapporti tra alimentazione e malattie sembravano relegato alle sole riviste femminili o al calendario di Frate Indovino

Anche nel 2008, quando Eurosalus ha pubblicato l’articolo “E se l’Alzheimer dipendesse da quello che mangiamo?” sono piovute numerose critiche legate alla supposta indeterminatezza delle valutazioni nutrizionali. 

È importante pensare che queste affermazioni sono state tacciate di “eresia” nonostante i lavori scientifici che lo dimostravano fossero stati pubblicati sul JAMA già nel 2001 (e parliamo di una delle 4 riviste mediche più autorevoli al mondo).

Oggi che il declino cognitivo è ben valutabile e che esistono  biomarcatori perfettamente misurabili ed a disposizione di tutti come il Metilgliossale, è stata ben documentata la relazione tra glicazione, metilgliossale, proteina Tau 181 e deposito di sostanza amiloide nel cervello di chi soffre di Alzheimer.

Significa, come spiegato nell’articolo “Alzheimer, declino cognitivo e metilgliossale”, che valutando i livelli di glicazione individuali, cioè quanti zuccheri o carboidrati semplici in eccesso sui propri bisogni vengono assunti ogni giorno, si può capire quale sia il proprio possibile destino e mettere in pratica poche ma semplici decisioni per ritornare verso la normalità. 

La conferma dell’importanza dell’alimentazione e della conoscenza della glicazione nella cura e nella prevenzione delle malattie neurodegenerative è arrivata soprattutto negli ultimi anni, anche se già da tempo, un numero elevato di ricercatori definiva la malattia di Alzheimer “Diabete di tipo 3”, evidenziando cioè il ruolo importantissimo degli zuccheri (di tutti gli zuccheri) nella sua comparsa e nella sua evoluzione. 

L’ultimo pezzettino del puzzle, però, è arrivato con la pubblicazione nel marzo 2022 sul Journal of Alzheimer’s Disease di una ricerca effettuata da studiosi di differenti Università statunitensi, che ha dimostrato che la proteina Tau 181 (una di quelle attivate e fosforilate dal metilgliossale) è strettamente correlata alla deposizione di sostanza amiloide nel cervello, causa effettiva del declino cognitivo e della alterazione dei processi mnemonici. 

In pratica, chi mangia un eccesso individuale di zuccheri (tra cui vanno compresi anche quelli nascosti e invisibili) e aumenta la quantità di metilgliossale (MGO) circolante nel proprio organismo, produce una delle sostanze più ossidanti esistenti nell’uomo, che a sua volta attiva la proteina Tau 181 che è un indice precoce della successiva deposizione di sostanza amiloide. 

La presenza di metilgliossale (misurabile oggi attraverso PerMè Medical Report e Glyco Medical Report di GEK Lab) è di fatto una sorta di segnale preliminare di un successivo deposito di amiloide e di sviluppo di Alzheimer.  

Scoprire che anche in natura si trovano sostanze in grado di aiutare il controllo della glicazione e quindi in grado di controllare almeno in parte gli effetti degli zuccheri è una piacevole scoperta che si affianca alla pratica terapeutica esistente, regalando uno strumento in più alle conoscenze acquisite in questi ultimi anni. 

Conoscere il proprio livello di metilgliossale e capire in anticipo se il proprio organismo ha elevati livelli di glicazione consente a ogni persona di attivare in tempo una giusta prevenzione della evoluzione verso la degenerazione neuronale e un numero rilevante di altre malattie mettendo in atto soluzioni alimentari semplici, individualizzate e percorribili senza assurde rinunce totali.

Un piccolo aminoacido come la glicina potrebbe aiutarci anche di più in questo percorso e dare una mano ulteriore alla possibile prevenzione e alla terapia integrata di questo tipo di malattie.