Calo ponderale e tiroidite. E se non fosse solo colpa della tiroide?

27 Maggio 2021
Calo ponderale e tiroidite. E se non fosse solo colpa della tiroide?

La tiroide è un organo dalla tipica forma a farfalla con le due “ali” ai lati della laringe.

La sua funzione è estremamente importante poiché è una ghiandola endocrina: produce gli ormoni tiroidei che rilascia nel circolo sanguigno. Questi regolano, fra le altre cose, il battito cardiaco, la temperatura corporea e soprattutto il metabolismo, ovvero la modalità con cui l’organismo utilizza e consuma le sostanze nutritive.

In caso di tiroidite, la tiroide può non funzionare correttamente e alla base potrebbe esserci uno stato infiammatorio persistente che dipende anche da una scorretta nutrizione.

Molte malattie autoimmuni sono infatti correlate ad un aumentato livello di infiammazione. Anche le tiroiditi, (tra cui anche quella di Hashimoto) dovute ad una alterazione della regolazione immunitaria, possono essere attivate dall’aumento di BAFF e al giorno d’oggi è noto che alla base di un aumento dello stesso vi è un’alimentazione scorretta.  

Pertanto, l’alterazione della regolazione del peso e il metabolismo più lento potrebbero essere correlati, tra le altre cose, ad abitudini alimentari che provocano la crescita del BAFF e non in maniera diretta all’alterazione della funzione tiroidea.

Da anni, nel centro SMA in cui lavoro, il BAFF e altre citochine infiammatorie (che mantengono e inducono patologie autoimmuni tra cui le tiroiditi) si riducono grazie a un’impostazione dietetica personalizzata studiando il proprio profilo alimentare personale.

La modifica di alcuni aspetti alimentari può modificare la condizione fisica di pazienti affetti da tiroiditi.

La messa in atto della dieta di rotazione (e non di eliminazione) contribuisce in maniera positiva nel miglioramento della condizione infiammatoria e può essere d’aiuto a fianco delle terapie tiroidee in atto, sia nel migliorare la condizione tiroidea, sia nel ridurre il peso corporeo.

L’eliminazione di certi cibi (ad esempio glutine e soia in caso di tiroide malfunzionante) non ha evidenza scientifica e porta più a danni che benefici. Una corretta impostazione alimentare prevede l’utilizzo di tutti gli alimenti in totale serenità, facendo delle piccole attenzioni settimanali.

E se fossero gli zuccheri ad alterare la funzionalità tiroidea e non viceversa?  

Gli studi più recenti hanno infatti mostrato che non solo una diagnosi confermata di diabete, ma anche una condizione di alterata glicemia a digiuno possono determinare un’alterazione dei livelli ormonali tiroidei e non il contrario.

Lo studio dei livelli di glicazione attraverso l’esecuzione del Glyco Test permette di valutare l’aspetto infiammatorio derivante da zuccheri.

Sappiamo infatti che gli zuccheri in eccesso o utilizzati in maniera sistematica, possono mantenere un aspetto infiammatorio.

Tra le altre cose, l’utilizzo quotidiano di zuccheri (in qualsiasi forma) contribuisce al mantenimento del peso corporeo, modificando in maniera negativa gli aspetti di massa grassa e massa magra (aumentando la prima e riducendo la seconda). Pertanto, in un soggetto con alterazione della funzionalità tiroidea è ancora più importante ridurre la sistematicità degli zuccheri semplici per riuscire a osservare un calo ponderale.

“È la dose che fa il veleno” fa proprio al caso nostro; il dolcetto occasionale è sempre concesso, ma quando diventa quotidiano inizia a diventare deleterio.

La modifica di alcuni aspetti alimentari può modificare la condizione fisica di pazienti affetti da tiroiditi.

È quello che è stato dimostrato in uno studio pubblicato di recente dove, sebbene non siano stati rilevati cambiamenti statisticamente significativi nella funzione tiroidea o negli anticorpi tiroidei, i risultati suggeriscono che l’aderenza a un piano alimentare adeguato può ridurre l’infiammazione sistemica e modulare il sistema immunitario, oltre ad avere effetti positivi sull’indice di massa corporea e riduzione della massa grassa.

L’assunzione di una giusta quota proteica giornaliera, il bilanciamento corretto del pasto (con giuste quote di carboidrati, proteine e fibre) e una corretta distribuzione dei pasti (con colazione da re e cena da povero) sono solo alcuni degli aspetti fondamentali per stimolare il metabolismo e migliorare la condizione corporea di quei soggetti affetti dai tiroiditi in cui il calo ponderale stenta ad arrivare. 

Iniziare la giornata con una buona prima colazione è ancora più importante quando si tratta di pazienti affetti da tiroiditi.

Infatti, la conseguente produzione di leptina a seguito di una buona prima colazione, oltre a permettere di godere di una buona sensazione di sazietà e di aumentare il metabolismo basale, ristabilisce l’equilibrio ormonale (gli ormoni tiroidei tendono infatti a diminuire in risposta a bassi livelli di leptina). La maggior sazietà permetterà all’organismo di non aver attacchi di fame (macchinette, snack e chi più ne ha più ne metta), che potranno incidere negativamente sull’obiettivo di calo ponderale.

In conclusione, sebbene sia sempre indispensabile un inquadramento diagnostico e terapeutico al fine di valutare ogni tipologia di condizione tiroidea, è possibile dapprima valutare se la fatica a perdere peso sia effettivamente derivante da un malfunzionamento della tiroide o da abitudini alimentari scorrette portate avanti da molti anni che oltre ad ostacolare il miglioramento della composizione corporea possono portare a un disequilibrio della stessa.