Malattie autoimmuni: quanto è importante l’alimentazione?

7 Maggio 2021
Malattie autoimmuni: quanto è importante l’alimentazione?

Oggi sappiamo che esiste una relazione stretta tra malattie autoimmuni e alimentazione.

Le scelte alimentari e lo stile di vita possono alterare il microbiota intestinale (i microrganismi che popolano l’intestino) e generare risposte infiammatorie che da semplice campanello d’allarme possono diventare patologie autoimmuni vere e proprie, come ad esempio il morbo di Crohn, la colite ulcerosa, l’artrite reumatoide o il lupus.

Il microbiota ha un legame stretto con il sistema immunitario, grazie all’azione combinata di due classi di microrganismi che lo compongono: i simbionti che utilizzano l’intestino per crescere e svilupparsi, producendo molecole fondamentali per il nostro benessere, come alcune vitamine (le vitamine K e B12 ad esempio), e sostanze antinfiammatorie che preservano la mucosa intestinale, partecipando inoltre ai processi digestivi; e poi ci sono i patobionti, batteri che in qualche modo preparano il sistema immunitario a difendersi e a combattere gli agenti patogeni.

Se gli equilibri tra le classi si alterano e aumentano le specie in grado di produrre sostanze proinfiammatorie, il sistema immunitario può andare in tilt.

Come ha ben spiegato il dottor Speciani in diversi suoi articoli, la presenza di autoanticorpi è favorita dalla produzione di BAFF (B-Cell Activating Factor), che è una delle citochine più importanti nella modulazione del sistema immunitario. Viene espressa principalmente dalle cellule B, ma è prodotta anche da cellule della mucosa intestinale quando il cibo reagisce con il sistema immunitario innato, causando infiammazione. Il BAFF, oltre ad avere una componente genetica di attivazione (rilevabile attraverso i test GEK Lab), dipende quindi anche da condizioni ambientali tra cui anche il tipo di alimentazione seguita. L’aumento di questa citochina determina uno stimolo sulle cellule B che può indurre e mantenere la maggior parte delle malattie autoimmuni.

In una review del 2020 pubblicata sulla rivista Nutrients è stato evidenziato come alcuni nutrienti, tra cui gli acidi grassi polinsaturi, presentino proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, svolgendo un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo di malattie autoimmuni (nel caso specifico l’artrite reumatoide), mentre altre, come un eccesso di sale e di carni rosse o processate, possano avere effetti negativi. Anche modelli dietetici come la dieta mediterranea, un adeguato apporto di vitamina D e l’eventuale integrazione con probiotici sembrano essere efficaci strumenti da affiancare ai protocolli terapeutici.

Quali sono quindi i consigli pratici che nella pratica clinica dello studio medico SMA di Milano forniamo ai pazienti per prevenire o migliorare il decorso nelle patologie autoimmuni?

Individuare il proprio profilo alimentare per impostare uno schema dietetico di rotazione specifico, mirato a ridurre l’infiammazione da cibo. L’obiettivo è ripristinare un equilibrio mantenendo una buona varietà alimentare senza alcun tipo di eliminazione ingiustificata.

Utilizzare con regolarità fonti di acidi grassi polinsaturi che presentano proprietà antinfiammatorie. Una manciata di noci mandorle, semi di girasole, chia, lino, canapa ecc. al giorno e tre porzioni di pesce alla settimana, soprattutto pesce azzurro e salmone (che tra le fonti animali sono più ricchi di omega 3), cotti a basse temperature per non alterare la qualità dei grassi, garantiscono una discreta presenza di acidi grassi buoni. Dove necessario si può valutare anche un’integrazione.

Utilizzare cereali integrali e legumi ricchi di fibre e sostanze nutritive utili all’organismo e ai batteri intestinali, come spiegato in un recente articolo pubblicato su eurosalus.

Ridurre il sale per condire, ma soprattutto quello nascosto presente nei prodotti confezionati come crackers, grissini, salse, dadi, affettati e formaggi stagionati. È importante preferire cibi freschi, verdura e frutta, utilizzare le spezie e le erbe aromatiche per insaporire ma soprattutto leggere le etichette per individuare e limitare i prodotti con un contenuto di sodio troppo elevato.

Limitare il consumo di zuccheri semplici più o meno nascosti e sostanze come alcol, polioli e similari, che possono causare fenomeni di glicazione delle proteine circolanti e determinare processi infiammatori. Conoscere il profilo di glicazione (evidenziabile con i test GEK Lab) e riequilibrare la gestione degli zuccheri in funzione di esso è certamente uno strumento di prevenzione importante.

Bilanciare i pasti secondo la regola del “piatto sano” dell’Harvard Medical School è un modo semplice per distribuire i macronutrienti in modo semplice e fornire i giusti micronutrienti e gli antiossidanti senza ossessione per le grammature.

Ridurre il consumo di carni rosse e soprattutto quelle processate (affettati). Meglio preferire le carni bianca che sono anche una discreta fonte di zinco, minerale coinvolto nella modulazione dei processi infiammatori e presente anche nel polpo, nelle alici ma anche nei vegetali come l’avena, le fave e i semi di canapa.

Valutare i livelli di vitamina D e integrarla nel caso fosse insufficiente. Il ruolo della vitamina D nella regolazione delle risposte del sistema immunitario è noto, pertanto è importante garantirne i giusti livelli per tutto l’anno. In ogni caso l’esposizione al sole con braccia e viso scoperti per 20-30 minuti al giorno rientra tra le raccomandazioni per tutta la popolazione.

Svolgere con regolarità un’attività fisica moderata. È importante perché nella giusta dose (né troppa né poca), riduce gli ormoni dello stress e le citochine infiammatorie e contribuisce a migliorare la composizione corporea favorendo la riduzione del grasso e dell’infiammazione ad esso associata e contrastando la perdita di massa magra che spesso si verifica nelle malattie autoimmuni

Costruire un’alimentazione variata e bilanciata nel suo insieme e volta a modulare l’infiammazione generale e a nutrire la flora batterica è fondamentale sia come fattore di prevenzione sia come parte integrante di una terapia farmacologica già in atto.

Bibliografia

  • Gioia C. et al. 2020. Dietary Habits and Nutrition in Rheumatoid Arthritis: Can Diet Influence Disease Development and Clinical Manifestations? Nutrients. Review.
  • Ortega E. 2016. The bioregulatory effect of exercise on the innate infiammatory response. J Psysiol biochem