Reattività a Oli cotti

Sinonimi: Ipersensibilità a Oli cotti
di Attilio Speciani - Allergologo e Immunologo Clinico

Oggi sappiamo su base scientifica che un alimento può indurre la produzione di citochine infiammatorie come BAFF (B Cell Activating Factor) o PAF (Platelet Activating Factor) e provocare tutti i sintomi infiammatori correlati al cibo.

Dopo avere misurato il livello di infiammazione correlata al cibo presente in una persona, è possibile dare le corrette indicazioni nutrizionali per portare la persona a riconquistare il proprio benessere riducendo i livelli infiammatori.

La tendenza comune è di eliminare dalla propria dieta l’alimento ritenuto colpevole dei disturbi fisici e di conseguenza sostituirlo con un altro, non realizzando che il paziente in questione potrebbe poi, in un prossimo futuro, sviluppare una sintomatologia simile verso il “nuovo” alimento, come documentato da Cai fin dal 2014

 Cause

Evidenze scientifiche (come le scoperte di Finkelman e Ligaarden) hanno spiegato che il problema non dipende dal singolo cibo, ma dal modo in cui gli alimenti reagiscono nell’organismo: non si tratta di una reazione specifica al singolo alimento, ma più specificamente va considerato il relativo eccesso di introduzione di un alimento o la sua ripetizione sistematica, anche se in piccola quantità. 

Le Immunoglobuline G (IgG) nei confronti di un alimento possono essere semplicemente il segno di una precedente attivazione immunologica nei confronti di quel cibo (Finkelman FD, “Anaphylaxis: lessons from mouse models”, J Allergy Clin Immunol. 2007 Sep;120(3):506-15; quiz 516-7).

Inoltre, chi mangia frequentemente gli stessi alimenti troverà che la causa dell’infiammazione da cibo dipende proprio da quei gruppi alimentari assunti in eccesso (Ligaarden S. et al., “IgG and IgG4 antibodies in subjects with irritable bowel syndrome: a case control study in the general population”, BMC gastroenterology 2012, DOI: 10.1186/1471-230X-12-166)

 Segnali

Parlando di disturbi digestivi e intestinali, per molti anni è stato difficile interpretare quali fossero le possibili cause delle malattie infiammatorie intestinali (IBD) (Bentz et al., Clinical relevance of IgG antibodies against food antigens in Crohn’s disease: a double-blind cross-over diet intervention study. Digestion. 2010;81(4):252-64. doi: 10.1159/000264649. Epub 2010 Jan 30), mentre una serie di studi scientifici ha poi analizzato l’impatto dietetico sulla variazione dei sintomi in patologie come il morbo di Crohn o la Colite ulcerativa, capendo che i segnali indotti dagli alimenti potevano essere la causa della malattia stessa. 

La buona notizia è che all’inverso, stimolando la riduzione degli antigeni alimentari presenti nella dieta si può riportare in equilibrio una malattia infiammatoria e immunologica. Questo vale ovviamente per il glutine o per il latte come per gli oli cotti di cui si parla in questo articolo. 

 Trattamento

Dopo avere effettuato un test Recaller o BioMarkers, per la misura dell’infiammazione e la identificazione del Profilo Alimentare personale, si potrà passare alla impostazione della dieta di rotazione più indicata.                                                     

Il trattamento per chi soffre di una particolare reattività verso il gruppo alimentare degli oli cotti riguarda principalmente la dieta e, in particolari casi, l’uso di enzimi adatti a migliorare i processi digestivi.

Sarà da seguire uno schema di dieta a rotazione (che riprende gli stessi principi dello svezzamento infantile) in cui sarà opportuno limitare solo nei giorni consentiti gli alimenti contenenti oli cotti (ed evitarli nei giorni di dieta “stretta”), lasciando spazio al consumo libero degli alimenti “vietati” in 7 pasti settimanali.

L’utilizzo concomitante di integratori specifici (a base di minerali, enzimi, estratti vegetali) può contribuire a favorire processi digestivi, alleviare situazioni infiammatorie e riportare equilibrio in diverse funzioni metaboliche.

Per anni il gruppo degli “Oli cotti” è stato accomunato al gruppo del “Nichel”.

Dal mese di agosto 2016, le schede che vengono utilizzate per i test Recaller e BioMarkers sono lievemente cambiate e finalmente, per chi abbia reazioni al Nichel, anche un po’ di olio buono messo nella pizza può essere usato senza timore.

Relativamente al Nichel sono stati descritti i falsi miti sulla reazione a questo metallo, dovuti alla scoperta che non è solo il contenuto di Nichel a generare reazione nell’organismo, ma la contemporanea presenza di contaminanti o di sostanze prodotte dalla cottura.

Ad esempio, il cacao è ricco di Nichel, ma un cioccolato di qualità, proveniente da coltivazioni naturali, ha effetti ridotti sull’organismo mentre un cacao che arrivi da terreni contaminati da cadmio e alluminio darà maggiori reazioni.

Noci, mandorle e nocciole, naturalmente ricche di Nichel, non sviluppano la loro azione se sono solo seccate, mentre la stimolano quando sono tostate e salate (roasted nuts). Si sta conquistando quindi la conoscenza di una reazione al Nichel molto più individualizzata e legata ad altre componenti piuttosto che non dovuta “solo” al contenuto di Nichel (che ricordiamo è infatti un costituente normale e naturale di ogni organismo umano).

La ricerca più recente ha consentito di meglio precisare il gruppo degli “oli cotti”. Una volta venivano descritti insieme al Nichel mentre ora rappresentano una sorta di gruppo a parte.

L’evidenza scientifica è emersa dall’approfondimento dei lavori di Soriano pubblicati su Clinical and Translational Allergy. Su numeri di pazienti sempre più elevati si evidenzia sul piano statistico un possibile gruppo alimentare di riferimento correlato agli oli cotti e non necessariamente al Nichel.

Si sa con certezza che la cottura di un olio modifica in modo variabile la struttura dei grassi che lo compongono. Questo vale sia quando l’olio è usato per friggere o anche solo per ungere lo strumento di cottura, sia quando l’olio o il grasso siano tra gli ingredienti del prodotto, industriale o casalingo che sia.

Quando quindi la reazione emersa dai test di infiammazione definisce la reattività agli oli cotti, dovranno essere controllati tutti gli oli utilizzati per la cottura, dalle poche gocce di olio messe in forno con la pizza all’olio usato nella preparazione dei biscotti.

La buona notizia è che per chi ha invece una evidenza di reattività solo per il Nichel, la possibilità di usare un olio casalingo e buono per cuocere qualche alimento diventa concreta e reale.

Un soffritto leggero fatto a casa propria (utile leggere l’articolo “Un soffritto per niente fritto“) come un po’ di olio buono usato nella preparazione di una frittata, di una pizza o usato per saltare delle verdure o per arrostire le patate, torna ad essere utilizzabile con serenità, consentendo così, anche a chi abbia problemi con il Nichel, una dieta più varia e libera.

La reazione al solo Nichel non prevede quindi più il controllo degli oli buoni usati per la cottura casalinga (su quella industriale i dubbi rimangono), mentre una reazione ai soli oli cotti non obbliga più il controllo dei cibi contenenti Nichel

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