Mancanza di sonno e aumento di peso

12 Giugno 2022
Mancanza di sonno e aumento di peso

Davvero si dimagrisce dormendo? 

Di certo col sonno non si consumano troppe calorie ma quando si dorme l’intero organismo riceve dei messaggi e dei segnali che favoriscono una più equilibrata gestione degli zuccheri e del metabolismo e che facilitano quindi il consumo di massa grassa.

Infatti capita a molte persone di riguardare le foto di precedenti vacanze e di vedersi tonici e belli, con i muscoli più in risalto e meno pancia, mentre la memoria non segnala differenze nell’attività fisica e segnala invece un possibile aumento nella assunzione di cibo.

Che è successo quindi? Che si è riposato di più, che si è potuto dormire meglio e più a lungo di quanto i ritmi di lavoro e di vita serrati consentano.

Su queste stesse pagine di Eurosalus c’è un articolo interessante della dottoressa Emiliana Tognon che spiega molto bene questi aspetti affrontandoli anche sul piano nutrizionale. L’articolo titola “Dormi meglio e resti in forma” ed è una bella sintesi su come sfruttare al meglio il riposo per migliorare la propria forma fisica. 

La relazione tra scarsità di sonno, glicazione e aumento di peso è certa e documentata. Dormire di più aiuta a dimagrire.

Per capire le basi scientifiche di questo processo è utile fare riferimento allo studio recentemente pubblicato sul Journal of American College of Cardiology

Secondo gli autori, riposare solo 4 o 5 ore per notte potrebbe addirittura rendere vano qualsiasi tipo di intervento alimentare. Significa che una dieta, pur correttamente impostata, potrebbe non dare alcun risultato in assenza del giusto riposo.

Questo avviene perché esiste una specie di orologio biologico anche all’interno del pancreas, in grado di recepire le alterazioni del ritmo sonno/veglia o delle oscillazioni tra luce e buio e di determinare risposte sul metabolismo, sulla regolazione degli zuccheri e sull’umore, come un gruppo di diabetologi spagnoli fin dal 2014 ha pubblicato su Trends in Molecular Medicine.

Le alterazioni di questi ritmi fisiologici del sonno possono provocare disturbi della regolazione della tiroide ed essere una importante concausa di disturbi neurologici e infiammatori come depressione, ischemia cardiaca, asma, artrite, obesità, ipertensione arteriosa e reazioni allergiche. 

La bella notizia è che uno studio multicentrico pubblicato su PLoS One ha dimostrato che trattando i disturbi del sonno, quando sono presenti in queste condizioni, si arriva a un notevole e simultaneo beneficio per tutte le patologie considerate.

Regolare il sonno migliora la sensibilità insulinica (o combatte la resistenza insulinica, che significa la stessa cosa) modificando molti degli aspetti collegati alla glicazione di cui si è avuta evidenza scientifica solo negli ultimi anni. 

Nel 2012, ricercatori dell’Università di Chicago avevano infatti confermato sperimentalmente e poi pubblicato sugli Archives of Internal Medicine che la resistenza insulinica cresceva in modo elevato e significativo nei soggetti che dormivano per 4 ore e mezza per notte anche per soli 4 giorni, rispetto a coloro che dormivano 8,5 ore per notte. 

Creare resistenza insulinica è una strada per ingrassare e per consentire lo sviluppo di molte malattie degenerative correlate con la glicazione e con lo squilibrio glicemico (dalla steatosi al diabete, al cancro, alla depressione).

Quindi, ogni persona con disturbi legati alla gestione degli zuccheri o con glicazione elevata, necessita una riflessione sulle proprie scelte di vita e di riequilibrio del sonno per mantenere il proprio stato di forma. 

Una notazione utile per chi combatte contro colesterolo e trigliceridi è che fin dall’aprile 2015 un gruppo di ricercatori californiani ha pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology and Metaboilism i risultati di un loro lavoro sul rapporto tra innalzamento dei trigliceridi e riduzione del sonno notturno, arrivando a definire un ulteriore passo avanti nella comprensione dei meccanismi che regolano resistenza insulinica, aumento dei trigliceridi, obesità e stress (Rao MN et al, J Clin Endocrinol Metab. 2015 Apr;100(4):1664-71) 

La novità di questo lavoro sta nell’aver definito un aumento della resistenza insulinica periferica, misurata attraverso una tecnica radioimmunologica, indipendente da una resistenza insulinica a livello del fegato.

Per questo quindi, nel lavoro si è potuto valutare in chi dormisse solo 4 ore per notte, un aumento degli ormoni dello stress (cortisolo e metanefrina) e un incremento degli acidi grassi non esterificati circolanti.

Questo è uno dei motivi per cui chi dorme poco può trovarsi con una aumentata resistenza insulinica e una tendenza all’obesità elevata e con un livello di trigliceridi a digiuno decisamente più alto della media.

Come in tutte le situazioni, non bisogna certo esagerare… Anche quando si parla di sonno e composizione corporea, la virtù sta nel mezzo. In particolare, a quanto ha evidenziato uno studio svedese, condotto su una popolazione di età compresa tra i 45 e i 75 anni, la composizione corporea media era migliore (quindi con più massa magra e meno massa grassa) in chi dormiva tra le 6 e le 7 ore per notte. Risultava invece un incremento statistico di grasso corporeo e una riduzione della massa magra in chi dormiva 5 ore o meno per notte e in chi ne dormiva più di 8.

Lo stesso tipo di conferma è arrivato anche dallo studio recentemente pubblicato sul Journal of American College of Cardiology e segnalato in apertura dell’articolo.

Si tratta di una ricerca condotta su soggetti sani e normopeso che per due settimane hanno dormito solo 4 ore a notte a fronte di un gruppo di controllo che ne dormiva almeno 9. 

Nel gruppo di persone che per due settimane ha dormito solo poche ore c’è stato un incremento ponderale di mezzo chilo di grasso, tutto localizzato sulla pancia. 

Il dato è preoccupante perché il protrarsi di questa abitudine per qualche mese potrebbe determinare un aumento importante della “pancia”, che a sua volta si traduce in un aumento statistico del rischio cardiovascolare.

L’attenzione deve essere alta anche per i molti “lavoratori notturni” (qui un bell’articolo di supporto per chi “fa i turni”) o per quelle persone che usano la notte per scrivere o studiare, sviluppando dei bisogni notturni quasi compulsivi di introdurre alimenti nel proprio organismo.

Questo aumenta la quantità di cibo introdotto con l’alimentazione e l’apporto calorico globale, ma soprattutto stimola la resistenza insulinica nel momento più sfavorevole per la attivazione del metabolismo degli zuccheri (la notte), favorendo la trasformazione in grasso del cibo introdotto, anziché la sua trasformazione in energia o in calore.

Capire i propri livelli di glicazione (Glyco Test) e mantenere una corretta attività fisica sono la compagnia più adatta alle scelte di vita che aiutino a regolare il sonno e a dormire quanto meno “il giusto”.