Il BAFF alla base di molte malattie autoimmuni: importanti conferme da una ricerca italiana

3 Maggio 2017
Il BAFF alla base di molte malattie autoimmuni: importanti conferme da una ricerca italiana

Un rapporto diretto tra i livelli di BAFF (che è una citochina infiammatoria che si sviluppa anche per una alimentazione scorretta) e la induzione e il mantenimento di alcune malattie autoimmuni era stato già ipotizzato nel recente passato.

La tiroidite di Hashimoto ad esempio è una delle malattie in cui BAFF può essere la causa diretta, che induce e mantiene la tiroidite e ne modula la sua intensità.

Molte ricerche sperimentali avevano già suggerito questa relazione su modelli animali, ma il 27 aprile 2017 è stata pubblicata sul New England Journal of Medicine (forse la più prestigiosa rivista medica mondiale) una ricerca effettuata sull’uomo che conferma in modo preciso questo rapporto, aprendo la strada a nuove prospettive di diagnosi e di terapia (Steri M. et al, N Engl J Med. 2017 Apr 27;376(17):1615-1626. doi: 10.1056/NEJMoa1610528). 

Si tratta di un lavoro scientifico internazionale, coordinato dall’Università di Sassari, che ha finalmente fatto convergere l’evidenza genetica e quella funzionale in modo preciso, definendo anche le modalità con cui certi tipi di mutazione del DNA possono esprimersi sul piano clinico.

Per chi studia da anni il BAFF e le sue relazioni con l'alimentazione nella induzione delle malattie autoimmuni, questa ricerca conferma la direzione in cui continuare a crescere.

In pratica significa che nella popolazione sarda (in cui queste due malattie sono molto frequenti) è stata fatta una analisi genetica per capire quali alterazioni dei cromosomi potessero facilitare lo sviluppo di malattie autoimmuni e si è fatto un confronto con la popolazione britannica, svedese e spagnola.

Inoltre sono state analizzate le citochine infiammatorie che sono l’effetto di queste variazioni genetiche e che diventano poi lo strumento effettivo di induzione della malattia nell’organismo; il BAFF (dall’inglese “B Cell Activating Factor“) è risultato essere l’elemento maggiormente coinvolto in questo processo. 

Gli effetti clinici di una variante genetica sono stati quindi verificati a livello di popolazione, a livello cellulare e a livello molecolare in uno studio realmente di grande significato scientifico che conferma l’importanza dello studio di questa proteina nella patologia umana.

Un po’ di orgoglio per il nostro gruppo (GEK e Eurosalus), che da anni studia il BAFF per i suoi rapporti diretti con l’infiammazione da cibo, è stato sicuramente sentito.

Poiché il BAFF (che è il fattore che stimola le cellule B a produrre anticorpi) è la sostanza che viene contrastata dal Belimumab, un anticorpo monoclonale usato per la terapia del Lupus (LES), si è cercato di capire quanto fosse importante questa sostanza anche in altre malattie autoimmuni come la Sclerosi Multipla (SM), cercando di capire se esistesse anche una specifica genetica in grado di condizionare lo sviluppo di queste malattie.

Il risultato è stato positivo e si è definita una ben determinata variante genetica che può spiegare lo sviluppo di entrambe queste malattie autoimmuni (LES e SM) ma anche di molte altre.

Molti organi di stampa hanno riportato questa importante notizia dando risalto all’aspetto genetico, come se si fosse trovato un “colpevole” di queste malattie nei cromosomi, ma l’aspetto più interessante è proprio la non completa dipendenza dell’aumento di BAFF dalla variante genetica. Infatti gli autori spiegano che la presenza del gene “alterato” può spiegare solo una percentuale di aumento del BAFF che va dal 24 al 27% del suo livello.

Quando nell’organismo umano ci sono dei livelli di regolazione così precisi, significa che quella regolazione è fondamentale per la vita dell’organismo.

Se da uno studio di questa portata emerge una così precisa definizione della regolazione genetica del BAFF, significa che si tratta di un meccanismo regolatorio basilare (come da anni noi spieghiamo) e che le sue variazioni sono di estrema importanza per la salute dell’essere umano. Un po’ come succede per il pH (l’acidità o l’alcalinità) dell’organismo che deve mantenersi in certi ambiti. Anche piccole variazioni determinano condizioni gravi.

La ricerca ha confrontato dati svedesi, britannici e spagnoli con i dati della Regione Sardegna, che vanta un primato europeo nella prevalenza di alcune malattie autoimmuni e va dato merito alla Università di Sassari che ha contribuito grandemente al completamento di questo lavoro. 

C’è quindi la conferma di una serie di punti importanti:

  • BAFF è legato alle malattie autoimmuni
  • La presenza di una particolare variante genetica può influire sulla evoluzione della malattia
  • La stessa variante genetica può modificare la risposta alla terapia
  • L’innalzamento del BAFF è dovuto anche ad altri fattori ambientali 
  • molte persone con un livello di BAFF elevato 10-12 anni prima dello studio hanno successivamente sviluppato malattie autoimmuni

Sono indicazioni di estremo interesse per la pratica medica attuale e futura che si inseriscono perfettamente nelle applicazioni cliniche e nei protocolli terapeutici del nostro gruppo, spaziando dalla artrite reumatoide alle connettiviti indifferenziate fino alle tiroiditi autoimmuni.

Grazie alle nostre ricerche sappiamo infatti che BAFF cresce nell’organismo anche in risposta allo stimolo alimentare ripetuto e che i Toll Like Receptors (TLR) che riconoscono le sostanze estranee (batteri, virus, alimenti) sono in grado di facilitare la produzione di BAFF in risposta al contatto con gli alimenti.

Le ricerche di Kang pubblicate sul Journal of Immunology nel 2016 lo hanno confermato.

In pratica

  • Abbiamo la conferma che BAFF, come altre citochine infiammatorie (PAF, TNF-alfa, IL6), possono essere gli indicatori (biomarkers) di specifiche malattie. 
  • La conoscenza del Profilo Alimentare individuale e dei livelli di infiammazione correlata al cibo consente di interferire efficacemente nella modifica delle citochine infiammatorie.
  • L’innalzamento del BAFF è dovuto in piccola parte alla componente genetica (dal 24 al 27%) e negli altri casi è legato alle interferenze del mondo esterno (come l’alimentazione).
  • Il controllo alimentare del BAFF può aiutare anche persone con variante genetica predisponente a ridurne gli effetti (come per la celiachia).
  • Cambi personalizzati dell’alimentazione e l’integrazione con specifiche sostanze (Perilla, Acetilcisteina, Quercetina, Inositolo eccetera) possono aiutare ogni persona a ritrovare un equilibrio corretto e a modulare non solo le patologie autoimmuni già in atto ma a prevenirle in modo efficace.

La possibilità di modificare i livelli di BAFF anche con l’alimentazione personalizzata, attraverso la conoscenza del livello infiammatorio e poi attraverso la valutazione delle IgG alimentari, resta una delle opzioni più potenti per affrontare finalmente in modo costruttivo ed efficace il tema dell’autoimmunità.