HIIT e Diabete di tipo 2
Il diabete di tipo 2 rappresenta una delle principali sfide sanitarie globali, con una crescita costante nei numeri e nelle complicanze, soprattutto cardiovascolari. In questo contesto, l’attività fisica svolge un ruolo fondamentale per la gestione della patologia, insieme alla dieta e alla terapia farmacologica.
Negli ultimi anni, l’High-Intensity Interval Training (HIIT), caratterizzato da esercizi di breve durata intensità elevata intervallati da periodi di recupero, ha attirato l’attenzione dei ricercatori in quanto possibile “acceleratore” di benefici metabolici in tempi brevi
A rafforzare l’idea che l’HIIT possa avere effetti positivi anche nel lungo periodo arriva una meta-analisi pubblicata nel 2024, che ha preso in esame 17 studi clinici randomizzati per un totale di 616 pazienti con diabete.
L’obiettivo era valutare l’efficacia del HIIT e dell’esercizio di resistenza nel migliorare l’emoglobina glicata (HbA1c), il parametro di riferimento per il controllo glicemico nel tempo. I dati hanno mostrato una riduzione significativa dell’HbA1c nei gruppi che praticavano HIIT e/o esercizi di forza rispetto all’esercizio aerobico continuo, con un effetto moderato ma clinicamente rilevante.
Alcuni studi hanno evidenziato anche un miglioramento della capacità cardiorespiratoria (VO₂max) e una lieve tendenza alla riduzione del colesterolo LDL.
Tuttavia, l’analisi ha messo in luce una certa eterogeneità tra gli studi, dovuta a differenze nei protocolli, nella durata e nei criteri di valutazione. Inoltre, la qualità metodologica non sempre era elevata.
Ciò che emerge dagli studi però è che l’HIIT può rappresentare un valido strumento per migliorare il controllo glicemico nei pazienti con diabete di tipo 2. È particolarmente indicato per coloro che hanno poco tempo a disposizione perché richiede sessioni più brevi rispetto all’esercizio moderato continuo, pur offrendo benefici uguali o superiori. Tuttavia, non è privo di criticità.
L’intensità elevata può rappresentare una barriera psicologica e fisica per i soggetti meno allenati o con altre comorbidità, che spesso sono presenti. Inoltre, il maggior senso di fatica potrebbe ridurre la motivazione nel tempo. Per questo motivo, l’introduzione del HIIT dovrebbe avvenire in modo graduale e sotto controllo del medico e di preparatori esperti, soprattutto nei pazienti con rischio cardiovascolare elevato o con altre patologie correlate.
Accanto al controllo glicemico, un aspetto sempre più studiato riguarda la variabilità della frequenza cardiaca (HRV), un indicatore della funzionalità del sistema nervoso autonomo, che nei pazienti con diabete tende a ridursi a causa della neuropatia autonomica cardiaca.
Una revisione sistematica e meta-analisi pubblicata nel 2021 su PLOS ONE ha preso in esame 21 studi con 523 pazienti, di cui 472 sottoposti a programmi di esercizio diversi (endurance, resistenza, endurance e resistenza insieme e HIIT). I risultati hanno mostrato che l’attività fisica migliora in maniera significativa diversi parametri di HRV, con effetti particolarmente evidenti per l’allenamento di tipo endurance. In particolare, si è osservato un incremento di indici legati all’attività parasimpatica e una riduzione di quelli associati a iperattività simpatico.
Questi miglioramenti indicano un riequilibrio dell’attività del sistema nervoso autonomo, con potenziali ricadute positive sul rischio cardiovascolare. È emerso inoltre che l’allenamento supervisionato garantisce benefici più consistenti rispetto a quello svolto in autonomia.
L’insieme delle evidenze scientifiche suggerisce che diverse modalità di esercizio, dall’HIIT all’endurance, possono contribuire in modi complementari a migliorare il profilo metabolico e cardiovascolare nei pazienti con diabete di tipo 2.
Se l’HIIT appare efficace soprattutto sul controllo glicemico e sulla capacità cardiorespiratoria, l’endurance mostra un impatto importante sulla regolazione autonoma del cuore.
In ogni caso, la sostenibilità nel tempo rimane il fattore decisivo. Qualunque percorso motorio deve essere personalizzato e adattato alle condizioni cliniche, alle preferenze e alle possibilità individuali. Solo così l’attività fisica può diventare una vera e propria terapia integrata nella vita quotidiana del paziente con diabete migliorandone sia i parametri metabolici che la qualità della vita.