Gli antibiotici più usati provocano subito resistenze batteriche pericolose

22 Ottobre 2007
Gli antibiotici più usati provocano subito resistenze batteriche pericolose

Gli antibiotici possono essere delle armi fondamentali per la terapia umana. Ma guardando anche solo i titoli degli articoli correlati si capisce anche quali possano essere i rischi dell’uso improprio di queste sostanze.

Addentrandoci negli articoli segnalati potremmo capire perchè dagli antibiotici possiamo aspettarci molto, solo se vengono usati nel momento del bisogno vero e non come prassi. Quando ci si dimentica che l’organismo umano ha delle risorse che vanno utilizzate, e che l’uso degli antibiotici impedisce all’organismo di “allenarsi” alla lotta antibatterica, si possono spesso ottenere dei danni anziché dei benefici.

Ora siamo in prossimità della stagione peggiore per quanto riguarda le malattie respiratorie, e la prescrizione di sostanze antibatteriche rischia di diventare, nelle prossime settimane, uno schema usuale anzichè una scelta razionale.

Noi cerchiamo di spiegare ai lettori di Eurosalsus che esistono dei mezzi alternativi per trattare numerose infezioni. I mezzi per affrontare questi prossimi malanni di stagione sono richiamati spesso e pubblicati con evidenza. Ove possibile, evitiamo di usare antibiotici per abitudine (propria o del medico curante), soprattutto se si tratta di macrolidi, riconosciuti responsabili di provocare molto facilmente resistenze batteriche.

Una ricerca pubblicata su Lancet (Malhotra-Kumar S et al, 2007 Feb 10;369(9560):482-90) ha evidenziato che trattando dei soggetti sani, volontari, con azitromicina o con claritromicina, la percentuale di streptococchi resistenti ai macrolidi presenti nel cavo orale dei volontari al 14° giorno dalla somministrazione, salì dal 26% all’86% nel gruppo trattato con azitromicina, e dal 30% all’82% nel gruppo della claritromicina.

Dopo avere preso l’antibiotico previsto (per 3 giorni o per 7 giorni per i due diversi prodotti), la percentuale di batteri resistenti su quelli totali venne saggiata al 14° giorno (come già detto) e fino a 6 mesi dopo. Anche dopo 6 mesi, la percentuale di batteri resistenti era rimasta comunque del 40% e del 46%, cioè un valore decisamente elevato, in una situazione di notevole lontananza dal momento della assunzione del farmaco.

La resistenza batterica non è un problema strettamente individuale. Sta trasformandosi in un problema sociale grave e di difficile soluzione, che obbligherà tutti a pensare a forme naturali di trattamento per salvaguardare l’azione di questi farmaci nei rari momenti di bisogno vero.

Noi, a beneficio di tutti, lo stiamo facendo in anticipo.