Olio: crudo da mangiare e cotto da evitare

22 Giugno 2015
Olio: crudo da mangiare e cotto da evitare

Olio. Grasso. Nove chilocalorie il grammo. Tutto sulle cosce. Per la maggior parte delle persone, ciò che si pensa in associazione con “olio” e “grasso” è esattamente questo: un sacco di calorie, di solito molto gustose, ma tremende per la linea.

In realtà, su cosa faccia bene e male di olii e grassi c’è davvero tanta confusione.

Chi chiude ogni tipo di grasso in fondo alla dispensa (o in cantina) per evitare tentazioni probabilmente non sa che usato in maniera sensata l’olio produce un sacco di benefici sia per la salute che per la gestione della “fobia da specchio”.

Distinguiamo subito due tipi di grasso: quello saturo e quello insaturo.

Il grasso saturo è stato correlato con il rischio cardiovascolare, alcuni tipi di cancro e con la sindrome metabolica (che è uno dei fattori di rischio peggiori per qualsiasi tipo di patologia alternativa).

Tali rischi crescono solitamente con la lunghezza delle catene di carbonio che costituiscono la molecola. I grassi saturi del burro (e del latte vaccino) sono i più corti, seguiti da quelli dell’olio di cocco e, con un bel po’ più di distacco, da tutti gli altri (grasso animale, olio di palma…).

Il grasso insaturo ha delle caratteristiche totalmente diverse. Il nome insaturo viene dal fatto che gli atomi di carbonio che compongono la molecola di grasso abbiano attorno a sé meno atomi d’idrogeno di quelli che potrebbero avere. In qualche modo, questa “insignificante” caratteristica fa sì che il grasso insaturo protegga dagli eventi trombotici, dalla malattia cardiovascolare e dal cancro, riducendo, già che ci siamo, anche il rischio di andare incontro a sindrome metabolica.

I grassi insaturi fanno, cioè, il contrario dei loro cugini saturi. È probabilmente per questo che l’aumento dei rischi connessi con l’assunzione dei grassi saturi non si evidenzia quando questi ultimi siano associati, tra le altre cose, all’uso di olii più sani.

La classe “olii più sani” o “grassi più sani” comprende, tendenzialmente, tutti i grassi vegetali, con l’esclusione, ad esempio, di palma e cocco (che contengono per lo più grassi saturi) e dei vegetali idrogenati (come la margarina).

Gli oli più ricchi di grassi insaturi, quelli che fanno meglio, sono l’olio di lino, di semi di canapa, di girasole, di ribes nero, di perilla. Altri alimenti che ne contengono in buona quantità sono i frutti a guscio, il pesce e i semi oleosi.

I migliori insaturi in assoluto sono i polinsaturi, tra i quali Omega-3 e Omega-6 vincono il premio qualità. Anche questi ultimi sono contenuti negli alimenti e negli oli appena citati.

All’interno di quest’oasi felice che sono i grassi insaturi, un’altra categoria s’innalza dalle tenebre: sono i temibili grassi trans. Il nome di questi grassi viene dalla posizione degli atomi d’idrogeno rispetto al legame tra due carbonii: uno da una parte, l’altro dall’altra.

Non si capisce bene il perché, ma questi grassi fanno addirittura peggio dei saturi, creando un marasma di effetti metabolici rischiosi per la salute.

Due sono i meccanismi attraverso cui queste temibili molecole sono create: il tentativo d’idrogenazione dei buoni insaturi (nella produzione dei celebri “grassi vegetali idrogenati”), e la cottura degli stessi.

Ecco che si spiega tutto: i grassi possono essere buoni amici o temibili volta faccia.

I grassi insaturi fanno bene, talmente bene da ridurre anche gli effetti collaterali dei grassi saturi con i quali sono assunti. La loro promessa felice contiene questa clausola: per essere buoni, devono essere consumati crudi e mai e poi mai lasciati ad alte temperature.

Alcuni grassi soffrono la cottura più di altri e solitamente per tale uso si consiglia di scegliere l’olio extravergine di oliva, che contiene una gran quantità di antiossidanti, oppure l’olio di arachidi, che si modifica un po’ meno degli altri al caldo della padella, del forno o di quello che preferite.

Altri trucchi per far sì che i grassi non si modifichino diventando cattivi sono l’aggiunta di spezie come la cannella, che probabilmente aumentano le difese anti-ossidanti dell’olio, o di acqua, che tiene più bassa la temperatura complessiva e le conseguenti alterazioni del preparato.

Dell’olio di palma, in particolare, negli ultimi tempi si è detto molto ed è senz’altro vero che c’è di peggio: è meglio l’olio di palma, in parte saturo, dei “vegetali idrogenati” ricchi dei malefici trans.

È vero d’altra parte che anche i grassi saturi si modificano con la cottura e che esistono grassi migliori, anche saturi, da utilizzare.

L’olio di palma, come tante altre cose, non uccide, quando usato in maniera sana, in un contesto positivo, una volta ogni tanto. Lo stesso vale, per il burro, lo zucchero, l’alcol: è il modo in cui sono usati a fare la differenza.

La notizia buona per le cosce? I grassi buoni aiutano a ridurre l’infiammazione e, così, anche grasso superfluo, gonfiori e cellulite.