La tolleranza

6 Aprile 2008
La tolleranza

Una delle condizioni indispensabili all’esistenza di ogni essere vivente è la tolleranza immunitaria. Infatti fin dalla vita fetale il sistema immunitario impara a non danneggiare le cellule che appartengono all’essere umano in formazione e, in alcuni rari casi, ad accettarne altre che pur non appartenendo al proprio mondo non provocano particolari danni.

In altri termini le cellule del sistema immunitario sono pronte ad aggredire qualunque cosa che sia diversa da loro, ma nella vita fetale invece imparano a “sopportare” o meglio “tollerare” anche le cellule di altri organi, purché in genere appartengano all’organismo che si sta sviluppando.

Nel periodo successivo alla nascita, attraverso l’allattamento e lo svezzamento imparano anche a tollerare tutte le sostanze alimentari e respiratorie con cui vengono a contatto secondo determinate modalità.

Il  sistema immunitario, negli anni successivi, è il garante e il responsabile del mantenimento della individualità della persona.

Nei primi mesi ed anni di vita il bambino impara a tollerare i cibi che gli vengono dati. Non è infatti normale che un lattante mangi un pezzo di pane, anche se il pane è sempre sulle nostre tavole. Perché arrivi ad assumere pane senza subirne dei danni serve un processo laborioso e delicato che l’uomo esegue efficacemente da migliaia di anni, altrimenti non saremmo qui sulla terra così numerosi.

Facciamo però un altro esempio per esprimere meglio l’idea: a una persona che soffre di diarrea viene naturale somministrare un passato di carote patate e riso, sostanze cioè che di solito “stringono” o comunque funzionano in genere come antidiarroici. Se però dessimo a un neonato lo stesso passato di carote, riso e patate, con tutta probabilità il piccolo andrebbe incontro a una gravissima gastroenterite. Esiste un periodo di tempo, quindi, compreso tra la nascita e la fine dello svezzamento, durante il quale una sostanza estranea come la patata o il riso diviene tollerabile per l’organismo, ma l’organismo deve “apprendere” come gestirla, e questo processo di apprendimento è indispensabile per la sopravvivenza dell’essere umano.

La cosa sorprendente, è che la tolleranza si può riconquistare. Quando un organismo diventa intollerante o allergico (ad esempio agli acari della polvere) può essere aiutato a rieducare il sistema immunitario fino alla ripresa della completa tolleranza.

L’unica situazione in cui questo recupero potrebbe essere più difficoltoso è in caso di forme specifiche di allergia IgE mediata con reazioni molto intense. In quel caso generalmente non si va a tentare una rieducazione, anche se studi molto recenti, come quelli svolti alla fine del 2007 da alcuni ricercatori italiani, hanno permesso di ricreare tolleranza in bambini gravemente allergici al latte attraverso tecniche di rieducazione che sfruttano il potere della bassa dose.

In tutti gli altri assai più numerosi casi in cui l’allergia o l’intolleranza determinano fenomeni da accumulo, e non reazioni acute ed esplosive, è possibile e molto opportuno sottoporsi in modo guidato a questa forma di “nuovo svezzamento”.

La “vaccinazione” iposensibilizzante (cioè “antiallergica”) è uno degli strumenti più utili attraverso cui si può agire dall’esterno sul sistema immunitario per indurre tolleranza nei confronti di un allergene (e qui ci riferiamo in particolare alle reazioni allergiche di tipo respiratorio) che non viene più tollerato.

Attraverso la quantità di allergene e la modalità con cui l’allergene entra in contatto con il sistema immunitario si possono ottenere effetti diversi. Se le alte dosi di allergene creano una sorta di “annegamento e paralisi” del sistema, le basse dosi determinano invece una differente regolazione delle cellule che comandano la partenza della reazione. Tutto ciò che ci può aiutare a riconquistare la tolleranza nei confronti delle sostanze esterne, una volta che la si è persa, deve essere messo in atto ai fini della guarigione.

Il livello di soglia è l’elemento discriminante tra il fatto che una reazione avvenga o non avvenga.

Quando la somma dei fatti infiammatori indotti dalle reazioni di ipersensibilità o preesistenti nell’organismo supera quel livello il sintomo patologico compare in modo netto e deciso. Al di sotto di quel livello invece l’organismo tollera il livello di infiammazione e non compaiono sintomi specifici.

Se un’allergia respiratoria è la “goccia che fa traboccare il vaso” di uno stato di reazione asmatica, una vaccinazione corretta potrebbe essere in grado di ricondurre l’infiammazione al di sotto del livello di soglia, e a quel punto l’organismo potrebbe correttamente tollerare anche il contatto con il polline responsabile.

Allo stesso modo, anziché agire contro il polline si può agire modificando lo stesso livello di soglia. Sappiamo infatti che la disponibilità di alcuni oligoelementi (in particolare Zinco, Rame, Magnesio e Litio) determina un innalzamento del suo livello. Nella stessa direzione agiscono molti comportamenti e terapie di riequilibrio psicoemotivo, e in alcune situazioni anche una semplice vacanza contribuisce ad innalzare il livello di rottura, tanto da consentire un inusuale periodo di assenza di sintomi nel periodo di riposo dal lavoro.

Gli strumenti per aiutare un organismo a riequilibrarsi sono sicuramente molteplici, l’importante è tenere sempre ben presente che se è vero che molte situazioni dichiarate intrattabili possono essere aiutate attraverso strumenti “dolci” e sensati di terapia, è altrettanto vero che esistono alcune situazioni allergiche di difficilissima gestione, in cui si combinano allergie, intolleranze, fenomeni psichici profondi, e resistenze al cambiamento delle abitudini e dei comportamenti.

In quel caso l’utilizzo dei farmaci classici diventa obbligatorio, e talora purtroppo, conoscendo i limiti degli stessi, anche questi non riescono a risolvere il problema della guarigione.

Insomma, nessuno tra medici e pazienti è onnipotente e riconoscerlo ogni tanto fa bene, ma questo non impedisce di provare a mettere in gioco tutte le possibili risorse che si hanno a disposizione per arrivare alla guarigione, alla cura della persona malata, o anche al solo controllo dei suoi sintomi.