Studi randomizzati e studi osservazionali

18 Giugno 2004
Studi randomizzati e studi osservazionali
  • Gli studi controllati randomizzati (Randomised Controlled Trials – RCT) studiano gli effetti dell’esposizione a un certo trattamento utilizzando un ‘gruppo di controllo’ che non riceve lo stesso trattamento (talvolta assume un placebo, altre volte il medicinale più usato contro il quale va testato un nuovo farmaco e così via). Attraverso questi studi è possibile in genere capire, basandosi su un’ipotesi causale,, se un certo problema o esito clinico può essere legato a una certa esposizione (passata o futura).
  • Negli studi osservazionali, le variabili in studio (l’esito clinico e una presunta causa) vengono invece monitorate (osservate) in ciascuno dei gruppi, per valutare eventuali relazioni causa-effetto. Il ricercatore non assegna il fattore studiato (cioè la presunta causa).

Nel suo intervento al convegno internazionale Ricerche di medicina complementare in Lombardia, il dottor Harald Walach dell’Università di Friburgo ha illustrato come nessuno di questi approcci abbia in sé una validità assoluta. Se i primi danno in genere risultati rigorosi sul piano della correttezza ‘interna’, i secondi infatti massimizzano la validità ‘esterna’, ovvero la generalizzabilità degli esiti del lavoro e l’applicabilità dei risultati nella realtà clinica.
Come mai allora il mondo scientifico tende a considerare ‘scientifico’, appunto, solo ciò che emerge dagli studi randomizzati in doppio cieco? Perché questo approccio metodologico è il migliore oggi conosciuto per valutare gli effetti specifici di un trattamento, anche se esclude gli effetti non specifici (quali per esempio gli effetti collaterali, e i risultati relativi all’utilizzo contemporaneo di altri farmaci o alla presenza di altre patologie nello stesso soggetto). Mentre gli studi osservazionali sono i più appropriati per valutare la somma degli effetti globali (quindi quelli specifici e quelli non specifici) su una popolazione. E’ ovvio che dovendo testare un farmaco è necessario indagarne soprattutto gli effetti specifici. E non dimentichiamoci che sono proprio le case farmaceutiche le fonti maggiori di fondi per la ricerca.
Dato che le pratiche di medicina naturale puntano invece proprio sulla somma degli effetti specifici e non (un omeopata non curerà mai una singola patologia, per esempio, senza tenere conto della presenza di altre, nemmeno quando si tratti di testare un farmaco in una sperimentazione scientifica), il metodo di studio che riesce meglio a rendere ragione degli approcci complementari e alternativi è lo studio osservazionale. Ahimé snobbato da tanta parte del mondo scientifico, che essendo profondamente legato al mercato considera gli studi randomizzati come l’unico strumento rigoroso a disposizione della ricerca ‘vera’.

Ogni approccio di ricerca ha pregi e difetti, ha sostenuto il dottor Walach, che possono essere bilanciati solo grazie alla scelta del metodo più appropriato per ogni intervento e a una strategia che integri tra loro i diversi metodi di ricerca. Ma, come ormai viene riconosciuto da molti epidemiologi, le importanti differenze tra queste due modalità di valutazione devono farci riflettere di fronte alle scelte metodologiche e terapeutiche.
In un mondo dominato dai farmaci, è praticamente impossibile dimostrare ‘scientificamente’ la validità di quei metodi naturali ormai utilizzati con successo da un pubblico sempre più ampio. Ma proprio il dilagare di questi approcci terapeutici (che sottrae quotidianamente vaste fette di mercato al mondo farmaceutico) porta a una recrudescenza degli attacchi della comunità scientifica. Attacchi che sarebbero immotivati, se le scelte fossero davvero dirette alla ricerca obiettiva del benessere comune, più che al mantenimento di un potere acquisito.