Protettori gastrici e aumentato rischio di COVID. Un rischio da approfondire con urgenza

18 Gennaio 2021
Protettori gastrici e aumentato rischio di COVID. Un rischio da approfondire con urgenza

La pandemia da SARS CoV-2 in atto sta rendendo bene evidenti alcuni aspetti legati alla assunzione di farmaci. Negli ospedali ci sono numerosi malati, tutti di una stessa malattia (COVID-19), di cui sono evidenti e palesi le precedenti assunzioni farmacologiche o le precedenti condizioni di salute e questo favorisce la ricerca di associazioni favorevoli o, come in questo caso, sfavorevoli.

Un gruppo di ricercatori statunitensi di alto standing, appartenenti alla Cedars-Sinai University di Los Angeles, alla prestigiosa UCLA e alla Michigan Medicine di Ann Arbor, ha pubblicato sull’American Journal of Gastroenterology i risultati di una ricerca svolta su persone ammalatesi di COVID-19 tra maggio e giugno 2020 riportando dei risultati di notevole rilievo clinico e sociale (Almario CV et al, Am J Gastroenterol. 2020 Oct;115(10):1707-1715. doi: 10.14309/ajg.0000000000000798). 

La ricerca (qui il link all’articolo originale, di libera consultazione) ha evidenziato che le persone che stavano utilizzando protettori gastrici del gruppo dei “prazoli” (esomeprazolo, pantoprazolo eccetera), i cosiddetti Inibitori di Pompa Protonica, comunemente conosciuti come Protettori Gastrici, se assumevano il prodotto una sola volta al giorno avevano un rischio di ammalarsi di COVID-19 circa doppio delle persone che non li prendevano. I soggetti che stavano assumendo una dose doppia avevano un rischio più che triplicato di ammalarsi. Le persone che usavano invece “anti H2”, come la ranitidina, non avevano questo aumento di rischio. 

I protettori gastrici sono farmaci fantastici e posso dire che per fortuna esistono per essere usati nei casi acuti, ma negli ultimi anni è cresciuta la polemica sul loro uso continuativo, che può generare numerosi danni

Gli autori della ricerca, infatti, hanno espresso una estrema cautela nella considerazione di questi effetti e nonostante la ricchezza dei dati raccolti si sono mossi con molta circospezione, segnalando già in anticipo tutti i possibili fattori limitanti della loro ricerca, ma arrivando comunque ad evidenziare un possibile problema che, se non può essere immediatamente confermato in modo assoluto e certo, merita, per la numerosità dei possibili effetti, un approfondimento di ricerca urgente.

La ricerca è scaturita dal fatto che è già stato documentato che la riduzione dell’acidità gastrica indotta dai protettori gastrici riduce l’importante azione di “filtro difensivo” al passaggio intestinale di virus e batteri, e aumenta la comparsa di fenomeni infettivi intestinali in chi assume questi prodotti. Per questa possibile analogia, e poiché il COVID-19 può originare anche da una infezione intestinale, si è approfondita la possibile relazione tra COVID e protettori gastrici.

Alcuni dei punti di forza della ricerca sono riassumibili qui di seguito:

  • La ricerca è stata pubblicata su una delle riviste di gastroenterologia più autorevoli al mondo
  • I risultati sono stati controllati, eliminando tutte le possibili variabili confondenti
  • La valutazione statistica, proprio per l’importanza dei risultati, è stata affidata ad un ente indipendente
  • I risultati hanno indicato un livello di rischio più alto del 3, rientrando quindi in una caratterizzazione scientifica che riguarda un vero possibile rischio e non la possibilità di “errori interni” al lavoro

Gli autori stessi hanno ribadito appunto che i loro risultati sono consistenti e congrui con lo studio francese della Università di Medicina e dell’Ospedale della Croce Rossa di Lione, che evidenziano come la riduzione della acidità gastrica possa determinare il facile ingresso di virus e batteri, pubblicato esso pure in ottobre 2020 (Charpiat B et al, Clin Drug Investig. 2020 Oct;40(10):897-899. doi: 10.1007/s40261-020-00963-x).

Ne emerge anzitutto una indicazione alla buona pratica clinica relativa all’utilizzo dei protettori gastrici alla dose minore efficace e possibilmente con una sola assunzione al giorno. Inoltre si ribadisce quanto indicato dalle nuove linee guida sull’uso di queste sostanze, che cioè i protettori siano usati per i bisogni acuti e non per una utilizzazione cronica e durevole nel tempo. Sono davvero poche le indicazioni accettate per un uso continuativo.

Va anche rilevato che gli stessi autori hanno dichiarato correttamente la loro attività di consulenza per alcune aziende produttrici da anni di protettori gastrici. Credo che questo sia una ulteriore conferma della “difficoltà emotiva” che gli autori possono avere avuto prima di pubblicare questo articolo evidenziandone i risultati sfavorevoli.

Considerato l’elevato risvolto economico e scientifico di questo lavoro, si sono messi subito al lavoro numerosi altri autori, come un gruppo di ricercatori della Stanford University e della University of Alabama che nel loro articolo hanno fatto dei sottili distinguo sul tema, criticando la ricerca non tanto per i risultati in sé ma per il fatto che potrebbe portare gli utilizzatori di protettori gastrici alla riduzione inutile del loro uso.

Sono sicuramente da citare l’articolo di un altro gruppo di studio proveniente dal dipartimento di Medicina della West Virginia University e un altro ancora proposto da un gruppo di ricercatori della Weill Cornell Medicine di New York.  

Sono tutti articoli che tendono a evidenziare alcuni aspetti critici nella impostazione del lavoro originale pubblicato, ma che sono fondamentalmente gli stessi evidenziati dagli autori quando hanno discusso le possibili limitazioni del loro studio. 

Sullo stesso American Journal of Gastroenterology, una lettera scritta da un gruppo clinico della Università del Minnesota ha confermato, nel loro ospedale, una aumentata mortalità da COVID in chi assumeva protettori gastrici, segnalando però che questo avveniva nelle persone più anziane con altre comorbidità.

Questo apre una importante discussione sul tema, chiamando in causa una interazione non chiara con il poli-trattamento delle persone anziane.  

La realtà è che gli Inibitori di Pompa Protonica sono farmaci fantastici e visto che all’inizio della mia carriera medica ho ancora partecipato a interventi chirurgici di rimozione gastrica per ulcera e che ho visto praticamente sparire questa patologia chirurgica grazie all’arrivo di questi farmaci, posso riconfermare  che abbiano un valore immenso, ma a parte alcune specifiche situazioni che ne richiedono il raro impiego continuativo, non possono e non devono essere usati “a vita” come purtroppo spesso ci si sente riferire.

Parliamo di farmaci che hanno rivoluzionato la chirurgia gastroenterologica ed evitato a milioni di persone di finire sotto i ferri, ma anche le ultime linee guida hanno definito un criterio razionale per il loro uso, ad evitare i danni che possono provocare.   

Nel nostro centro SMA di Milano trattiamo quotidianamente temi legati al reflusso e poiché ci occupiamo degli aspetti immunologici e nutrizionali della infiammazione capiamo che spesso molti colleghi otorinolaringologi parlano di “reflusso” quando magari si tratta di esofagite eosinofila (che nulla c’entra con l’acidità gastrica) o di una infiammazione diffusa (non solo al retrofaringe, ma in tutto l’organismo) con particolare riferimento alla infiammazione da zuccheri e alimenti.

Per altro è indispensabile capire che a tutt’oggi l’unica terapia efficace per la esofagite eosinofila (che, ad esempio, ha gli stessi sintomi del “reflusso”) è quella dietetica di controllo di alcuni alimenti o degli zuccheri; quello che noi facciamo attraverso la personalizzazione dietetica studiando il test PerMè o gli altri test correlati all’alimentazione. 

In questa fase pandemica, quindi, è indispensabile non rischiare inutilmente. L’uso dei protettori gastrici deve essere sempre motivato in modo preciso e il controllo della infiammazione alimentare consente di ridurre la sintomatologia per cui si richiedono queste sostanze.

Il fatto di regolare la propria alimentazione in modo personalizzato, controllando l’infiammazione da zuccheri e da alimenti, può essere uno strumento efficace per contribuire non solo al trattamento del reflusso, ma anche al controllo del contagio da SARS CoV-2.