Seri dubbi sul valore della MOC. Ottimo strumento tarato male!

11 Marzo 2001
Seri dubbi sul valore della MOC. Ottimo strumento tarato male!

Una serie di recentissimi lavori scientifici pone dubbi crescenti su uno dei punti “fermi” del mercato farmaceutico attuale.

La definizione di “osteoporosi” stabilita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità fa infatti riferimento a dei valori di MOC (l’esame con cui si verifica la durezza dell’osso) decisi a tavolino da un gruppo di esperti (non solo medici) che oggi stanno mostrandosi inadeguati.

Misurazioni fatte con strumenti diversi danno risultati spesso discordanti e non comparabili, ma soprattutto, rivalutando i parametri di riferimento della normalità il numero di osteoporotici “veri” diventa molto basso.

Se oggi sembra che quasi tutti siano malati, non è forse un problema di calcio o di medicine, ma solo degli strumenti di misura o di chi li ha voluti così.

L’osteoporosi riguarda una certa percentuale della popolazione, ed è un bene che esistano farmaci e ricerche che ci chiariscano la sua importanza e il modo di contrastarla. Esiste tuttavia la sensazione di una notevole sovrastima della osteoporosi, per cui molte persone sane si sentono definire “malate” quando non lo sono.

Su queste pagine il problema dell’osteoporosi è stato spesso dibattuto anche in relazione alle numerose possibilità di trattamento naturale e non farmacologico che esistono per affrontarlo.

I dubbi più volte espressi su un eccesso di stima dell’osteoporosi nella popolazione mondiale trovano però oggi una serie di conferme scientifiche di notevole valore.

Alla fine del 2000 un team di ricerca dell’università di Ankara, sorpreso dal fatto di trovare un numero così elevato di osteoporosi in soggetti apparentemente sani, ha semplicemente provato a ridefinire gli standard di normalità, prendendo dei giovani sani, e traendo dal loro esame i dati di riferimento.

Così anziché usare gli standard americani, hanno semplicemente usato gli standard dei giovani sani turchi. Sorprendentemente a quel punto il numero di osteopenie (osteopenia è l’anticamera della osteoporosi) passava dal 60% della popolazione femminile al solo 14%, e negli uomini dal 43% al 16%.

Nel loro studio (Osteoporos Int. 2000;11(9):809-13) il team di ricerca si limita a suggerire una diversa valutazione degli indici di riferimento in relazione alle diverse regioni del mondo, senza assumere un atteggiamento critico.

Ma altri lavori recentissimi effettuati negli USA (J Clin Densitom 2000;3(4):319-324) e in Danimarca (Clin Physiol 2001 Jan;21(1):51-59) rivelano che esiste anche una grandissima discordanza tra i diversi tipi di strumento utilizzato e in relazione alla parte del corpo che viene valutata.

Si tratta di differenze enormi : la stessa popolazione, analizzata in modo differente potrebbe essere perfettamente sana, oppure essere dichiarata osteoporotica (con paure, spese ingenti, e uso di farmaci conseguente di notevole entità) nel 30% dei casi. Simili differenze non possono essere accettate.

Un lavoro ancora più recente, pubblicato nel numero di Febbraio del Journal of Internal Medicine (J Intern Med 2001 Feb;249(2):173-180) ed effettuato in Svezia sembrerebbe definire che alla luce dei dati di “normalità” fino ad ora utilizzati, tra le persone ricoverate (per qualsiasi motivo) della età media di 84 anni, il 95% delle donne analizzate e il 51% degli uomini venivano definiti come osteoporotici.

Ora, l’osteoporosi è certamente importante, ma alla luce di questi dati ci sentiamo di dire che è probabilmente necessario ridefinire il criterio di valutazione.

Non tutti gli anziani sono malati. Se il criterio di valutazione della normalità, anche a 84 anni rimane quello dell’osso di un ragazzo di 20 anni, probabilmente la medicina sta perdendo il senso della misura della vita e della degenerazione indotta dal tempo.

Esiste un invecchiamento naturale (da rispettare) e un invecchiamento patologico (per cui attivare la ricerca).

Confondere questi due aspetti, quando le cure sono molto costose e proposte da quasi tutti gli organi di informazione con forza, porta a pensare che gli interessi economici siano purtroppo prevalenti su quelli scientifici.