Malattie autoimmuni

Sinonimi: Autoimmunità, Malattie autoimmunitarie, Malattie da autoanticorpi, Autoanticorpi
di Attilio Speciani - Allergologo e Immunologo Clinico

Gli ultimi 30 anni di evoluzione scientifica hanno consentito di comprendere più a fondo il tema dell’autoimmunità, arrivando a capire che il numero delle patologie autoimmuni è in enorme crescita e coinvolge, contemporaneamente, aspetti infiammatori, metabolici, ambientali e genetici. 

La patologia in sé non è dovuta alla produzione di autoanticorpi ma dal fatto che questi autoanticorpi vanno a creare immunocomplessi e si fermano, quasi fossero fermati da un setaccio, alla base di alcuni organi determinando poi la comparsa di infiammazione che coinvolge quello specifico organo.

Per capire cosa si intende con questa affermazione basta pensare alla Artrite Reumatoide, in cui gli “autoanticorpi” non sono espressi verso un organo o una sua parte, ma verso altri anticorpi che in effetti si depositato sotto alla membrana basale delle strutture articolari e lì determinano una possibile accentuazione infiammatoria. 

Frasi come “i miei autoanticorpi mi stanno autodistruggendo” fanno parte di un passato da dimenticare sia da parte dei pazienti sia da parte di molti medici che ancora usano espressioni di questo genere.

Nelle malattie autoimmuni si è sempre sospettata una attivazione immunologica e una componente infiammatoria a bassa intensità che la terapia medica ha sempre cercato di controllare con cortisonici, immunosoppressori e più di recente con farmaci biologici e anticorpi monoclonali. 

Si tratta di farmaci utilissimi ma prima ancora di usarli, anziché sopprimere il sintomo dall’esterno, una logica causale vedrebbe più sensata la riduzione degli stimoli infiammatori ed è infatti la strategia che nel nostro centro usiamo da tempo per il trattamento delle diverse malattie autoimmuni, dall’Artrite reumatoide al Lupus, dal Crohn alla Tiroidite di Hashimoto

Un momento fondamentale nella comprensione del ruolo dell’alimentazione nella genesi delle malattie autoimmuni è stato la comprensione del legame tra il BAFF (prodotto dalle cellule immunitarie intestinali ma non solo da quelle) e l’autoimmunità. Una vera chiave di volta per un trattamento se non causale almeno parzialmente causale.

Nel 2017, è stata pubblicata sul New England Journal of Medicine (forse la più prestigiosa rivista medica mondiale) una ricerca effettuata sull’uomo che ha confermato l’importanza del BAFF nelle malattie autoimmuni, aprendo la strada a nuove prospettive di diagnosi e di terapia (Steri M. et al, N Engl J Med. 2017 Apr 27;376(17):1615-1626. doi: 10.1056/NEJMoa1610528). 

Si tratta di un lavoro scientifico internazionale, coordinato dall’Università di Sassari, che ha finalmente fatto convergere l’evidenza genetica e quella funzionale in modo preciso, definendo anche le modalità con cui certi tipi di mutazione del DNA possono esprimersi sul piano clinico. Di fatto evidenziando che il BAFF non è solo coinvolto nella genesi del Lupus ma di tutte le malattie autoimmuni. 

Da anni, con il nostro gruppo di ricerca, ci occupiamo di immunologia della nutrizione e quando i lavori di Fabris e di Lied spiegarono che il rapporto con i cibi che potevano contribuire alla infiammazione dell’organismo era mediato dal BAFF iniziammo a dedicare gran parte dei nostri sforzi alla ricerca su questa molecola e allo studio delle sue possibili applicazioni pratiche (Lied GA et al, Aliment Pharmacol Ther. 2010 Jul;32(1):66-73. Epub 2010 Mar 26).

In realtà già dal 2007 il BAFF era stato valutato come possibile marcatore della celiachia da Fabris, che pubblicò i suoi risultati sullo Scandinavian Journal of Gastroenterology. Poiché però i suoi valori si alzavano anche in risposta a cibi diversi dal glutine il suo studio fu messo gradualmente in disparte (Fabris M et al, Scand J Gastroenterol. 2007 Dec;42(12):1434-9).

Questo fino appunto al 2010, quando Lied, insieme al suo gruppo di gastroenterologi norvegesi, ha pubblicato su Alimentary Pharmacology & Therapeutics i risultati della ricerca che evidenziava nel BAFF la citochina prodotta dall’organismo quando un alimento è correlato alla infiammazione. 

Con il 2017 divenne anche evidente che il contributo alla malattia autoimmune e ai processi infiammatori che la caratterizzano potevano anche derivare dalla glicazione e dall’eccesso individuale di zuccheri e di sostanze metabolizzate in modo simile (glucosio, fruttosio, alcol e polioli).

L’approccio alimentare a queste malattie consente inoltre alla persona malata di sentirsi finalmente di nuovo al centro del processo di guarigione anziché vivere la malattia come un fatto esterno in cui le potenzialità autonome di intervento siano praticamente nulle: percezione vissuta dalla stragrande maggioranza di malati che frequentano i centri di reumatologia o di immunologia.

I lavori scientifici che ne analizzano la funzione si susseguono con una frequenza progressivamente crescente.

Con i test di Gek Lab (PerMè, Glyco Test, Test Recaller 2.0, BioAge) Abbiamo quindi a disposizione gli strumenti per agire sulle cause ambientali di un disturbo e sulle sue interazioni con l’essere umano, anziché pensare solo ai farmaci sintomatici che devono essere usati.

Qui di seguito alcuni degli articoli in cui Eurosalus ha affrontato il tema della autoimmunità e della sua possibilità di controllo.