Inutile lo screening mammografico per il tumore al seno prima dei 50 anni
Secondo un recente studio canadese questa pratica farebbe piuttosto aumentare il rischio di sovradiagnosi e sovratrattamento, dalle biopsie alla cura aggressiva di tumori destinati a non avere conseguenze cliniche di rilievo.
Risale solo alla fine dell’anno scorso l’acceso dibattito sollevato dalla pubblicazione di una revisione sistematica degli studi sull’effetto della mammografia come strumento di screening di massa per la prevenzione del tumore al seno (The Lancet, ottobre 2001). Gli autori dello studio, i danesi Ole Olsen e Peter Goetszche, giunsero in proposito a conclusioni assai meno positive di quelle alle quali erano giunte molte revisioni precedenti. Ma gran parte del mondo scientifico affermò che le loro conclusioni erano viziate dall’aver escluso dalla meta-analisi alcune ricerche fondamentali, benché metodologicamente imperfette.
Oggi, uno studio canadese che ha esaminato la mortalità per cancro al seno a distanza di 11-16 anni dall’effettuazione di uno screening quinquennale (Miller AB et al.), conferma l’inutilità di questo strumento, almeno per quanto riguarda la fascia d’età compresa tra i 40 e i 49 anni. A fronte di vantaggi di poco conto, infatti, lo screening innalzerebbe per le donne il rischio di essere sottoposte a trattamenti aggressivi.
Lo studio (Canadian National Breast Screening Study-1) ha seguito 50.430 donne di età compresa tra i 40 e i 49 anni per un periodo medio di 13 anni dopo lo screening (un controllo mammografico e una visita medica annuale per cinque anni, accompagnati da istruzioni su come eseguire l’autopalpazione). Invece che allo screening, il gruppo di controllo è stato sottoposto solo a regolare assistenza medica (compresa mammografia a scopo diagnostico quando ne è emerso il bisogno). Nel periodo di tempo considerato non si è osservata nessuna differenza significativa tra le morti per cancro al seno nei due gruppi (quello sottoposto a screening e quello di controllo).
Considerando complessivamente i dati della ricerca canadese, più quelli raccolti da Olsen e Goetszche, vale la pena di aprire una riflessione sulle informazioni in merito all’efficacia dei programmi di screening che vengono fornite alle donne invitate a sottoporsi alla mammografia, i cui vantaggi per la popolazione femminile nel complesso potrebbero essere stati fin qui sovrastimati.