Scegliere cosa mangiare cambia il mercato
Chi vuole nutrirsi di latte proveniente da mucche trattate con ormone della crescita è libero di farlo. Ben il 20% delle mucche americane lo usano ufficialmente, e si dice che la percentuale reale sia molto più alta. Ma chi non lo vuole ha diritto di non berlo.
Grazie a queste scelte alimentari, dopo 15 anni che Monsanto produce il Posilac, cioè l’equivalente bovino dell’ormone umano della crescita (GH), prodotto per ingegneria genetica, e tra i primi prodotti ormonali approvati dalla FDA nel 1993, il gigante farmaceutico e agroalimentare ha deciso di cedere il settore di produzione della sostanza ormonale, non ritenendolo probabilmente più produttivo.
Nel corso dell’ultimo anno, vi è stata una pesante polemica tra Monsanto e le istituzioni. La ditta infatti sosteneva che non fosse assolutamente necessario segnalare in etichetta la provenienza del latte, ritenendolo da questo punto di vista assolutamente identico al latte proveniente da mucche non trattate. Negli Stati in cui questo è avvenuto, la immediata reazione popolare ha portato alla riproposizione dell’obbligo di segnalazione della provenienza del latte nelle etichette. Questo tipo di polemica ricalca in modo identico le discussioni europee sulla etichettatuura degli OGM. I produttori non la vogliono, perché i consumatori potrebbero riconoscere i prodotti geneticamente modificati e non acquistarli…
Ricordiamo tra l’altro che sia il Canada che l’Unione Europea negano la utilizzazione di questo latte e dell’ormone della crescita nell’allevamento dei bovini da latte. L’effetto che si ottiene usandolo nell’allevamento è quello di avere da subito una maggiore produzione di latte e gradualmente un aumento della massa grassa e muscolare del bovino. Vanno però soppesati attentamente gli effetti sulla salute.
Monsanto sostiene che il latte trattato sia sano e non dia luogo ad effetti negativi di alcun tipo, ma come riportato dagli articoli correlati, molti studi clinici legati alla lunga esposizione al latte con possibili tracce ormonali affermano il contrario. Nel dubbio è meglio starne lontani.
Di fatto possiamo comunque leggere il lato positivo di questa storia: se i consumatori scelgono il cibo che mangiano, orientano anche le scelte di mercato. Se i consumatori non scelgono è l’industria che impone.
Siamo quindi di fronte ad una vittoria dei consumatori, e speriamo che nel pubblico cresca sempre di più la conoscenza dei possibili danni legati a quella alimentazione industrializzata che non rispetta gli equilibri dell’organismo e l’ecologia ambientale.