14 scelte da fare (o non fare) per evitare declino cognitivo e Alzheimer

16 Giugno 2025
14 scelte da fare (o non fare) per evitare declino cognitivo e Alzheimer

Su Eurosalus abbiamo spesso discusso delle relazioni tra ambiente, alimentazione, depressione e declino cognitivo. 

Riprendendo un articolo pubblicato sul prestigioso Lancet nell’agosto 2024 mi fa piacere elencare i 14 elementi che sappiamo correlati alla accentuazione del declino cognitivo per discuterne di almeno un paio. 

Il tutto deriva dall’aggiornamento effettuato dalla Lancet Commission on Dementia e fornisce materiale per una discussione più profonda che esula dal solo fatto che si viva di più e che quindi il declino cognitivo aumenti la sua frequenza vista la maggior presenza di anziani. 

  • Educazione (un livello di istruzione ridotto porta ad un aumento della incidenza di Alzheimer)
  • Riduzione dell’udito (si evitano così gli incontri o i dialoghi e si diventa più isolati e depressi)
  • Ipertensione arteriosa (con riduzione della circolazione encefalica)
  • Elevato colesterolo LDL (per la possibile formazione di placche)
  • Fumo
  • Obesità e sovrappeso
  • Depressione (questo articolo spiega perché)
  • Assenza di attività fisica
  • Diabete (glicazione e declino cognitivo sono legati a doppio filo: leggi qui.)
  • Eccessiva assunzione di alcol
  • Traumatismi cranici ripetuti
  • Inquinamento ambientale
  • Isolamento sociale
  • Riduzione della capacità visiva (stesse motivazioni del calo dell’udito)

Diciamo che alcune di queste cause erano già conosciute da tempo ma mi piace legare il senso di isolamento da poco descritto alla perdita di udito e di visione. La depressione reattiva che nasce dall’isolamento causato da una perdità di sensibilità visiva e uditiva è una delle cause più importanti di declino cognitivo e va evitato ad ogni costo.

Alzheimer e abbassamento di vista e udito sono sicuramente correlati. Perché chi vede o sente meno tende ad isolarsi e questo facilita depressione nel breve e Alzheimer nel lungo termine. Abbiamo però strumenti semplici che ci possono consentire di stare bene. Basta sceglierli...

La compagnia e la socialità possono e devono essere valorizzate in modo pieno, ricordando poi le interferenze della glicazione sugli aspetti depressivi.

Tutte queste condizioni citate possono intervenire su un terreno già ossidato, infiammato e glicato e moltiplicare i loro effetti. 

Chi pensa che la depressione e l’ansia dipendano solo da eventi emozionali perde infatti la possibilità di generare cambiamenti e guarigione attraverso la variazione dell’equilibrio biochimico e metabolico indotto dalla alimentazione pesonalizzata. 

Una ricerca australiana pubblicata su PLoS One ha documentato che un intervento dietetico “sano” comprendente anche il controllo e la riduzione degli zuccheri, seppur di breve durata (solo tre settimane), ha cambiato in modo significativo il livello dei sintomi depressivi e ansiosi per mesi successivi. 

Questo non significa che non si deve assumere zucchero (o alcol o frutta o miele o dolci della nonna), ma che gli effetti individuali vanno misurati. 

La depressione e l’ansia sono diffusissime e la loro azione di facilitazione del declino cognitivo va tenuta in seria considerazione. 

Di fronte a questo tipo di episodi diventa quindi fondamentale non fermarsi alla sola analisi psichica ma affrontare anche la condizione metabolica biochimica spesso dovuta ad un eccesso di carboidrati o di zuccheri sapendo che questi aspetti riguarderanno anche il declino cognitivo e l’Alzheimer. 

La pubblicazione, nel marzo 2022 sul Journal of Alzheimer Disease, di una ricerca effettuata da un gruppo di ricercatori di differenti università statunitensi, ha dimostrato che la proteina Tau 181 (una di quelle attivate e fosforilate proprio dal metilgliossale) è strettamente correlata alla deposizione di sostanza amiloide nel cervello, causa effettiva del declino cognitivo e della alterazione dei processi mnemonici. 

Riassumendo, quindi, chi mangia un eccesso individuale di zuccheri (tra cui vanno compresi anche quelli nascosti e invisibili) e aumenta la quantità di metilgliossale circolante nel proprio organismo, ha prodotto in realtà una delle sostanze più ossidanti esistenti nell’uomo, che a sua volta attiva la proteina Tau 181 che è un indice precoce della successiva deposizione di sostanza amiloide. 

La presenza di metilgliossale (misurabile oggi attraverso il test PerMè di GEK Lab o il Glyco Test) è di fatto una sorta di segnale preliminare di un successivo deposito di amiloide e di sviluppo di Alzheimer.  

Significa che molte delle ipotesi statistiche ed epidemiologiche formulate nel recente passato sono oggi completamente confermate. È stata finalmente compresa non solo la relazione statistica tra zuccheri e demenza ma anche la modalità specifica con cui si arriva alla deposizione di amiloide e all’Alzheimer, facendo quindi passi giganteschi verso la possibile prevenzione di questo tipo di malattie.

Conoscere il proprio livello di metilgliossale e capire in anticipo se il proprio organismo ha elevati livelli di glicazione, consente a ogni persona di attivare in tempo una giusta prevenzione della evoluzione verso la degenerazione neuronale e di limitare gli effetti delle altre possibili cause.

Oggi, quando visito i miei pazienti e domando come sono mancati i genitori o i nonni, in 1 caso su 3 mi sento dire che una forma di demenza senile o di neurodegenerazione ha colpito il parente negli ultimi 8-10 anni di vita…

Senza rinunciare agli zuccheri, prevenire per se stessi questa evenienza è nelle potenzialità di tutti.