Il carboidrato duro a morire

11 Ottobre 2011
Il carboidrato duro a morire

La comunicazione di cui è stata testimonial Michelle Obama è stata ripresa da Eurosalus praticamente in diretta. Si è trattato di una scelta obbligata, visto che lo schema proposto dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America è praticamente identico ai principi che sosteniamo da circa 10 anni.

Insieme alla proposta del piatto diviso in tre, schema di semplice raffigurazione simbolica, da usare in tutte le occasioni (dalla prima colazione al pranzo alla cena) alcune indicazioni di potente impatto sociale come:

– Uso prevalente (oltre il 50%) di cereali integrali.
– Riduzione del contenuto di sale degli alimenti (pane, crackers, prosciutti, formaggi).
– Abolizione dello zucchero in bibite, soft drink e così via, con richiamo all’uso dell’acqua.

Si tratta di indicazioni che nessuno dei critici nostrani alle indicazioni statunitensi ha minimamente considerato e che sono invece tra le norme di salute più importanti sul piano sociale e sanitario.

Pazienza, ormai siamo così pieni di gente distratta che non ci stupisce più di trovarne così tanti tra i colleghi che si definiscono esperti.

La vera notizia però è stata quella della rottura dei vecchi schemi alimentari.

Il Dipartimento USA è la stessa stituzione che propone le piramidi alimentari che per anni hanno fatto bella presenza di sé in tutte le comunicazioni pubbliche.

Oggi il Dipartimento si accorge che anni di valorizzazione dei soli carboidrati hanno prodotto danni enormi sul piano della salute e condizionato spese sociali enormi. Il Dipartimento che per anni ha battuto sull’uso dei carboidrati (senza neanche specificare se raffinati o integrali) oggi si accorge dei danni fatti e cerca di correre ai ripari. Dando valore alle proteine così spesso vituperate e valorizzando i cibi integrali.

Difficile accettare queste considerazioni da parte di gruppi che sul piano sanitario mantengono diete ospedaliere e scolastiche ben lontane da questi standard.

Così il Corriere della Sera con Luigi Ripamonti ha fatto intervistare ieri un esperto dell’INRAN (il dottor Ghiselli, dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), che ha dimostrato alcuni aspetti di confusione concettuale.

Intanto la considerazione dello schema del Dipartimento USA come se fosse da applicare alla giornata alimentare mentre si tratta di una indicazione alla composizione del singolo pasto.

Intervistatore e intervistato sono immediatamente partiti da questo equivoco, mettendo da parte una infinita serie di lavori scientifici sul valore della sensibilità insulinica e sulla regolazione dei picchi glicemici.

L’esperto INRAN, di fronte ad un paese affetto da obesità crescente, ha detto con serenità che possiamo mangiare uva e pane per avere un pasto completo. Un pasto cioè a totale dominanza di carboidrati che determina un forte carico glicemico, mettendosi in contrasto con un altro esperto dello stesso istituto che pochi giorni prima aveva scritto che l’uva è equiparabile allo zucchero. Sarebbe utile che gli esperti dello stesso istituto fossero almeno concordi, ma forse è chiedere troppo.

Insomma, la sensazione è che gli esperti chiamati in causa analizzino un mondo diverso da quello reale. Che non sappiano confrontarsi con delle realtà scientifiche nuove e che soprattutto siano fortemente condizionati dalla dominanza del carboidrato che affligge e appesantisce (è il caso di dirlo) l’Italia intera.

L’esperto, per difendere le sue affermazioni, ha ancora fatto riferimento alle stesse vecchie piramidi alimentari proposte dal Dipartimento USA e da loro stessi oggi stravolte, parlando degli effetti negativi di proteine e grassi e suggerendo prime colazioni a base di latte e biscotti (ci si domanda dove sia finito l’integrale…).

La vera rivoluzione è proprio quella di avere rimesso una giusta quantità di proteine al loro posto, senza demonizzarle e di avere ridato valore ai grassi sani, la cui eliminazione ha portato gli americani a un ingrassamento sociale incredibile.

Forse un richiamo scientifico all’articolo del New England Journal of Medicine pubblicato da poche settimane con l’elenco dei cibi ingrassanti e dei cibi salutari sarebbe utile, giusto per evitare di far passare il “monopiatto” di recente proposta come una idea balzana di Michelle Obama, e di accettare delle evidenze scientifiche che stanno scalzando convinzioni radicate da decenni, per impostare finalmente una medicina nutrizionale in grado di dare davvero risposte semplici, non solo a base di merendine, alle persone che ne hanno un bisogno disperato.