Covid e glicazione: chi è “zuccherato” si ammala di più e peggio

23 Ottobre 2022
Covid e glicazione: chi è “zuccherato” si ammala di più e peggio

Partiamo dal dato più importante. Con il Covid, chi è “glicato” si ammala di più e con forme più severe.

Poiché la glicazione si può prevenire anzitutto misurando i livelli di Metilgliossale e di Albumina glicata (Glyco test o PerMè) e facendo scelte alimentari che non eliminano certo gli zuccheri ma ne consentono l’utilizzazione in modo personalizzato, vuol dire che si è fatto un grande passo in avanti nella comprensione degli effetti di questo virus e nella possibilità di combatterlo.

Il team scientifico di GEK Lab, in collaborazione con l’Unità Ostetrico Ginecologica della Fondazione Ca’ Granda Ospedale Policlinico di Milano e il Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università di Milano (Professor Enrico Ferrazzi), ha portato a termine un nuovo studio pubblicato il mese scorso da Nutrients dal titolo, tradotto in italiano: “Infiammazione indotta dalla glicazione: severità del Covid-19 in donne gravide ed effetti sul nascituro” (Di Martino D et al, Nutrients 2022;14:4037. https://doi.org/10.3390/nu14194037).

Albumina glicata e Metilgliossale, i due innovativi marcatori di glicazione già studiati da GEK negli anni passati, che evidenziano i danni precoci dovuti a tutti i tipi di zuccheri, sono risultati decisamente alterati in donne in gravidanza con una una infezione da Sars CoV-2. 

Mentre tutte le altre possibili valutazioni (BMI, glicemia, emoglobina glicata, eventuale obesità o sovrappeso) non riuscivano a caratterizzare qualche particolarità, questi due marcatori hanno evidenziato la differenza tra donne gravide sane e malate e in queste ultime hanno potuto stratificare la severità di malattia, identificando una differenza molto significativa tra le gravide paucisintomatiche e quelle con sintomi gravi che hanno avuto bisogno di assistenza respiratoria.  

Misurare la glicazione definisce il rischio di infettarsi e ammalarsi di Covid e aiuta a capire i rischi della sua evoluzione. Conoscerne i livelli significa poterlo prevenire o supportarne la guarigione.

Significa che chi ha una glicazione più elevata si ammala di più e in modo più grave. Mantenere quindi un basso livello di glicazione è certamente un fattore critico di successo nel contrasto dell’infezione da Sars-CoV-2.

I test di GEK Lab (al link appena indicato, è anche possibile compilare un questionario orientativo per capire la personale necessità di misurare infiammazione e glicazione) consentono non solo di individuare alterati livelli di glicazione ma permettono al paziente di ricevere un protocollo terapeutico nutrizionale personalizzato, mirato al recupero della normalità.

Sentendo la parola “zuccheri”, gli alimenti che vengono subito in mente sono merendine, gelati, biscotti, bevande zuccherate. Esiste però anche una serie di alimenti raramente percepiti come zuccherini, anche se dolci a livello gustativo.

In questa categoria rientrano gli zuccheri “invisibili e nascosti”, ovvero quelli che non vengono immediatamente associati all’assunzione di zucchero, ad esempio cereali da prima colazione, miele, bevande vegetali, marmellate, ketchup, yogurt alla frutta, frutta abbondante e tanti altri. 

Pur se considerati spesso come alimenti “salutari”, hanno un effetto metabolico sovrapponibile a quello di un soft drink o di una caramella e anche i dolcificanti, usati ormai ovunque (in acque aromatizzate, gomme da masticare, budini proteici, yogurt…), incrementano i valori di Albumina glicata e Metilgliossale.

È utile immaginare una proteina glicata come se fosse “caramellizzata” dallo zucchero, perdendo quindi totalmente o parzialmente la sua funzione. Tra gli effetti clinici della glicazione eccessiva si possono segnalare cistiti ricorrenti, mal di testa cronici, demenze, tiroiditi, prediabete e diabete, e ancora fenomeni simil-allergici, tra cui asma, rinite e orticarie senza apparenta causa. In tutte queste condizioni la conoscenza dei livelli di glicazione e l’impostazione dietetica personalizzata possono aiutare il controllo o la guarigione della malattia.

Un’altra malattia dipendente dalla glicazione è la steatosi dell’età infantile (a fianco di NAFLD e NASH adulte, cioè la critica evoluzione del “fegato grasso”): in Italia più del 10% dei bambini è affetto da steatosi epatica (fegato grasso) e la colpa è legata proprio al consumo individualmente eccessivo di zuccheri e affini. 

Uno degli autori del lavoro scientifico sulle donne gravide malate di Covid-19 è il dottor Mattia Cappelletti, cui ho chiesto di rispondere a questa domanda: “Lei che viene dal mondo della gastroenterologia e dell’epatologia, pensa che la scoperta di questa relazione tra glicazione e Covid possa avere riverbero anche in altri campi?”.

Mi ha risposto così: “Sicuramente questa ulteriore conferma della rilevanza di zuccheri e glicazione anche nel COVID-19 non può che inserirsi nel contesto più ampio in cui è ormai noto che zuccheri, composti della glicazione e AGEs hanno profondi legami con la salute. Sono infatti sempre più numerose le conferme di azioni steatogene (di “incicciottimento” del fegato) di questi composti, e anche come queste siano legate con situazioni di disbiosi, allergie,… In sostanza le prospettive future sono numerose e di forte impatto sociale e individuale. Basti pensare che il Metilgliossale, che è una di queste molecole ed è indicatore di variabilità glicemica, può essere misurato efficacemente per evidenziare lo stato di prediabete o di diabete gestazionale nelle donne gravide, come abbiamo documentato in una ricerca del 2020”. 

La valutazione della glicazione, fino ad ora poco considerata, e il trattamento dei suoi eccessi, nei prossimi anni diventeranno in medicina uno strumento preventivo e terapeutico tra i più rilevanti, nonostante lo scontro evidente con modalità di produzione alimentare e di sua pubblicizzazione che vanno in profondo contrasto con questo aspetto clinico.