Predisposizione genetica al diabete: conoscerla per fare in anticipo le mosse giuste

18 Ottobre 2021
Predisposizione genetica al diabete: conoscerla per fare in anticipo le mosse giuste

Conoscere la predisposizione genetica alle malattie metaboliche è un’arma potente per controllare in anticipo i possibili danni da zuccheri e per mettere in atto in modo consapevole le scelte alimentari che possono evitare la progressione, ad esempio, verso il diabete di tipo 2 (quello alimentare). 

Anche la Società Italiana di Diabetologia ha evidenziato l’importanza di questa conoscenza, che consente di individuare quelle varianti geniche che possono contribuire a far comparire il diabete di tipo 2 (DT2) anche in età giovanile. Ci sono infatti alcune varianti geniche rare che giustificano proprio i cosiddetti MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young) e che sono responsabili dei diabeti adulti che insorgono in età relativamente giovane pur dipendendo da eccessi alimentari e non da condizioni particolari (virali e immunitarie ad esempio), come il diabete di tipo 1. 

Sono varianti che funzionano da promotori e attivatori del gene TCF7L2, lo stesso gene che gli screening di GEK Lab studiano e analizzano per valutare la predisposizione al diabete di tipo 2 e che vengono analizzati anche dal test PerMè e dal Glyco Test. 

L’alterazione di questo gene è già predisponente al diabete, ma quelle varianti rare appena indicate ne modulano e modificano il funzionamento in modo da farlo funzionare come se fosse alterato anche se TCF7L2 è normale. Diciamo quindi che la sua importanze è notevole e conoscerne il possibile funzionamento è un’arma davvero rilevante per prevenire ed evitare il diabete.

Quando si parla di diabete alimentare, cioè il DT2, dobbiamo ricordare che emoglobina glicata e glicemia a digiuno non sono esami sufficienti per scoprire il prediabete. Sono due esami che evidenziano purtroppo i danni già prodotti dagli zuccheri (tutti: dal fruttosio all’alcol ai polioli), che confermano la comparsa di un diabete e sono utili nella sua gestione, ma non sono in grado di documentare in anticipo i danni dovuti alla glicazione. Solo conoscendo la eventuale predisposizione genetica e i livelli di glicazione è possibile intervenire in forte anticipo sulla comparsa della malattia e dei suoi danni.

Per cui non stiamo parlando di emoglobina glicata e di glicemia a digiuno, esami utili per seguire il diabete già comparso, ma dei danni silenti dovuti agli zuccheri, che precedono il diabete. Sono i danni dovuti alla glicazione e legati ad eccessi individuali degli zuccheri nascosti, quelli che di solito non sono considerati come zuccheri ma che agiscono nello stesso modo (alcol, polioli, carboidrati raffinati, eccessi di frutta, dolcificazione con fruttosio eccetera); sono sostanze che è possibile imparare a conoscere e a gestire per stare bene.

Oggi ci sono prodotti diagnostici di screening, fruibili in numerose farmacie italiane, che al costo di una serata in pizzeria con un amico consentono di conoscere il proprio profilo genetico e le varianti geniche eventualmente presenti e di agire per far sì che una predisposizione diventi consapevolezza e non si trasformi in un danno. 

Grazie a questi test di screening è possibile capire se esiste già una alterazione genica per la quale ci si può attivare attraverso l’attività fisica, il controllo degli zuccheri palesi e nascosti, la riduzione dell’infiammazione e l’approfondimento diagnostico della condizione alimentare.

Negli anni, il nostro gruppo di ricerca ha studiato a fondo gli effetti delle citochine infiammatorie e dei prodotti di glicazione sul metabolismo. Gli ultimi anni hanno confermato ad esempio quanto il BAFF, per anni considerato solo “infiammatorio”, abbia evidenziato invece anche effetti di tipo metabolico, chiarendo la profonda interazione esistente tra infiammazione, glicazione e tutte le malattie che coinvolgono il metabolismo.  

Chi ha genitori o nonni diabetici, o ha in famiglia parenti con obesità o sovrappeso o condizioni di steatosi (fegato grasso), sempre correlata allo squilibrio degli zuccheri, può approfondire questo aspetto genetico per mettere in moto una consapevole attenzione ai propri stili di vita. Le varianti geniche studiate dal PerMè screening analizzano, a fianco del gene che predispone al diabete, anche i geni correlati all’obesità e alla steatosi epatica; si tratta di una tripletta di geni che caratterizzano le malattie croniche più diffuse, quelle per le quali viene speso il 75% delle spese del sistema sanitario. 

Per questo, nel centro SMA in cui lavoro, quando affrontiamo il sovrappeso e la sindrome metabolica attraverso specifici percorsi terapeutici, dedichiamo sempre una attenzione personalizzata al quadro infiammatorio dovuto agli alimenti o alla glicazione e alla misura del BAFF (attraverso i test di GEK Lab) perché la risposta clinica non sia quella del semplice calo di peso ma quello di una consapevolezza dello stile di vita utile per il futuro che porta anche, quando cercato, ad una vera perdita di massa grassa con riattivazione del metabolismo.

Come auspica la Società Italiana di Diabetologia, questo tipo di approccio consente di personalizzare la terapia e di individualizzare la prevenzione con efficacia maggiore. Un importante lavoro pubblicato nel 2018 sul BMJ ha spiegato che chi ha una predisposizione genetica per le malattie metaboliche, se da un lato più facilmente patisce gli effetti degli squilibri alimentari, dall’altro risponde molto più velocemente alla correzione degli stili di nutrizione (Wang T et al, BMJ. 2018 Jan 10;360:j5644. doi: 10.1136/bmj.j5644).

Non è necessario preoccuparsi ma solo essere più attenti, sapendo finalmente quando godersi quelle due brioche o quel paio di bicchieri di vino buono che sono sicuramente consentiti e devono solo essere inseriti consapevolmente nel proprio piano alimentare personalizzato. Infatti nessun cibo è nemico e anche nei confronti degli zuccheri (come del fruttosio o dell’alcol) va solo capita la individualità di risposta per gestire in modo corretto il proprio equilibrio metabolico. 

Una volta tanto, quindi, si può rinunciare ad una pizza serale, non per mettersi “a dieta” ma per conoscere le proprie predisposizioni e mettere in atto azioni efficaci che rispettando anche il piacere e il gusto consentono di guadagnare anni di vita e di salute.