Omega 3 e Alzheimer: come costruire una notizia artefatta e confondere la realtà

7 Settembre 2015
Omega 3 e Alzheimer: come costruire una notizia artefatta e confondere la realtà

Una delle cose che oggi sono ammesse in modo ufficiale in tutti gli ambiti scientifici è che un giusto apporto di acidi grassi Omega 3 (come quelli contenuti nei pesci e in alcuni semi oleosi come i semi di lino e quelli di Perilla) siano benefici per l’organismo.

Le malattie degenerative più diffuse (diabete, obesità, malattie cardiovascolari) sono in parte correlate ad un eccesso di assunzione di Omega 6 (contenuti in carni, latticini e in alcuni oli trasformati) e molti parametri vitali migliorano quando Omega 3 e Omega 6 sono nel giusto equilibrio tra loro.

La loro scoperta risale a quando si vide che gli Hinuit (popolazioni che vivevano sopra al circolo polare artico), pur mangiando costantemente prodotti animali, avevano una prevalenza di malattie cardiovascolari assolutamente ridotta, quasi nulla, rispetto a qualsiasi loro simile che non avesse una alimentazione così ricca di Omega 3.

Come ogni sostanza, gli Omega 3 non sono la soluzione di tutti i mali del mondo. Sono uno strumento utile e naturale che può aiutare le persone in numerose situazioni di cui elenchiamo qui di seguito solo alcune delle meglio documentate e dimostrate: 

  • Riduzione della morte cardiaca improvvisa.
  • Riduzione della malattia cardiovascolare (infarto).
  • Riduzione della tendenza all’ictus.
  • Riduzione delle reazioni infiammatorie dell’organismo.
  • Forte azione di controllo dei dolori artritici.
  • Fluidificazione plasmatica.
  • Importante azione di protezione dalla demenza senile e dall’Alzheimer.
  • Miglioramento dei processi cognitivi e dello sviluppo cerebrale del neonato.
  • Controllo della dipendenza comportamentale (fumo, dolci ed altro).

Come per quasi tutte le sostanze naturali, anche per gli Omega 3 il troppo “stroppia”, cioè può diventare negativo, ma il margine di sicurezza è notevolmente elevato e si deve proprio arrivare ad un eccesso di consumo quasi ossessivo per raggiungere livelli potenzialmente pericolosi.

Eppure proprio i recenti e importanti sviluppi applicativi degli Omega 3 nel campo della demenza senile, del controllo infiammatorio e della regolazione dei livelli dei grassi ematici (e quindi della patologia cardiovascolare) hanno accentuato, da parte di alcuni gruppi, la percezione della minaccia di questo prodotto naturale e sano, che può diventare concorrente temibile in un mercato (quello delle malattie dell’anziano) che si sta rivelando molto ampio.

Il tentativo di “confondere le acque” si affianca per altro ad una più generica “lotta alle vitamine” che Eurosalus ha sempre segnalato, come negli articoli di approfondimento evidenziati nel riquadro in alto a sinistra.

Da giornalista e medico ricercatore non posso che ritenere che sia solo un meccanismo di questo tipo, legato forse a interessi per la difesa di aree di mercato, a portare verso la costruzione artefatta di lavori e notizie come quelli recentemente riportati nella notizia dell’Ansa di cui discutiamo, che ha avuto una forte diffusione a livello mondiale, come è ovvio aspettarsi quando intervengono lobby potenti a sostenerne la comunicazione.

In pratica l’Ansa ha diffuso una notizia in cui sostiene che gli Omega 3 facciano sì bene, ma che gli integratori di Omega 3 (ormai utilizzati anche dai medici di base come suggerimento integrativo) siano del tutto inutili per ottenere un’azione sul cervello delle persone anziane.

L’estensore dell’articoletto, breve e molto scarsamente documentato (l’analisi delle fonti è stata davvero solo parziale), riporta una affermazione che conferma l’utilità delle dieta ad alto tenore di Omega 3, togliendo qualsiasi validità alle eventuali azioni degli integratori anche sulla visione e sulla patologia cardiovascolare. 

Diventa importante leggere il lavoro originale, da cui emergono dati complessi (Chew EY et al, JAMA. 2015 Aug 25;314(8):791-801. doi: 10.1001/jama.2015.9677).

Gli autori, tutti statunitensi e in parte afferenti al Bethesda, sono soprattutto esperti oculisti, e infatti il lavoro è stato impostato per valutare l’efficacia di 4 diverse miscele di antiossidanti per la prevenzione della maculopatia degenerativa e del decadimento della visione.

Inaspettatamente, al disegno sperimentale relativo all’occhio, si è associata la somministrazione in un gruppo di partecipanti anche di Omega 3 e si è richiesto che oltre a valutare la condizione dell’occhio, si valutasse anche lo sviluppo di demenza o di deficit cognitivi, attraverso indagini telefoniche sui pazienti dei diversi gruppi.

Un po’ come se a un idraulico si chiedesse anche di valutare a distanza le linee telefoniche, perché passano “lì vicino”.

Ma questa non è certo l’unica incongruenza del lavoro.

A tutti i partecipanti sono state somministrate integrazioni di antiossidanti, a base di Zinco, Vitamina E, Betacarotene, e Vitamina C. Tutti erano quindi comunque sostenuti da una azione antiossidante utile al controllo del deficit cognitivo, e in un lavoro di questo tipo, durato 6 anni, è difficilissimo capire quale sostanza abbia agito come antiossidante o protettiva e quale invece non lo abbia fatto.

La tematica veramente sconvolgente per chi vuole andare a leggere l’articolo originale sta nel cosiddetto “study design”, cioè come il lavoro è stato definito fin dall’inizio, caratterizzando chi poteva essere ammesso e chi no alle analisi e alle valutazioni successive.

Il gioco è molto semplice: nel disegno sperimentale iniziale è scritto con precisione che chi non è in grado di completare i test cognitivi iniziali o quelli successivi viene escluso dal lavoro scientifico.

È un dato sicuramente Interessante: in uno studio che serve per valutare se gli Omega 3 aiutano a rallentare la demenza senile, quelli che manifestano dei segni di demenza vengono esclusi dal lavoro.

Così alla fine non c’è differenza tra quelli che prendono o non prendono Omega 3 e le conclusioni del lavoro possono essere descritte in questo modo. Nel totale rispetto del procedimento scientifico e nel rifiuto del buon senso.

Poi la stampa ha diffuso la notizia come era, nei termini del risultato scientifico, senza approfondire come quei risultati fossero ottenuti.

Poiché potrebbe sembrare velleitario quello che dico, riporto integralmente il brano relativo al disegno sperimentale, con relativa traduzione.

«Participants were excluded from the analyses if they were missing baseline cognitive function tests, any follow-up test, an incomplete test, or missing baseline demographic data».

«I partecipanti al lavoro sono stati esclusi dalle valutazione qualora non fossero in grado di completare il test cognitivo iniziale o qualsiasi dei successivi, o qualora mancassero i dati demografici di base».

Le parole sono importanti, e possono essere usate pro o contro. Il diavolo, si dice in ambito commerciale, sta nei dettagli dei contratti. Qui, in questo caso, i dettagli sono scopribili solo da chi abbia voglia di leggere e di approfondire, con un costo economico e di tempo, delle indicazioni scientifiche ben descritte solo nei meandri del lavoro originale.

Personalmente continuo a usare per me e a prescrivere ai miei pazienti integratori di Omega 3, basando le mie affermazioni su dati scientifici ben documentati dalla scienza nel corso degli anni e sapendo che l’impegno per il proprio benessere avrà sempre più da confrontarsi con interessi commerciali crescenti che rischiano di minare le basi della conoscenza.

Qualche Omega 3 in più ci aiuterà a non dimenticare.