Linee guida sui protettori gastrici: usati troppo e male in un caso su due

19 Giugno 2017
Linee guida sui protettori gastrici: usati troppo e male in un caso su due

Meno male che esistono i protettori gastrici, perché in particolari condizioni e per brevi periodi di trattamento sono farmaci ottimi e insostituibili.

Eppure nella mia pratica clinica le persone che arrivano al nostro centro (talvolta per problemi dovuti inconsapevolmente all’uso dei protettori gastrici, come il malassorbimento o le reattività alimentari) segnalano prescrizioni di questi Inibitori di Pompa Protonica – IPP (il nome tecnico dei “protettori”) da lungo tempo, e quando chiedo per quanto tempo gli è stato chiesto di prenderli nella maggior parte dei casi rispondono che “devono prenderli per sempre”. 

Evidentemente c’è qualcosa che non quadra. Da anni ad esempio è dimostrato che le persone che usano a lungo gli IPP possono andare incontro, come abbiamo detto in molti articoli, riportando le opinioni e i dati di peer reviewed journals, a disturbi importanti come:

E con questo elenco segnaliamo solo i più immediati perché altri lavori hanno ipotizzato un loro ruolo anche in alcune malattie degenerative.

Per capire quanto questo sia già noto da tempo, segnalo gli articoli di Aceves, che fin dal 2007 ha documentato che nella maggior parte dei soggetti sotto i quaranta anni con sintomi da reflusso la causa è una maggiore presenza di eosinofili nell’esofago, fatto che non c’entra nulla con la iperacidità, e poi le ricerche della Jensen-Jarolim che fin dal 2003 ha evidenziato, prima nei topi e poi negli esseri umani, che l’assunzione di IPP può provocare gravi reazioni allergiche fino allo shock anafilattico.

Nel maggio 2017 sono state pubblicate sulla rivista scientifica Canadian Family Physician le linee guida dei medici canadesi, che hanno rivalutato con attenzione l’uso, l’abuso e i possibili danni derivanti dall’impiego acritico di questi farmaci. 

Tra chi utilizza i protettori gastrici, almeno una persona su due lo fa senza alcun bisogno documentato, senza effetti validi e mettendo a rischio la propria salute.

Non è da meno l’Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri (AIGO), che in una sua nota, ripresa il 18 giugno 2017 dalla rivista online per medici Doctor33, afferma che quasi un paziente su due assume gli inibitori di pompa protonica senza averne effettivamente bisogno.

Alcune di queste indicazioni erano state già rilasciate in passato in un “position paper” della stessa associazione. 

Secondo i dati di AIGO, elaborati con la Società Italiana di Farmacologia e la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale sulla base di statistiche dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in Italia oltre 1.289.000 persone, pari al 46,5% dei pazienti, utilizzano gli IPP in maniera non appropriata, cioè senza che per loro siano la terapia più efficace.

Ci fa quindi molto piacere precisare alcuni dei principi e delle norme che possono supportare i medici nel prescrivere questi farmaci in caso di effettivo bisogno e in cui possano essere realmente efficaci.

Per molti infatti esiste uno strano concetto per cui quando si assumono farmaci è meglio “proteggere lo stomaco”. Si è arrivati purtroppo a situazioni in cui si sono visti prescrivere protettori gastrici per evitare reazioni agli smalti per unghie medicati…

Per fortuna però in medicina il ragionamento razionale alla lunga ha la meglio ed ecco qui alcune delle indicazioni date dall’AIGO.

  • Una terapia standard con IPP per prevenire il sanguinamento gastrico in pazienti in trattamento con anti-aggreganti piastrinici o farmaci anti-infiammatori (come l’aspirinetta) è indicata solo nei soggetti a rischio (età maggiore di 65 anni, uso concomitante di steroidi o anticoagulanti, pregressa ulcera).
  • Non è necessario utilizzare gli IPP per la prevenzione delle emorragie gastriche nei pazienti che assumono cortisone perché è dimostrato che questo farmaco non espone a tale rischio (io in genere suggerisco il protettore solo per dosaggi superiori ai 7,5-10 mg di prednisone al giorno)
  • La somministrazione in via cautelativa di IPP in pazienti che assumono farmaci diversi dagli anti-infiammatori (come anti-ipertensivi, statine o diuretici) non è consigliabile poiché questa terapia non solo non è necessaria, ma può ridurre o alterare l’assorbimento di alcune terapie.
  • Non è dimostrato che gli IPP prevengono il sanguinamento da varici esofagee nei pazienti con cirrosi.

Già questa sequenza di indicazioni potrebbe eliminare metà delle prescrizioni usuali; se penso poi a quante persone stiano assumendo la “cardioaspirina” per la prevenzione cardiovascolare e a come la semplice utilizzazione di un basso dosaggio di acido acetilsalicilico porti alla presenza “a oltranza” degli IPP nel loro piano terapeutico mi si drizzano i capelli in testa.  

L’AIGO indica poi l’uso degli IPP come utile trattamento di prima linea nel sospetto di reflusso, e nei pazienti che hanno difficoltà di digestione (dopo avere escluso una infezione da Helicobacter pylori) mentre per prassi io preferisco lavorare in prima battuta sulla identificazione della infiammazione da cibo, sul miglioramento della digestione con l’uso di enzimi che aiutino a completare la digestione e talora anche con l’uso di colostro che riequilibra la mucosa gastrica ed intestinale.

Sul piano clinico posso dire che ricordo le indicazioni delle “maestre delle elementari” o delle “nonne” che dicevano, giustamente, che la prima digestione avveniva in bocca, con la insalivazione corretta del cibo. Ora, quando si prendono antiacidi, l’acidità gastrica scompare e gli enzimi predisposti alla digestione non possono più agire correttamente nello stomaco e nel duodeno.

Il fatto che anche solo la pepsina non possa agire a livello gastrico significa che all’intestino tenue arriveranno proteine non digerite e che un processo delicato e importante verrà interrotto o modificato proprio dalla assunzione degli IPP. Infatti, capita spesso di ritrovare nella maggior parte delle persone con problemi persistenti “nonostante” gli IPP esami delle feci che rilevano contenuti di amidi, grassi, proteine o altro ancora, indigerito. La digestione non può essere inibita “a lungo”, perché il rischio è che si generino problemi peggiori del danno iniziale.

Una volta si diceva che “digerire è vivere”. Ebbene, è ancora vero. Il fatto che il “secondo cervello” degli esseri umani sia localizzato a livello digestivo aiuta a comprendere il significato della infiammazione da cibo e le modalità per contrastare in modo naturale, quando possibile, i disturbi che provoca. 

Per fortuna esistono i protettori gastrici, come abbiamo detto all’inizio, ma se vengono usati per “un po’ di mal di stomaco” si rischia di fare un danno anziché del bene.

Quando il corpo inizia a mandare segnali, non serve sopprimere un sintomo. Lo si può fare imparando però ad ascoltare l’organismo e a capire le motivazioni di quel segnale per riconquistare davvero il benessere.