Vaiolo: chi rischia di più

10 Febbraio 2003
Vaiolo: chi rischia di più

Mentre negli Stati Uniti cresce la paura di attacchi bioterroristici con il virus del vaiolo, alcuni articoli apparsi su tre delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo richiamano le autorità statunitensi ad un’accurata valutazione sull’opportunità di vaccinare la popolazione.

Come è noto il vaiolo è l’unica malattia infettiva che è stata eradicata, da oltre 20 anni. Ciò significa che è oggi impossibile ammalarsi di tale malattia per chiunque, ovunque sulla terra. Il virus del vaiolo è conservato solo in due laboratori in tutto il mondo (ad Atlanta e a Mosca), teoricamente solo per scopi scientifici. Ma da qualche mese serpeggia il sospetto che esso possa essere anche in ‘mani sbagliate’, in particolare nelle mani di pericolosi terroristi islamici.

L’idea di tornare a vaccinare la popolazione contro il vaiolo, in vista di eventuali attacchi bioterroristici, declamata da più parti ed entusiasticamente riportata dai mass media, ci spinge – come già alcuni mesi fa – a dar voce alle preoccupazioni segnalate oggi dal British Medical Journal, dal Journal of the American Medical Association e dal New England Journal of Medicine, dove scienziati competenti invitano a riflettere attentamente prima di somministrare il vaccino contro il vaiolo anche solo al personale sanitario degli USA (come sarebbe nelle intenzioni di George W. Bush).

Nell’interesse di tutti, è opportuno un richiamo al buon senso, innanzi tutto ricordando l’elevato rischio di morte in seguito alla vaccinazione (compreso tra 1/100.000 e 1/1.000.000), ma soprattutto quello di sviluppare un’encefalite post vaccinale che, dopo aver colpito dolorosamente un numero altissimo di vaccinati, è stata a suo tempo il vero motivo della sospensione della vaccinazione.

Tra le preoccupazioni segnalate recentemente dagli scienziati, ci pare opportuno riflettere su una in particolare. Oltre che sul pericolo per chiunque vi si sottoponga, infatti, alcuni scienziati pongono l’accento sui rischi imprevedibili che potrebbero derivare dalla re-immissione nell’ambiente del virus del vaiolo in una popolazione dove è forte la presenza di persone immunodepresse. Immunodepressi, infatti, non sono solo i soggetti HIV positivi, ma anche chiunque sia sottoposto a terapia antitumorale, steroidea o immunosoppressiva (per esempio in seguito a un trapianto).

Tutti i soggetti immunodepressi sono più esposti al rischio di contrarre la malattia se sottoposti a vaccino, con una probabilità maggiore rispetto alla popolazione normale, ma questo non è l’unico rischio: i soggetti immunodepressi possono contrarre il vaiolo proprio da persone vaccinate, che diventano, in un certo senso, contagiose. Questo rischio è noto da diversi decenni e documentato in letteratura già dagli anni sessanta. E nessuno, oggi, è in grado di prevedere la portata di questa “atipica” modalità di contagio, dato che il contesto è profondamente cambiato.

Oggi le persone immunodepresse (per qualsivoglia motivo) sono molte di più che in qualunque altra epoca anche del passato recente. Ciò significa che la reintroduzione del vaccino può portare gravi conseguenze in termini di salute pubblica, e non solo perché sarebbero tantissimi a correre un elevato rischio di contagio ma anche perché tale imponderabile diffusione potrebbe divenire incontrollabile.