Zuccheri, policistosi e bassa fertilità. Come gli uni causano le altre

8 Gennaio 2024
Zuccheri, policistosi e bassa fertilità. Come gli uni causano le altre

Quando si parla di ovaio policistico o micropolicistico o ancora di policistosi ovarica (PCO) si fa quasi sempre riferimento solo a un disturbo ormonale.

Le ricerche degli ultimi 10-15 anni hanno invece evidenziato la profonda relazione tra metabolismo, glicazione, sovrappeso e squilibrio ormonale. 

Nell’articolo “Intrecci tra zuccheri e genetica nella policistosi ovarica” abbiamo già riassunto molti degli aspetti che legano il metabolismo zuccherino con lo squilibrio ormonale e con la riduzione della fertilità, sia femminile sia maschile. 

In particolare, la presenza di una mutazione del gene FTO (tratto genetico che GEK Lab analizza nei suoi test) è oggi ben valutabile e può fare capire la maggiore predisposizione a questa patologia.

Una donna con problemi di PCO che abbia la presenza della mutazione di questo gene, dovrà controllare i livelli di glicazione in modo ancora più preciso di chi non la abbia nel proprio patrimonio genetico.

Abbiamo discusso anche sul piano evoluzionistico le possibili cause della relazione tra zuccheri e PCO pubblicando su Eurosalus l’articolo “Donne, amazzoni e policistosi ovarica”. 

Nell’articolo si spiega perché una condizione che dovrebbe rendere più difficoltosa la gravidanza si è invece mantenuta nei millenni, consentendo alle donne con PCO di diventare fertili nei momenti storici di carestia o di iponutrizione e soprattutto in assenza di zuccheri, in cui invece l’80% delle donne (le altre) può vedere ridotta la propria capacità di generare. 

L'ovaio policistico dipende anche dal livello di assunzione dei diversi tipi di zuccheri. Attraverso il controllo dei livelli di glicazione è possibile riequilibrare la sfera ormonale continuando a godere del piacere e del gusto.

In particolare però, anziché parlare in generale di zuccheri e di dolci, fin dal 2014 un importante lavoro italo-tedesco pubblicato su Biochemical Society Transactions ha evidenziato che alla base della alterata regolazione ovarica c’è il cosiddetto “stress dicarbonilico”, parola difficile che caratterizza l’eccesso di AGEs cioè dei prodotti finali della glicazione come il Metilgliossale.

Nel 2020, il gruppo dell’Università dell’Aquila ha pubblicato su Cells la precisa dimostrazione del fatto che il prodotto di glicazione più importante nella alterazione ovarica è proprio il Metilgliossale, il prodotto di glicazione che dà origine alla “cascata” dei successivi danni dovuti agli zuccheri

Queste sostanze, che non derivano solo dallo zucchero (bianco o colorato che sia), ma anche da fruttosio (e quindi frutta), dolcificanti artificiali, alcol e eccesso di carboidrati raffinati, vanno a creare una alterazione del microambiente ovarico portando ad una bassa fertilità.

Ricordo quando il nostro gruppo di ricerca, oggi altamente evoluto nella misurazione dei prodotti di glicazione e in particolare anche del Metilgliossale, ha iniziato a studiare con attenzione lo “stress dicarbonilico” in ogni condizione clinica, consentendo di potere attualmente valutare con facilità sia i valori di questa sostanza sia i valori di Albumina glicata per impostare un vero riequilibrio nutrizionale personalizzato in ogni persona. 

Questo avvenne dopo avere partecipato come relatore ad una conferenza sulla ossidazione cellulare cui partecipava anche il professor Camillo Ricordi, notissimo diabetologo che ha diretto per molti anni il centro diabetologico di eccellenza della Università di Miami (USA).

Il professor Ricordi discusse del fatto che il Metilgliossale poteva essere la sostanza più ossidante esistente nell’essere umano e da quel “suggerimento” partì la nostra ricerca sul modo più semplice per renderne disponibile la misurazione anche al pubblico, continuando i lavori di ricerca sulla sua applicazione clinica (ad esempio nel diabete gestazionale e nel Covid-19).

In sintesi quindi è stata dimostrata una particolare sensibilità degli ovociti proprio al Metigliossale e questa sostanza, oltre agli AGEs, dovrebbe essere considerato obiettivo di terapia in tutte le donne che hanno PCO o patiscono dei suoi sintomi, come ad esempio di acne.

Nella nostra pratica clinica l’utilizzazione di inositolo, con le sue molteplici azioni, è una costante e meglio ancora se utilizzato in affiancamento al Cromo, minerale fondamentale per la regolazione degli zuccheri (Glucontrol Base, almeno 1 compressa al dì per lunghi periodi).

Per l’inositolo invece, l’utilizzo di circa 2 grammi al giorno (ad esempio Inositox, 2 compresse) da assumere al mattino prima della prima colazione, anche per periodi prolungati, contribuisce al miglioramento della policistosi ovarica (con specifica regolazione ormonale) e dell’acne (anche qui circa due grammi al giorno anche per periodi prolungati), sia come trattamento esclusivo sia in affiancamento alle terapie utilizzate per il suo trattamento (antibiotici, pillola, retinoidi).

Questi sono i motivi per cui nel centro SMA in cui lavoriamo, insegniamo comunque ai nostri pazienti che è necessario ridurre la quotidianità della dolcificazione per migliorare la propria composizione corporea, lo stato infiammatorio e la propria salute. 

Abituarsi a ridurre gradualmente le dosi di zucchero è fondamentale. Sarà sorprendente osservare come il palato si abitui a gusti meno dolci in breve tempo, è solo questione di consuetudine e di costanza.

Il dolce, se consumato occasionalmente, non costituisce un problema, sia che sia composto da zucchero che da dolcificante: la continuità e la quotidianità possono invece essere devastanti…

Personalizzare le proprie scelte alimentari e migliorare il rapporto con gli zuccheri è possibile. L’esecuzione di un Glyco Test potrebbe essere già una delle strategie possibili per indagare in maniera diretta il danno da zucchero già esistente e mettere in atto e indicazioni nutrizionali specifiche e personalizzate per il recupero e il mantenimento del proprio benessere.