Fattori di regolazione embrionale: la terapia anticancro funziona

9 Ottobre 2008
Fattori di regolazione embrionale: la terapia anticancro funziona

La terapia antitumorale ha aggiunto una nuova opzione a quelle esistenti. Si tratta di una terapia concettualmente rivoluzionaria e dai costi decisamente minori delle terapie attualmente esistenti.

Il concetto rivoluzionario è caratterizzato dagli studi scientifici di Pier Mario Biava, scienziato italiano che ha intuito, sperimentato e poi applicato in pratica la possibilità pratica di ricondurre la cellula tumorale al suo controllo originario. La cellula tumorale infatti ha perso la regolazione iniziale, quella che viene impostata dai fattori di differenziazione embrionali. La cellula tumorale è spesso una cellula staminale mutata, ma la possibilità di riaggiustarla e di farle riacquisire le caratteristiche controllate precedenti è oggi una realtà. Biava utilizza per questo i fattori embrionali provenienti dallo Zebrafish, uno dei pesciolini da laboratorio più noti ed utilizzati al mondo. I fattori embrionali di questo pesciolino, vengono somministrati, nel momento goiusto, alle persone malate di cancro, modificando grandemente la risposta clinica del tumore.

Biava ha scritto tutta la sua storia in un libro che si legge d’un fiato: “Il cancro e la ricerca del senso perduto” pubblicato da pochi giorni da Springer Verlag. Eurosalus ha raccontato questa storia in un ampio servizio. La cosa sorprendente del lavoro di Biava resta comunque, anche oggi, la documentazione dei risultati clinici delle sue applicazioni. Non ci troviamo infatti di fronte ad un visionario sprovveduto, ma ad un ricercatore serio e documentato.

I suoi lavori clinici su una delle forme di cancro più difficili ed intrattabili sono stati pubblicati su Oncology Reserach documentando dei risultati inaspettati e straordinari: il suo trattamento applicato in una forma di cancro terminale, con prognosi infausta a breve, ha consentito di fermare lo sviluppo tumorale e di mantenere i pazienti in vita in un terzo dei casi trattati (Livraghi T, Biava PM et al, Oncol Res. 2005;15(7-8):399-408). Questi risultati, nonostante la comunicazione pubblica che ne è derivata, sono stranamente ritenuti “riservati” da molta stampa, probabilmente per l’effetto rivluzionario che avrebbero sull’impiego delle attuali forme di trattamento. Sembra oggi che basso costo e assenza di effetti collaterali, anziché essere un pregio siano quesi un difetto.

Quando si parla di un terzo dei pazienti trattati che hanno fermato l’evoluzione tumorale e sono sopravvissuti, si parla di un dato altamente improbabile nel caso dell’epatocarcinoma terminale, e la terapia di Biava ha quindi un valore bene elevato che va molto al di là della significatività statistica.

L’uso dei fattori di differenzaiazione embrionali ha dalla sua una visione olistica, non sintomatica della forma tumorale, e quindi entra in conflitto con il paradigma terapeutico in cui è imprigionato il mondo clinico italiano e mondiale. Ma le resistenze si stanno sgretolando, e anche altri ricercatori nel mondo stanno iniziando a lavorare su queste tematiche, con gli stesi successi di Biava.

Forse, sul cancro, stiamo iniziando a partecipare a un cambiamento di paradigma che porterà salute per tutti.