Celiachia dell’adulto: forse è meglio non scoprirla

20 Febbraio 2011
Celiachia dell'adulto: forse è meglio non scoprirla

La ricerca effettuata da gastroenterologi della Mayo Clinic, uno dei più prestigiosi ospedali al mondo, è stata pubblicata da poco su Gastroenterology, sicuramente una delle riviste più accreditate nel campo delle patologie intestinali ed alimentari (Godfrey JD et al, Gastroenterology. 2010 Sep;139(3):763-9. Epub 2010 Jun 1).

I ricercatori hanno studiato i campioni di sangue di 17.000 persone di oltre 50 anni che avevano effettuato degli esami del sangue per motivi completamente diversi nel corso di 6 anni compresi tra il 1995 e il 2001. Sono stati trovati 129 campioni fortemente positivi per il glutine, indicativi di solito di una malattia celiaca in atto.

Di queste persone sono state studiate tutte le possibili condizioni e si è visto che alla fine di 10 anni di osservazione (con una intolleranza al glutine in atto quindi, e continuando regolarmente a mangiare frumento, orzo e altri prodotti contenenti glutine) non si è avuto alcun tipo di aumento di mortalità per qualsiasi causa e nessun tipo di aumento specifico di forma tumorale.

Nel corso dei dieci anni di osservazione, nessuna differenza è stata notata neanche per malattie come la diarrea, il dimagrimento, il deperimento o i dolori addominali. Una lieve prevalenza di osteoporosi e di ipotiroidismo è stata rilevata, ma in compenso le persone erano decisamente più magre, con il colesterolo più basso e con la ferritina a valori bassi.

La prima riflessione è che almeno in questi soggetti le indicazioni lanciate dalle associazioni per la celiachia sul rischio di forme tumorali in chi continua a mangiare glutine sono oggi probabilmente false e non contribuiscono certo a rasserenare le persone cui viene diagnosticato questo tipo di disturbo. La seconda è che persone che hanno anticorpi contro il glutine, se hanno costruito anche una capacità di tolleranza nei confronti di questa sostanza possono vivere benissimo senza alcun bisogno di diventare dei relegati a vita ad una dieta priva di glutine.

La tolleranza, e le possibilità fisiologiche che questa offre, nei confronti del glutine come nei confronti di qualsiasi altra sostanza alimentare, sono alla base del processo di confronto con il cibo.

La tolleranza genera vita e ostacolarne il raggiungimento è colpevole. Ritengo personalmente di confermare, come ho spiegato in alcuni miei precedenti articoli, l’esistenza di una forma adulta di celiachia che per il trattamento ha solo bisogno di un po’ di varietà alimentare e non certo di diete di segregazione che continuano a confermare uno stato di malattia anziché valorizzare la capacità di risposta di ogni individuo.