Iran: nudo rivoluzionario

21 Marzo 2012
Iran: nudo rivoluzionario

Si immagini una nudità talmente pulita, talmente sincera, da risultare simbolo di innocenza, di liberazione e di libertà. Si tratta di un corpo, che diventa corpo e resta in sé stesso come parte integrante di una persona, e nient’altro; che esce dall’essere oggetto di potere, da misconoscere e di cui avere timore e diventa strumento di espressione sincera, di proprietà individuale, il cui uso può essere scelto, con rispetto per la propria volontà e per i propri pensieri, non più per assecondare desideri, paure o nevrosi altrui.

Sono gli obiettivi ai quali punta la realizzazione del Nude Photo Revolutionary Calendar. L’oggetto? Donne nude. Non uno dei soliti calendari, però: qui la femminilità è vissuta in una maniera talmente spontanea, serena e reale, da uscire da qualsiasi tabù e allontanarsi da qualsiasi volgarità. Si tratta di donne iraniane, già esiliate in Europa le quali posano dichiarando di “urlare contro una società di violenza, razzismo, sessismo, molestie sessuali e ipocrisia”.

L’iniziativa è stata lanciata da Maryam Namazie, celebre blogger, in risposta ad una provocazione partita da Aliaa Magda Elmahdy, studentessa egiziana, la quale sotto lo stesso grido aveva lanciato su Twitter una propria foto quasi completamente nuda. Il concetto sul quale Namazie ha voluto strutturare il calendario è stato che servissero altre donne per supportare il gesto di questa prima ragazza. “La nudità rompe i tabù ed è un’importante forma di resistenza” spiega Namazie. La protesta delle donne è contro una religione (quella islamica) che è “ossessionata dai corpi delle donne”.

Nel video di presentazione una donna, il petto visibile fino sopra le mammelle, dice serena “my thoughts, my body, my choice” (“i miei pensieri, il mio corpo, una mia scelta”). Poppy Wilson St. James è un’altra delle donne che si sono fatte fotografare e, intervistata, sul blog di Namazie rivela “strano che sia più accettabile vedere violenza e armi in televisione rispetto che ad un capezzolo”; e ancora “c’è qualcosa di sbagliato con il nostro modo di pensare se accettiamo questo come norma e ci nascondiamo in timidezza dalla nudità che è uno stato completamente naturale”.

È una riflessione interessante che pone la copertura del corpo della donna come qualcosa di inutile nei confronti della violenza, e qualcosa che non ha nulla a che vedere col rispetto della civiltà. Avrebbe tutto a che vedere invece col rispetto delle persone, delle loro scelte e col diritto di sentirsi donna, anche con il proprio corpo: una persona e una personalità da poter mostrare e di cui avere conoscenza, controllo, fiducia. Secondo Mallorie Nasrallah, sempre presente tra le foto, “quando uno strumento di oppressione può trasformarsi in un modo per esprimere il proprio potere, è una cosa bella”; “la nudità non fa male a nessuno se celebrata, e a tutti se resa elemento di vergogna”. “In solidarietà con Aliaa Magda Elmahdy (la ragazza egiziana)” continua Nina Sankari “voglio che si capisca bene che i nostri corpi (e pensieri) appartengono a noi e a noi soltanto”.

Tale calendario esprime con forza e delicatezza il diritto ad essere donne con un corpo e anche senza, perché nel momento in cui si è svelate, si può smettere di essere negate e cominciare ad essere ascoltate. Il corpo è una parte di donna, una parte di persona, che come tale ha diritto di essere espressa. Quello che queste donne dimostrano con ardore è che la nudità può essere delicata, serena, naturale; lontana da una donna oggetto di desiderio e/o privazione che è nello stereotipo.