Dormire in ufficio fa bene al cuore. Pennichella nei contratti di lavoro?

14 Febbraio 2007
Dormire in ufficio fa bene al cuore. Pennichella nei contratti di lavoro?

Aveva ragione il vecchio Bristow, il simpatico impiegato che, nelle strisce di fumetti di Frank Dickens, si faceva regolarmente sorprendere addormentato alla scrivania dal suo capufficio. A costo di continue ramanzine, nella sua sorniona saggezza Bristow si allungava la vita.

Non si può fare a meno di pensare a lui, ai suoi radi baffetti, al suo cranio pelato e alla sua giacchetta nera da travet modello, dedito all’arte della resistenza passiva, leggendo l’articolo apparso pochi giorni fa sulla rivista americana Archives of Internal Medicine (A Naska et al, Arch Intern Med 2007; 167:296-301): un vero e proprio elogio della pennichella strappata alle ore di ufficio (per una buona sintesi della ricerca clicca qui).

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Atene ha seguito per un periodo di ben sei anni una popolazione di quasi 25.000 greci adulti proprio allo scopo di trovare un’eventuale correlazione tra l’abitudine della pennichella pomeridiana e la riduzione del rischio di infarto. E l’ha trovata.

È risultato infatti che gli uomini abituati a dormire una mezzoretta, almeno tre volte alla settimana, durante l’orario di lavoro presentavano un rischio di morire a causa di un attacco di cuore o di altri disturbi cardiaci inferiore del 37% a quello dei loro colleghi contrari al “metodo Bristow”.

Il dato è certamente significativo anche se, come spesso accade in questi casi, si presta a due letture contrapposte. La minore incidenza di infarti sui cultori del sonnellino è dovuta al fatto che una pausa di relax riduce lo stress da lavoro? O, al contrario, i seguaci di Bristow sono per natura tipi più paciosi e quindi meno esposti ai rischi di stress?

I ricercatori sembrano dell’avviso che, comunque la si metta, cedere alla tentazione della pennichella sia meno dannoso che bere litri di caffè per restare svegli ed efficienti sul lavoro. E, forti anche del fatto che la ricerca si è svolta in un paese mediterraneo come la Grecia, dove la siesta può vantare una tradizione nobile e secolare, la raccomandano come misura preventiva.

Non c’è ragione di credere che le donne siano meno sensibili degli uomini ai benefici del “metodo Bristow”. Ma non ci sono ancora i numeri per affermarlo con certezza. In che senso? Semplicissimo: nella popolazione osservata – ha spiegato con ammirevole fair play il dottor Dimitrios Trichopoulos, uno dei firmatari dell’articolo – “di donne ne sono morte troppo poche” per attribuire al dato una significatività statistica.