Vitamina D: ecco gli alimenti da preferire

La vitamina D fa parte delle vitamine liposolubili ed è indispensabile per l’essere umano.
Il suo ruolo è spesso e solo associato alla mineralizzazione dell’osso, tuttavia ad oggi numerosi lavori hanno dimostrato che la vitamina D è importante anche per diverse funzioni che interessano tutti gli organi e tessuti.
Infatti:
- regola il sistema immunitario: la carenza di vitamina D è stata associata ad un aumento del rischio di infezioni. Una recente metanalisi su oltre 10.000 soggetti ha dimostrato che l’integrazione di vitamina D ha avuto un ruolo protettivo nelle infezioni respiratorie acute, soprattutto nel trattamento o nella prevenzione del COVID-19. Inoltre nell’ambito delle malattie autoimmuni, esiste un’interessante associazione tra bassi livelli di vitamina D e aumento del rischio di sviluppare sclerosi multipla;
- quando è carente nell’uomo la vitamina D è associata ad aumentato rischio di malattie cardiovascolari, tra cui ipertensione, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco e ictus;
- studi recenti hanno mostrato un’associazione tra bassi livelli di vitamina D e quasi tutti gli aspetti della sindrome metabolica, come diabete mellito di tipo 2, glicemia a digiuno alterata, ipertensione, dislipidemia, obesità e resistenza all’insulina.
- è ormai noto il ruolo anche nei disturbi depressivi: le persone con livelli di vitamina D più bassi sembrano avere sintomi depressivi più intensi di chi ha invece dei livelli di vitamina normali.
Ma come si possono raggiungere livelli ottimali di vitamina D?
La fonte principale di vitamina D è il sole; infatti attraverso l’esposizione solare siamo in grado di produrla sulla nostra pelle e incrementare i livelli ematici.
Questi livelli dovrebbero essere superiori ai 30 ng/ml, mentre non dovrebbero superare i valori di 100 ng/ml; essendo infatti una vitamina liposolubile può accumularsi negli organi creando effetti tossici.
I livelli ematici subiscono in maniera fisiologica una variazione durante il corso dell’anno; d’inverno infatti dove l’esposizione solare è minore i livelli risultano bassi e vanno infatti integrati correttamente.
Negli esseri umani, è stato stimato approssimativamente che la produzione di vitamina D indotta dai raggi solari nella pelle rappresenti circa l’80% dell’apporto di vitamina D, mentre l’assunzione alimentare svolge solitamente solo un ruolo minore.
La vitamina D si trova principalmente in alcuni alimenti di origine animale, in particolare pesci grassi come salmone, sgombro, aringhe e sardine. Altre fonti includono tuorlo d’uovo, fegato, olio di fegato di merluzzo, burro e formaggi grassi.
Salute mentale e livelli di vitamina D. Altre conferme dei legami tra i suoi valori e la depressione
Per chi segue un’alimentazione prettamente vegetale invece esistono delle alternative: infatti i funghi (soprattutto esposti ai raggi UV) contengono ottime fonti di vitamina D.
Nei casi di alimentazione vegana o vegetariana è possibile sfruttare gli alimenti fortificati con vitamina D che spesso si trovano in commercio (cereali per la colazione o bevande vegetali, tuttavia è necessario controllare le etichette per il loro contenuto di zuccheri). In alcuni paesi inoltre il latte vaccino viene fortificato con vitamina D per aumentare l’apporto di questo nutriente in quanto l’esposizione solare non è sufficiente a raggiungere i livelli ottimali di vitamina D (pensiamo infatti a paesi nordici come Norvegia, Finlandia).
Infine, è importante tenere presente che:
- la vitamina D è un nutriente liposolubile, quindi è importante assumerla con i grassi alimentari per favorirne l’assorbimento (si consiglia di utilizzare eventuali integrazioni infatti durante un pasto abbondante e ricco di grassi);
- il contenuto di vitamina D negli alimenti dipende dal contenuto di grassi, dal foraggio con cui gli animali sono stati nutriti e dall’esposizione dell’alimento ai raggi;
- il contenuto di vitamina D è solitamente più elevato negli animali selvatici, piuttosto che in quelli d’allevamento (scegliere infatti pesce di qualità è fondamentale anche per questi motivi);
- l’infiammazione in generale può contribuire a limitare l’assorbimento di alcuni nutrienti a livello intestinale tra cui anche la vitamina D. Migliorare il proprio livello di infiammazione e comprendere come farlo, attraverso l’esecuzione di un test PerMè, ci permette di definire il livello infiammatorio e come modularlo per migliorare l’assorbimento anche della vitamina D.
Concludendo, l’esposizione solare è una delle principali fonti di vitamina D, ma l’alimentazione può contribuire significativamente all’apporto giornaliero.
Laddove le quote di vitamina D non risultino sufficienti, sarà necessario integrare correttamente con formulazioni specifiche. In questi casi è necessario affidarsi al medico per definire le integrazioni corrette e colmare l’eventuale carenza.