Stati Uniti: nuovo allarme sicurezza per molti cibi freschi

16 Marzo 2007
Stati Uniti: nuovo allarme sicurezza per molti cibi freschi

Vi ricordate dell’emergenza che ha riguardato gli spinaci freschi made in U.S.A. contaminati dal batterio E.coli, lo scorso settembre? Bene (si fa per dire), a distanza di sei mesi esatti, la Food and Drug Administration ha annunciato pochi giorni fa di aver stabilito delle nuove linee guida per la sicurezza dei cibi freschi. Lo scopo ufficiale? Quello di ridurre la contaminazione di batteri nei cibi tagliati e lavati, pronti da mangiare.

La FDA ci perdonerà se ironizziamo, ma una domanda sorge spontanea: «Come mai ci sono voluti 6 mesi per stabilire le nuove linee guida?».

Ancora una volta si insinua il dubbio che gli interessi economici dei produttori e della grande distribuzione siano stati valutati più importanti del diritto alla salute degli americani. Soprattutto se si considera che, sempre lo scorso settembre, 183 persone sono state male a causa di una partita di pomodori contaminati dalla Salmonella e che  lo scorso dicembre è scoppiato un altro allarme E.coli sulla lattuga iceberg utilizzata dai ristoranti Taco Bell, colpendo oltre 70 persone in 5 Stati.

Chissà, forse in qualche riunione plenaria, qualcuno deve aver avuto il coraggio di dire che probabilmente la maggior parte dei casi di contagio si poteva evitare attraverso una maggiore attenzione ai processi di produzione.

Meglio tardi che mai, dunque (anche se forse non la pensano così le vittime delle infezioni): ben vengano le nuove linee guida (Guide to minimize Microbial Food Safety Hazards of Fresh-cut fruits and vegetables)che parlano di temperature raccomandate durante la lavorazione, ma anche di condizioni igieniche del personale e di controlli durante il confezionamento e il trasporto.

Peccato che, a ben guardare, non si tratta affatto di provvedimenti obbligatori, ma semplicemente di “consigli” che i produttori possono decidere se applicare o no. Stupefacente.

Come si spiega? Alla FDA dicono che in realtà si tratta di misure già applicate da tempo dall’industria alimentare e che, probabilmente, non sono sufficienti a eliminare i rischi di contaminazione.  «Forse» aggiungono «una ragione di questi allarmi va semplicemente ricercata nell’aumento dei consumi di cibo fresco tra gli americani».

Sarà, ma qualcosa non torna.

Chissà come mai, mentre esce la nuova guida “volontaria” per i produttori, la stessa FDA ne approfitta per ricordare che l’allarme salmonella nel burro di arachidi della Georgia non accenna a diminuire.

Un motivo in più per avere qualche dubbio in più sulla reale portata del fenomeno di “infezioni da cibi freschi” che ha invaso gli Stati Uniti negli ultimi mesi e per chiederci ancora una volta se non sia il caso di fare marcia indietro e tornare alle coltivazioni non intensive e più a misura d’uomo.